Sure di zucchero
Ho pregato,
ho affidato la mia anima ad Allah,
il mio corpo non ha avuto scelta
qui, su questa terra.
Guardo dalla finestra, c’è una grande Cupola,
la sua convessità
è interrotta da tante sfaccettature;
il vetro diventa opaco d’improvviso,
tante notti di tante lacrime,
colmano i miei occhi.
La mia vita avrebbe potuto avere la convessità
di quella Cupola,
avere un movimento ciclico,
cercare un lavoro,
scegliere un uomo.
Forse, la mia vita,
avrebbe potuto avere tante sfaccettature,
come quella Cupola
che vedo dalla mia finestra.
Sembra la metà
di un grande limone d’Amalfi,
terra evidenziata dal mare, come la mia.
Come un limone, intenso profumo,
insito nella preghiera e del mio essere donna,
succo amaro,
addolcito da Sure di zucchero.
Magari, sarei potuta essere un’ape,
dolce e maliziosa,
ronzare, pungere chi mi pare,
libera di poter scegliere il mio fiore;
usare il mio burka come un aquilone.
Alzo gli occhi,
tutto è più chiaro,
una mezza luna sulla sommità della Cupola
mi rassicura,
posso ancora scegliere per la mia anima,
scegliere di affidarla ad Allah.
Una pesante mano
Mi scuote la testa,
cade un velo che mi copre anche gli occhi.
I miei occhi,
cosa potrebbero raccontare,
delle lunghe conversazioni con il mio Etereo Sposo.
la mia mente si confonde
con la preghiera dell’Imam,
che si diffonde dappertutto.
La mia anima è al sicuro, così anche il mio corpo.
Il mio Sposo tiene il mio capo poggiato al Suo petto,
la pesante mano, diventa una candida carezza
sotto il velo, mi accarezza i capelli.
Ho pregato,
Prego ancora.
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