Le migliori poesie di Pablo Neruda

Poeta, diplomatico e politico, nato martedì 12 luglio 1904 a Parral (Cile), morto domenica 23 settembre 1973 a Santiago del Cile (Cile)
Questo autore lo trovi anche in Frasi & Aforismi e in Frasi per ogni occasione.

Scritta da: Elisa Iacobellis

Saprai che non t'amo e che t'amo

Saprai che non t'amo e che t'amo
perché la vita è in due maniere,
la parola è un'ala del silenzio,
il fuoco ha una metà di freddo.

Io t'amo per cominciare ad amarti,
per ricominciare l'infinito,
per non cessare d'amarti mai:
per questo non t'amo ancora.

T'amo e non t'amo come se avessi
nelle mie mani le chiavi della gioia
e un incerto destino sventurato.

Il mio amore ha due vite per amarti.
Per questo t'amo quando non t'amo
e per questo t'amo quando t'amo.
Pablo Neruda
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    Scritta da: Elisa Iacobellis

    La canzone disperata

    Il tuo ricordo emerge dalla notte in cui sono.
    Il fiume riannoda al mare il suo lamento ostinato.

    Abbandonato come i moli all'alba.
    È l'ora di partire, oh abbandonato!

    Sul mio cuore piovono fredde corolle.
    Oh sentina di rifiuti, feroce tana di naufraghi!

    In te si accumularono le guerre e i voli.
    Da te innalzarono le ali gli uccelli del canto.

    Tutto hai inghiottito, come la lontananza.
    Come il mare, come il tempo. Tutto in te fu naufragio!

    Era l'ora felice dell'assalto e del bacio.
    L'ora dello stupore che ardeva come un faro.

    Ansietà di nocchiero, furia di palombaro cieco,
    torbida ebbrezza d'amore, tutto in te fu naufragio!

    Nell'infanzia di nebbia la mia anima alata e ferita.
    Scopritore perduto, tutto in te fu naufragio!

    Ti attaccasti al dolore, ti aggrappasti al desiderio.
    Ti abbatté la tristezza, tutto in te fu naufragio!

    Feci retrocedere la muraglia d'ombra,
    andai oltre il desiderio e l'atto.

    Oh carne, carne mia, donna che amai e persi,
    te, in quest'ora umida, evoco e canto.

    Come una coppa albergasti l'infinita tenerezza,
    e l'infinito oblio t'infranse come una coppa.

    Era la nera, nera solitudine delle isole,
    e lì, donna d'amore, mi accolsero le tue braccia.

    Era la sete e la fame, e tu fosti la frutta.
    Erano il dolore e le rovine, e tu f osti il miracolo.

    Ah donna, non so come hai potuto contenermi
    nella terra della tua anima, nella croce delle tue braccia!

    Il mio desiderio di te fu il più terribile e corto,
    il più sconvolto ed ebbro, il più teso e avido.

    Cimitero di baci, c'è ancora fuoco nelle tue tombe,
    ancora ardono i grappoli sbeccuzzati d'uccelli.

    Oh la bocca morsa, oh le baciate membra,
    oh gli affamati denti, oh i corpi intrecciati.

    Oh la copula pazza di speranza e di vigore
    in cui ci annodammo e ci disperammo.

    E, la tenerezza, lieve come l'acqua e la farina.
    E la parola appena incominciata sulle labbra.

    Questo fu il mio destino e in esso viaggiò il mio anelito,
    e i n esso cadde il mio anelito, tutto in te fu naufragio!

    Oh sentina di rifiuti, in te tutto cadeva,
    che dolore non spremesti, che dolore non ti soffoca.

    Di caduta in caduta ancora fiammeggiasti e cantasti.
    In piedi come un marinaio sulla prua di una nave.

    Ancora fioristi in canti, ancora prorompesti in correnti.
    Oh sentina di rifiuti, pozzo aperto e amaro.

    Pallido palombaro cieco, sventurato fromboliere,
    scopritore perduto, tutto in te fu naufragio!

    È l'ora di partire, la dura e fredda ora
    che la notte lega ad ogni orario.

    Il cinturone rumoroso dei mare cinge la costa.
    Sorgono stelle fredde, emigrano neri uccelli.

    Abbandonato come i moli nell'alba.
    Solo l'ombra tremula si contorce nelle mie mani.

    Ah più in là di ogni cosa. Ah più in là di ogni cosa.

    È l'ora di partire. Oh abbandonato!
    Pablo Neruda
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      Scritta da: Elisa Iacobellis

      Posso scrivere i versi...

      Posso scrivere i versi più tristi questa notte.

      Scrivere, ad esempio: La notte è stellata,
      e tremolano, azzurri, gli astri in lontananza.

      Il vento della notte gira nel cielo e canta.

      Posso scrivere i versi più tristi questa notte.
      Io l'amai, e a volte anche lei mi amò.

      Nelle notti come questa la tenni tra le mie braccia.
      La baciai tante volte sotto il cielo infinito.

      Lei mi amò, a volte anch'io l'amavo.
      Come non amare i suoi grandi occhi fissi.

      Posso scrivere i versi più tristi questa notte.
      Pensare che non l'ho. Sentire che l'ho perduta.

      Udire la notte immensa, più immensa senza lei.
      E il verso cade sull'anima come sull'erba in rugiada.

      Che importa che il mio amore non potesse conservarla.
      La notte è stellata e lei non è con me.

      È tutto. In lontananza qualcuno canta. In lontananza.
      La mia anima non si rassegna ad averla perduta.

      Come per avvicinarla il mio sguardo la cerca. Il mio cuore la cerca, e lei non è con me.

      La stessa notte che fa biancheggiare gli stessi alberi.
      Noi quelli di allora, più non siamo gli stessi.

      Più non l'amo, è certo, ma quanto l'amai.
      La mia voce cercava il vento per toccare il suo udito.

      D'altro. Sarà d'altro. Come prima dei suoi baci.
      La sua voce, il suo corpo chiaro. I suoi occhi infiniti.

      Più non l'amo, è certo, ma forse l'amo.
      È così breve l'amore, ed è sì lungo l'oblio.

      Perché in notti come questa la tenni tra le mie braccia,
      la mia anima non si rassegna ad averla perduta.

      Benché questo sia l'ultimo dolore che lei mi causa
      e questi siano gli ultimi versi che io le scrivo.
      Pablo Neruda
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        Scritta da: Jade S

        Se un giorno il tuo cuore si ferma...

        Se un giorno il tuo cuore si ferma,
        se qualcosa smette di bruciare per le tue vene,
        se la voce dalla bocca ti esce senza divenire parola,
        se le tue mani si scordano di volare e s'addormentano,

        Matilde, amore, lascia le tue labbra socchiuse
        perché quel tuo ultimo bacio deve durare con me,
        deve restare immobile per sempre sulla tua bocca
        perché così accompagni anche me nella mia morte.

        Morirò baciando la tua folle bocca fredda,
        abbracciando il grappolo perduto del tuo corpo,
        e cercando la luce dei tuoi occhi serrati.

        E così, quando la terra riceverà il nostro abbraccio
        andremo confusi in una sola morte
        a vivere per sempre l'eternità di un bacio.
        Pablo Neruda
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          Il figlio

          Sai da dove vieni?
          ... vicino all'acqua d'inverno
          io e lei sollevammo un rosso fuoco
          consumandoci le labbra
          baciandoci l'anima,
          gettando al fuoco tutto,
          bruciandoci la vita.
          Così venisti al mondo.
          Ma lei per vedermi
          e per vederti un giorno
          attraversò i mari
          ed io per abbracciare
          il suo fianco sottile
          tutta la terra percorsi,
          con guerre e montagne,
          con arene e spine.
          Così venisti al mondo.
          Da tanti luoghi vieni,
          dall'acqua e dalla terra,
          dal fuoco e dalla neve,
          da così lungi cammini
          verso noi due,
          dall'amore che ci ha incatenati,
          che vogliamo sapere
          come sei, che ci dici,
          perché tu sai di più
          del mondo che ti demmo.
          Come una gran tempesta
          noi scuotemmo
          l'albero della vita
          fino alle più occulte
          fibre delle radici
          ed ora appari
          cantando nel fogliame,
          sul più alto ramo
          che con te raggiungemmo.
          Pablo Neruda
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            Scritta da: Valeria S

            Per il mio cuore

            Per il mio cuore basta il tuo petto,
            per la tua libertà bastano le mie ali.
            Dalla mia bocca arriverà fino in cielo
            ciò che stava sopito sulla tua anima.

            È in te l'illusione di ogni giorno.
            Giungi come la rugiada sulle corolle.
            Scavi l'orizzonte con la tua assenza.
            Eternamente in fuga come l'onda.

            Ho detto che cantavi nel vento
            come i pini e come gli alberi maestri delle navi.
            Come quelli sei alta e taciturna.
            E di colpo ti rattristi, come un viaggio.

            Accogliente come una vecchia strada.
            Ti popolano echi e voci nostalgiche.
            Io mi sono svegliato e a volte migrano e fuggono
            gli uccelli che dormivano nella tua anima.
            Pablo Neruda
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              Qui ti amo.
              Tra i pini scuri si srotola il vento.
              Brilla fosforescente la luna su acque erranti.
              Passano giorni uguali, inseguendosi l'un l'altro.

              Si dirada la nebbia in figure danzanti.
              Un gabbiano d'argento si stacca dal tramonto.
              A volte una vela. Alte, alte stelle.

              O la croce nera di una nave.
              Solo.
              A volte mi alzo all'alba e persino la mia anima è umida.
              Suona, risuona il mare lontano.
              Questo è un porto.
              Qui io ti amo.

              Qui io ti amo e invano l'orizzonte ti occulta.
              Ti sto amando anche in mezzo a queste cose fredde.
              A volte vanno i miei baci su quelle navi gravi,
              che corrono sul mare dove non arriveranno.
              Mi vedo già dimenticato come queste vecchie àncore.

              Sono più tristi le banchine quando ormeggia la sera.
              Si stanca la mia vita inutilmente affamata.
              Amo quel che non ho. Tu sei così distante.
              La mia noia lotta con lenti crepuscoli.
              Ma poi giunge la notte e inizia a cantarmi.
              La luna proietta la sua pellicola di sogno.

              Mi guardano con i tuoi occhi le stelle più grandi.
              E poiché io ti amo, i pini nel vento
              vogliono cantare il tuo nome con le loro foglie metalliche
              Pablo Neruda
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                Pensando, intrecciando ombre nella solitudine profonda.
                Persino tu sei lontana, oh, più lontana di tutti.
                Pensando, liberando uccelli, dileguando immagini,
                sotterrando lampade.
                Campanili di nebbie, così distante, lassù in alto!
                Soffocando lamenti, macinando oscure speranze,
                silenzioso mugnaio,
                la notte cade bocconi ai tuoi piedi, lontano dalla città.

                La tua presenza mi è estranea, curiosa come quella di un oggetto.
                Penso, cammino a lungo, la mia vita prima di te.
                La mia vita prima di tutti, la mia ruvida vita.
                Il grido di fronte al mare, tra le pietre,
                che corre libero, folle, nel vapore del mare.
                La furia triste, il grido, la solitudine del mare.
                Straripante, violento, teso verso il cielo.

                Tu, donna, che cos'eri lì, quale piega, quale stecca
                di quell'immenso ventaglio? Eri lontana come ora.
                Incendio nel bosco! Arde in croci azzurrine.
                Arde, arde, infiamma, sfavilla in alberi di luce.
                Crolla, crepita. Incendio. Incendio.
                E la mia anima balla ferita da trucioli infuocati.
                Chi chiama? Quale silenzio popolato di echi?
                Ora della nostalgia, ora della gioia, ora della solitudine,
                ora mia tra tutte!
                Conchiglia in cui il vento passa cantando.
                Tanta passione di pianto avvinghiata al mio corpo.

                Sussulto di tutte le radici,
                assalto di tutte le onde!
                Girava, allegra, triste, interminabile, la mia anima.

                Pensando, sotterrando lampade nella solitudine profonda.
                Chi sei tu, chi sei?
                Pablo Neruda
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                  Scritta da: MesaQueen
                  Saprai che non t'amo e che t'amo
                  perché la vita è in due maniere,
                  la parola è un'ala del silenzio,
                  il fuoco ha una metà di freddo.
                  Io t'amo per cominciare ad amarti,
                  per ricominciare l'infinito,
                  per non cessare d'amarti mai:
                  per questo non t'amo ancora.
                  T'amo e non t'amo come se avessi
                  nelle mie mani le chiavi della gioia
                  e un incerto destino sventurato.
                  Il mio amore ha due vite per amarti.
                  Per questo t'amo quando non t'amo
                  e per questo t'amo quando t'amo.
                  Pablo Neruda
                  Composta martedì 14 giugno 2011
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                    Scritta da: Saeglopur

                    Ode all'autunno

                    Modesto è l'autunno, come i taglialegna.
                    Costa molto togliere tutte le foglie
                    da tutti gli alberi di tutti i paesi.
                    La primavera le cucì in volo
                    e ora bisogna lasciarle cadere
                    come se fossero uccelli gialli:
                    Non è facile.
                    Serve tempo.
                    Bisogna correre per le strade,
                    parlare lingue,
                    svedese, portoghese,
                    parlare la lingua rossa,
                    quella verde.
                    Bisogna sapere
                    tacere in tutte le lingue
                    e dappertutto, sempre,
                    lasciare cadere,
                    cadere,
                    lasciare cadere,
                    cadere le foglie.
                    Difficile è essere autunno,
                    facile essere primavera.
                    Accendere tutto quel che è nato
                    per essere acceso.
                    Spegnere il mondo, invece,
                    facendolo scivolare via
                    come se fosse un cerchio di cose gialle,
                    fino a fondere odori, luce, radici,
                    e a far salire il vino all'uva,
                    coniare con pazienza l'irregolare moneta
                    della cima dell'albero
                    e spargerla dopo
                    per disinteressate strade deserte,
                    è compito di mani virili.
                    Pablo Neruda
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