Taccio.
Sulla risacca
e in riva ciliare
distese di mare a chinare il capo
mentre il mio, fiero,
costringe la brezza
e fugge l'onda.
Sul salmastro del vento d'alba
e di tutti i tramonti del cuore
quando c'è difesa sullo stantio delle memorie
attraverso l'ultimo aggrapparsi ai seni come scogli,
ché sei uomo e cento uomini
e di due mani, mille.
T'insinui, moti di vento
su fermo corpo
e t'inalo
proveniente da tutti gli abissi delle mie viscere
e di più
dagli apici di tutti i cieli.
M'increspo sulle scapole
tra le linee dei tuoi palmi
ché la tua acqua disseta.
Attraverso
tra Scilla e Cariddi
come tu mi fossi unico passaggio
e io, stretta a ridosso della tua pelle,
muto in sirena silente,
umana solo di voce
che t'evoca in richiamo.
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