Scritta da: PostScriptum
Haiku per Parigi
Al buio
la città della luce,
apri il cuore!
Composta domenica 15 novembre 2015
Al buio
la città della luce,
apri il cuore!
Ma sei tu che hai lasciato me, o io ho piantato te?
Sarà stato un incidente di percorso,
come una macchina che sbanda
ed esce di strada, perdi il controllo, perdi la guida,
perdi l'amore.
Scusami, se credevo di amarti!
Debolezze che capitano
parli di occhi, parli di cuore; sei la più bella! dicevo;
sei unica al mondo! esageravo.
Come quel Neruda, che amavi anche tu,
ma che è proprio assillante:
"ti ho nominato regina!" diceva;
ed era una qualunque, come tante, come te.
Scusami se pensavo di amarti!
Certo qualche illusione ti ho dato;
ma qualcuna l'ho subito, siamo pari, palla al centro!
Del resto tutto scorre, tutto passa,
diceva il filosofo greco, che piaceva anche a te.
Scusami se, forse, ti amavo...
e mi sa che ancora, porca miseria, chissà, per quanto tempo... ti amerò!
Luna dei mari tranquilli
marea di luce argentata
su onde cristalline
su alberi e case;
navicella che vaghi nei cieli
col tuo carico silenzioso
di occhi e di nomi;
dal tuo oblò ci osservi
e cammini
porta con te il mio sguardo
e domani riportami
il suo sorriso.
Ad Est del mio cuore
tu sorgi
come sole.
A Nord dei pensieri
mi segui
con tue parole.
A Sud delle ambizioni
ti levi
piena di vita.
Ad Ovest dei ricordi
ti poni
come ultimo atto d'amore
e non tramonti.
Sai le stelle, tutte le stelle
scompaiono al tuo sguardo
complice.
Sai il mare, tutte le sue onde
si dissolvono al tuo sorriso
semplice.
Sai quelle rocce calcaree
il carrubo intenso verde
tutte le chiare notti
di Sicilia.
Sai la storia di questa terra
eternamente intrecciata
tra stridii di civette
e silenziose albe.
Sai, poi, i tuoi capelli
e quei sospiri al vento
sotto una luce d'argento
dove ogni antica notte
è sempre nuova.
Ho fatto di lei una pittura a colori forti:
il nero dei capelli, il rosso delle labbra;
ho catturato la magia del suo sguardo fiero,
la tenerezza degli occhi profondi
... e non sono pittore.
Ho fatto di lei una scultura:
ho addolcito la pietra dura,
ho piegato il marmo, come il Canova
nel bacio etereo di Psiche e Amore
... e non sono scultore.
Ho fatto di lei una sinfonia:
vibrazioni di violino, acuti di clarinetto,
arpeggiamenti lievi e carezzevoli
come teneri seni
... e non sono musicista.
Ho fatto di lei una poesia;
l'ho scritta mentre passavi ignara,
indifferente e appena mi degnavi
di un buongiorno. L'ho scritta per te
... e vorrei, almeno, essere poeta.
Quando batte questo cuore...
come batte...
quando scorre questo sangue
rosso e blu di plasma e ferro
capillare, come scorre
quando bussa questo cuore...
come bussa...
urgente e travolgente
di ossigeno che spira
quando palpita il cervello...
come palpita...
quando fulmina e scintilla
di idrogeno e carbonio, ogni fibra
ogni atomo che vibra
che si espande come onda
quando parla questo cuore...
come parla...
quando ride e quando piange
quando inonda d'emozione, in ogni dove
ogni atomo e molecola
di quaggiù e di lassù...
nel cosmo intero
corrisponde un'emozione
corrisponde un pensiero
in quel battito di cuore c'è un palpito di cielo.
Gocciola
dalla roccia
una goccia
diamantina
d'acqua
trasparente
che disseta
giocando
goccia a goccia
al bambino
sulla lingua da mammella;
se la guardi
al microscopio
ti mostra mostri
rutilanti
vitali forme
evanescenti
protozoi ciliati
e naviganti;
ogni uomo
è una goccia
e forma fiumi
e passa ponti
in corsa a Roma
come a New York
o a Tokyo e tutti
verso Maratona
mentre sotto i ponti
scorre lento
ancora il fiume della storia;
lo stillicidio
calcareo allaccia
totem di stalattiti a stalagmiti
chi può contare
tutte le gocce che l'Orinoco
versa nell'Atlantico
o del Gange
pullulante di gente
o del Nilo
che risale al cielo
neanche un Dio
vorrebbe cifrare
perché la goccia
è lacrima umana
e quando scende
dalla roccia
è poesia che
sgocciola pensieri
che stilla a stilla
nel cosmico
silenzio parla
e annunzia vita.
Nel buio prenatale
l'eco della voce
carezza sotto pelle;
canta la madre e
il bimbo nuota nel suono
primordiale oceano
di infinite odissee.
Partorirà con gioia
e di dolore
verserà vagiti
in versi
come semi al vento;
semi che cadono
dentro le intime fessure
di una terra fertile
pettinata di solchi;
da essa nascerà
e a nuovo giorno
rinascerà
uovo/uomo nuovo.
L'eco di quella voce
umana e primordiale
risentirai sotto cipressi
sotto lapidi mute
scritte con nomi, numeri
e frasi uguali;
così per sempre
libero sarai dai luoghi
e dai tempi
di quest'utero di mondo.
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