Scritta da: Vincenzo Cerrato
Sai cosa succede?
Che una mattina ti alzi,
dopo aver passato una notte da dimenticare,
insonne,
di quelle che ti obbligano a stare sveglio
e sentire che la ami.
Ora,
non sai quanto si senta stupido
uno così,
subordinato all'ordine del silenzio.
Ricordi,
un luogo lasciato tempo fa.
Come la casa al lago dei nonni.
Venduta.
Un luogo vissuto ma troppo remoto per farvi ritorno.
Così, sentire qualsiasi parte del tuo corpo che ti proietta a lei
ma evitarlo.
Per non creare malesseri.
Anche se è l'unico posto che abbiamo.
Anche se per te, lei,
voleva dire casa.
Vincenzo Cerrato
Composta lunedì 24 settembre 2018
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    Scritta da: Vincenzo Cerrato
    Quando si faceva l'amore
    era sempre una grande emozione.
    L'adrenalina, gli sguardi
    e tutto ciò che concerne il momento prima.
    Lei all'inizio era sempre un po' impacciata
    non insicura, ma si avvertiva un certo imbarazzo
    poi si lasciava andare
    a me piaceva quell'aria un po' da bambina.
    Quando lei faceva l'amore
    faceva l'amore e s'avvertiva.
    Quando lei faceva l'amore
    io ero distratto.
    Una sera andammo a cena,
    una sera comune
    senza infamia e senza lodi.
    Cosa prendemmo?
    Bravo chi se lo ricorda.
    Ricordo solo che bevvi due birre
    tutto qua.
    Finito di mangiare
    andammo nella nostra alcova.
    La spogliai.
    Mi spogliai.
    Il resto andò da sé.
    Quella sera mi sentii strano.
    Sentivo una sorta di torpore venire da dentro
    un calore, che mi bruciava il petto.
    All'inizio ebbi paura d'un malore
    ma non lo detti a vedere.
    Continuai come sempre.
    Come ogni volta.
    Ma nel petto il calore si faceva sempre più grande
    e si espandeva come un incendio in una foresta di alberi secchi.
    Poi capì.
    Quella sera la volli bene come non mai.
    Quella sera ci feci l'amore.
    Ci ricomponemmo.
    Lei disse che era stato diverso.
    Le era piaciuto
    e che avrei dovuto bere più spesso la birra prima di farlo,
    poi si voltò sul fianco e mi diede le spalle.
    L'abbracciai e la tenni stretta tra le mie braccia.
    La baciai non so quante volte il capo.
    L'amai.
    Quella sera l'amai come non mai.
    La strinsi forte forte a me
    per paura che andasse via.
    Quella sera l'amai.
    Ci vollero due birre per capirlo.
    Vincenzo Cerrato
    Composta venerdì 14 settembre 2018
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      Scritta da: Vincenzo Cerrato
      Vent'anni.
      Cos'è il mondo quando hai vent'anni?
      Niente. Non esiste.
      Perché a vent'anni si ha tutta la stramaledetta strafottenza
      di affrontare qualsiasi cosa.
      Si è un panzer.
      Nessun ostacolo. Nessuna limitazione.
      Sempre dritto.
      La vita a vent'anni non fa paura.
      Il tempo.
      A vent'anni non si sa cosa sia il tempo.
      Esiste il giorno e la notte.
      L'uno è equivalente all'altra.
      Non c'è il domani. Ieri.
      E come se si vivesse in uno stato temporale continuo.
      Poi, una mattina ci si sveglia e,
      i vent'anni sono passati da vent'anni.
      Non si è più carri armati.
      Lo si capisce dall'attenzione
      che si pone nell'appoggiare il primo piede giù dal letto.
      Quello giusto.
      Si diventa fragili
      e la vita spaventa.
      Ci si sbriciola come un biscotto.
      Passati i vent'anni si diventa un cristallo,
      che appena lo tocchi va in frantumi.
      Vincenzo Cerrato
      Composta lunedì 3 settembre 2018
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        Scritta da: Vincenzo Cerrato
        Successe ancora una volta.
        Ritornai al giudizio del mio tribunale.
        Reato e grazia lo stesso movente.
        Quando mi interrogarono io non parlai
        restai a guardarli e non dissi una parola.
        Non mossi un centimetro della mia pelle.
        Vennero due guardie che iniziarono a cercarmi le parole
        in bocca,
        giù per l'esofago fino allo stomaco.
        A parte il fastidio delle loro mani, non provavo niente.
        Rabbia, dolore, mancanza.
        O forse le provavo tutte e altre mille sensazioni
        ma non lo davo a vedere.
        La corte non lo doveva sapere.
        Io non lo dovevo sapere
        Non lo volevo sapere.
        Nonostante il loro rovistare
        non riuscirono a trarre niente dalla mia bocca,
        tantomeno dalle mie viscere,
        mi diedero non so quanti fogli bianchi con altrettante penne.
        Mi dissero che se non parlavo, almeno avrei potuto scrivere,
        volevano che mi difendessi,
        avrebbero voluto che dicessi o scrivessi qualcosa
        per poter decidere la pena o l'assoluzione.
        Li guardai.
        Guardai il tavolo e le armi con le quali avrei dovuto uccidere i fogli.
        Poi, come in un'azione di collaborazione, tesi le mani sul banco.
        Spezzai tutte le penne
        ma l'inchiostro mi uscì dal naso.
        Vincenzo Cerrato
        Composta venerdì 17 agosto 2018
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          Scritta da: Vincenzo Cerrato

          Soliloquio

          Calma.
          Un respiro salmastro inebria l'aria
          ora più limpida e più sincera.
          Calma.
          Moltitudini di braccia si riversano a me
          con un lento e costante fare.
          Calma,
          ingrata messaggera
          preannuncia l'arrivo del nubifragio.
          La bonaccia della mente dura ormai da molti giorni e
          il veliero delle parole va alla deriva.
          Inizia a piove.
          Tintinnii di lacrime scolpiscono un viso
          scorrendo tra le crepe segnano i lineamenti.
          Sento il tuo respiro, ora affannato, accarezzarmi
          mi rasserena, mi protegge.
          Il tuo odore sa di buono,
          di un profumo antico che ti riempie il petto.
          Uno schiocco, uno schiocco di lenza ti penetra
          come per arpionare il tuo essere, la tua essenza
          ma tu, così solidamente immateriale non ti lasci afferrare
          resti lì, materia pura e spirito adulterato.
          Ed ecco d'un tratto il cielo tingersi di rosso.
          Torna il sereno.
          Il tuo silenzio è assordante.
          Tante le domande, tante le parole da riempirti.
          Abbiamo superato la tempesta,
          non ho paura.
          Resto ad osservarti,
          la mia anima si spoglia
          e con un muto interloquire,
          parla col mare.
          Vincenzo Cerrato
          Composta mercoledì 5 ottobre 2016
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