L'abisso
In vetta mi restavo all'alto monte
dalle pareti lisce, strapiombate
e tutt'intorno v'era un fosso nero
per quanto che potea vista mirare.
Solo mi stavo lì, senza speranza
tremante per lo freddo e di paura;
le membra anchilosate, solo tormento,
il corpo mal reggevano le gambe
e la vista si spegneva lentamente.
Il cuore, di vita, in petto dava
segnale per forte, velocissimo pulsare.
Tremante, stordito, impaurito per tempo
mi restai quando, qual fulmine, aprironsi
le porte del cervello e dolce, soave
di luce luminosa a braccia aperte
avvolte dal Divino, azzurro Manto
la Celeste Maria m'appar di fronte.
In un abbraccio mi stringe dolce e caldo
e mi riporta per lo sereno cielo,
a braccia aperte a mò di rondinella
oltre l'abisso periglioso e nero
in pianeggiante, odoroso, erboso prato.
Mi giro, non è più,. Nel nulla s'è dissolta.
ed io all'alto Cielo volto lo guardo
per lo scampato periglio e la serenità
che dentro m'ero, così, pregai: Veneranda
Madre! O Divina!. Un respiro vicino:
Era mia moglie: Tutto fu un sogno.
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