Amore, amore, catastrofe

Amore, amore, catastrofe.
Che inabissarsi del mondo!
Un grande orrore di tetti
schianta colonne, tempi;
li cambia con cieli
atemporali. Ci muoviamo
tra le rovine
di estati e di inverni
travolti. Si estinguono
i pesi e le norme.
Tutta volta al indietro la vita
si sta togliendo secoli,
frenetica, di dosso;
disfa, veloce, la trama
del suo corso, lento prima;
muore dall'ansia
di cancellare la sua storia,
di non essere altro che il puro
desiderio di iniziarsi
di nuovo. Il futuro
si chiama ieri. Ieri
occulto, segretissimo,
che abbiamo scordato
e che si deve riconquistare
con l'anima e col sangue,
dietro quegli altri
ieri conosciuti.
Indietro e sempre indietro!
Ripiegare, smarriti,
al interno, verso il domani!
Che crolli tutto! Ormai
lo sento appena.
A forza di baciare stiamo
inventando le rovine
del mondo, per mano
tu ed io
nel grande crollo
del fiore e dell'ordine.
E fra contatti, fra abbracci,
sento già la tua pelle
che mi offre il ritorno
al palpito iniziale,
senza luce, prima del mondo,
totale, senza forma, caos.
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    Paura. Di te. Amarti
    è il rischio più alto.
    Molteplici, la tua vita e tu.
    Ti ho, quella di oggi;
    ormai ti conosco, penetro
    in labirinti, facili
    grazie a te, alla tua mano.
    E i miei ora, sì.
    Però tu sei
    il tuo stesso più oltre,
    come la luce e il mondo:
    giorni, notti, estati,
    inverni che si succedono.
    Fatalmente, ti trasformi,
    e sei sempre tu,
    nel tuo stesso mutamento,
    con la fedeltà
    costante del mutare.

    Dimmi, potrò io vivere
    in quegli altri climi,
    o futuri, o luci
    che stai elaborando,
    come il frutto il suo succo,
    per un domani tuo?
    O sarò appena qualcosa
    nata per un giorno
    tuo il mio giorno eterno,
    per una primavera
    in me fiorita sempre,
    e non potrò più vivere
    quando giungeranno
    successive in te,
    inevitabilmente,
    le forze e i venti
    nuovi, le altre luci,
    che attendono già il momento
    di essere, in te, la tua vita?
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      Quello che sei

      Quello che sei
      mi distrae da quello che dici.
      Lanci parole veloci,
      pavesate di risa,
      invitandomi
      ad andare dove mi porteranno.
      Non ti presto attenzione, non le seguo:
      sto guardando
      le labbra da cui sono nate.
      Intanto guardi lontano.
      Fissi lo sguardo laggiù,
      non so in cosa, e già si precipita
      a cercarlo la tua anima
      affilata, come saetta.
      Io non guardo dove guardi:
      io ti vedo guardare.
      E quando desideri qualcosa
      non penso a quello che vuoi
      né lo invidio: è il meno.
      Ciò che ami oggi, lo desideri;
      domani lo dimenticherai per un nuovo amore.
      No.
      Ti aspetto oltre qualsiasi fine o termine
      in ciò che non deve succedere.
      Io resto nel puro atto del tuo desiderio,
      amandoti.
      E non voglio altro
      che vederti amare.
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        Io di più non posso darti

        Io di più non posso darti.
        Non sono che quello che sono.
        Ah, come vorrei essere
        sabbia, sole, in estate!
        Che tu ti distendessi
        riposata a riposare.
        Che andando via tu mi lasciassi
        il tuo corpo, impronta tenera,
        tiepida, indimenticabile.
        E che con te se ne andasse
        sopra di te, il mio bacio lento:
        colore,
        dalla nuca al tallone,
        bruno.
        Ah, come vorrei essere
        vetro, tessuto, legno,
        che conserva il suo colore
        qui, il suo profumo qui,
        ed è nato tremila chilometri lontano!
        Essere
        la materia che ti piace,
        che tocchi tutti i giorni,
        che vedi ormai senza guardare
        intorno a te, le cose
        - collana, profumi, seta antica -
        di cui se senti la mancanza
        domandi: ah, ma dov'è?.
        ah, come vorrei essere
        un'allegria fra tutte,
        una sola,
        l'allegria della tua allegria!
        Un amore, un solo amore:
        l'amore di cui tu ti innamorassi.
        Ma
        non sono che quello che sono.
        Pedro Salinas
        Composta domenica 8 marzo 2020
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          Non voglio che ti allontani,
          dolore, ultima forma
          di amare. Io mi sento vivere
          quando tu mi fai male
          non in te, né qui, più oltre:
          sulla terra, nell'anno
          da dove vieni
          nell'amore con lei
          e tutto ciò che fu.
          In quella realtà
          sommersa che nega se stessa
          ed ostinatamente afferma
          di non essere esistita mai,
          d'essere stata nient'altro
          che un mio pretesto per vivere.
          Se tu non mi restassi,
          dolore, irrefutabile,
          io potrei anche crederlo;
          ma mi rimani tu.
          La tua verità mi assicura
          che niente fu menzogna.
          E fino a quando ti potrò sentire,
          sarai per me, dolore,
          la prova di un'altra vita
          in cui non mi dolevi.
          La grande prova, lontano,
          che è esistita, che esiste,
          che mi ha amato, sì,
          che la sto amando ancora.
          Pedro Salinas
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            Non ho bisogno di tempo
            per sapere chi sei:
            conoscersi è luce improvvisa.
            Chi ti potrà conoscere
            là dove taci, o nelle
            parole con cui tu taci?
            Chi ti cerchi nella vita
            che stai vivendo, non sa
            di te che allusioni,
            pretesti in cui ti nascondi.
            E seguirti all'indietro
            in ciò che hai fatto, prima,
            sommare azioni a sorriso,
            anni a nomi, sarà
            come perderti. Io no.
            Ti ho conosciuto nella tempesta.
            Ti ho conosciuto, improvvisa,
            in quello squarcio brutale
            di tenebra e luce,
            dove si rivela il fondo
            che sfugge al giorno e alla notte.
            Ti ho visto, mi hai visto, ed ora,
            nuda ormai dell'equivoco,
            della storia, del passato,
            tu, amazzone sulla folgore,
            palpitante di recente
            ed inatteso arrivo,
            sei così anticamente mia,
            da tanto tempo ti conosco,
            che nel tuo amore chiudo gli occhi,
            e procedo senza errare,
            alla cieca, senza chiedere nulla
            a quella luce lenta e sicura
            con cui si riconoscono lettere
            e forme e si fanno conti
            e si crede di vedere
            chi tu sia, o mia invisibile.
            Pedro Salinas
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              Scritta da: mor-joy

              Eterna presenza

              Non importa che non ti abbia,
              non importa che non ti veda.
              Prima ti abbracciavo,
              prima ti guardavo,
              ti cercavo tutta,
              ti desideravo intera.
              Oggi non chiedo più
              né alle mani, né agli occhi,
              le ultime prove.
              Di starmi accanto
              ti chiedevo prima,
              sì, vicino a me, sì,
              sì, però lì fuori.
              E mi accontentavo
              di sentire che le tue mani
              mi davano le tue mani,
              che ai miei occhi
              assicuravano presenza.
              Quello che ti chiedo adesso
              è di più, molto di più,
              che bacio o sguardo:
              è che tu stia più vicina
              a me, dentro.
              Come il vento è invisibile, pur dando
              la sua vita alla candela.
              Come la luce è
              quieta, fissa, immobile,
              fungendo da centro
              che non vacilla mai
              al tremulo corpo
              di fiamma che trema.
              Come è la stella,
              presente e sicura,
              senza voce e senza tatto,
              nel cuore aperto,
              sereno, del lago.
              Quello che ti chiedo
              è solo che tu sia
              anima della mia anima,
              sangue del mio sangue
              dentro le vene.
              Che tu stia in me
              come il cuore
              mio che mai
              vedrò, toccherò
              e i cui battiti
              non si stancano mai
              di darmi la mia vita
              fino a quando morirò.
              Come lo scheletro,
              il segreto profondo
              del mio essere, che solo
              mi vedrà la terra,
              però che in vita
              è quello che si incarica
              di sostenere il mio peso,
              di carne e di sogno,
              di gioia e di dolore
              misteriosamente
              senza che ci siano occhi
              che mai lo vedano.
              Quello che ti chiedo
              è che la corporea
              passeggera assenza,
              non sia per noi dimenticanza,
              né fuga, né mancanza:
              ma che sia per me
              possessione totale
              dell'anima lontana,
              eterna presenza.
              Pedro Salinas
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                Scritta da: Eclissi

                La forma de querer tù...

                La forma de querer tù
                es dejarme que te quiera.
                El sì con que te me rindes
                es el silencio. Tus besos
                son ofrecerme los labios
                para que los bese yo.
                Jamás palabras, abrazos,
                me dirán que tù existías,
                que me quisiste: Jamás.
                Me lo dicen hojas blancas,
                mapas, augurios, teléfonos;
                tù, no.
                Y estoy abrazado a ti
                sin preguntarte, de miedo
                a que no sea verdad
                que tù vives y me quieres.
                Y estoy abrazado a ti
                sin mirar y sin tocarte.
                No vaya a ser que descubra
                con preguntas, con caricias,
                esa soledad inmensa
                de quererte sólo yo.
                Pedro Salinas
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                  Scritta da: Eclissi

                  El alma tenias

                  El alma tenias
                  tan clara y abierta,
                  que yo nunca pude
                  entrarme en tu alma.

                  Busquè los atajos angustos,
                  los pasos altos y difficiles...
                  a tu alma se iba
                  por caminos anches.

                  Preparè alta escala
                  - sonaba altos muros
                  guardàndote el alma-,
                  pero el alma tuya
                  estaba sin guarda
                  de tapíal ni cerca.

                  Te busquè la porta
                  estrecha del alma,
                  pero no teneba,
                  de franca que era,
                  entradas tu alma.

                  En dónde empezaba?
                  Acàbaba, en dònde?
                  Me quedè por siempre
                  sentado en las vagas lindes de tu alma.
                  Pedro Salinas
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