Angelo azzurro
Ma quello che ricordo più di tutto
sono le tue sopracciglia riarse.
Invece dei capelli, fuliggine nera.
Camminavi come un automa
uscendo dall'inferno ruggente
di un bar dal nome sognante.
Angelo azzurro che ora volteggi
in paradiso – se ci credi al paradiso-
o mucchio di cenere fumante
corroso dal tempo sottoterra,
sul tuo pube devastato su cui misi il fazzoletto,
sulla pelle che si staccava a brandelli
seduto immoto sulla seggiola del bar di fronte,
è naufragato un ideale – cento, mille sogni –
il mio sogno!
È diventato un incubo dolente
e cento fotogrammi spezzettati
sanciscono su quel selciato
la fine del sessantotto.
Composta nel aprile 1988
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