Non ci accompagnano più stelle filanti lungo il tumido crinale dell'orizzonte; spira invigilato un vento come sinibbio falbo quasi di quaresima; nel rapinoso silenzio, fra i ramigli, ora la tregua traluce.
Corrispondenze – lei tace. Sono due ore che la lamiera vaga incauta fra lembi di nebbia opachi. Non c'è, lei, nell'incontro. Come lenti voli di passo, non posa, mai, ché ogni cartello appena intraveduto porta scritto "più in là".
Sei la china in cui si stempra la notte; soltanto abbarbagliano queste crepe d'asfalto nell'uggia abbozzata luci riecheggiate fra un discosto lampione e lo scalpiccio del tuo passo isocrono.
Sulla strada taciturna la tua ombra incede ponderosa nella fuga da una rimembranza che non è tua: impronte seriche ed uranoliti s'increspano fra le tue dita; un'ambra
balugina distratta sopra un gelso: tu la cogli, non appena un'incauta pioggia lambisce il cristallo che porti nei tuoi occhi. Entro il cerchio silenzioso del tuo profilo, una lacrima svetti.
La lasci cadere in un tuo sospiro, ritorni verso casa, persuasiva che tribolare senza avvedersene non si preroga alle zuffe di piume... il pencolare d'ogni tuo pensiero
Corimbi anelanti sommossi dal vento, rabido contrappuntare ai profili scarruffati di cime profondate nella nebbia roca, vocio attonito che rabbercia il silenzio abbarbagliato fra i ramigli di novembre, smagliare d'un refe di memorie che pencola fra il muto carcame di foglie aggricchiate, aggallare di pietre affastellate: un ponte e poi il varco. Arrivederci – fugano sistri ctonî la belletta che vagolava l'ultimo fantasma – oltre le infiorescenze, a finisterre.
La sciaradda fumigante del vespro ha punte di cromorno che soltanto il lento commovimento del vento sa pazientemente addipanare.
La nota che l'eco adusta riverbera è una scheggia smorzata sopra il rame dell'orizzonte; rameggia un silenzio nel profondo dell'ora. Stride querula
l'oscura epifania della sera; si snodano i destini: come tónfano attempato disperdono la brace promessa all'argento striato alcuni
accordi in lontananza; una voce alida si prova a modularli con arpeggi. Ma il turbine ondoso con le criniere d'un diospero sommuove anche il tuo
albagioso parlare. S'incupisce la stanza trinata mentre lo spettro della finestra vanisce; una brezza, dipoi un attonito bisbigliare:
il profilo marezzato si spunta di frondi magnioliacee, auso antro d'un poggio anellato in derelizione. Stagliata contro romite nuvole di cenere, svaria roggia la voce