Disgrazia
Quest'oggi il nervosismo è culminato,
per questo ogni fatica ho trascurato,
dopo avere girovagato alquanto
entro deluso nella stanza accanto.
Quel che quest'anno qui è capitato
è avvenimento che va raccontato
alfin che sappia chi ci ruota intorno
della confusion che regna e del frastorno.
Abbia pietà di nuova circostanza
e prenda dell'ambiente nuova coscienza
onde non abbia lui ad adirarsi
e non costringa altri a morsicarsi.
Approda, cheto cheto, a dirigenza
uomo discreto dai capelli senza;
non un mugugno mai, non una lagna,
convive la miseria e si rassegna.
Al contrario, però, vive quest'io
che pur con nostalgia, fuori d'astio
mi contorcio, mugugno e pur mi lagno
tanto che cancrena l'ho financo in sogno.
Guardo, lì, seduta a tavolino
donna vestita d'abito di lino
che al posto ci cercare d'operare
dilettasi sulla sedia a dondolare.
Lumacone somiglia a movimenti:
Lenta nel fare, lenta in spostamenti.
Con il lavoro pare ci si culla,
a fine giorno non conclude nulla.
Delle tante disgrazie è la più magna
che capitata m'è tra nuca e collo,
meglio se fosse assente alla bisogna
ch'è personaggio di corto cervello.
L'è di coronamento buon compagno
che in tela incagliato pare sia di ragno.
Prende, pone, riprende e poi ripone,
s'arrovella, si strugge e non compone.
Dai gesti, dal parlar, dal comportare
i due al mio cervello fanno pensare:
Bisognerebbe metterli in struttura
ove potere offrir sicura cura.
Stanco di permanenza in sì squallido
loco mestamente m'avvio allo stanzone
donde mi par proviene una canzone;
accanto alla finestra è uomo gelido
che al collo cinghia tiene penzoloni
mentre reggesi con mano i pantaloni.
M'accosto, al saluto mio risponde:
Hai visto al monte che bell'alte onde?
Brillano gli occhi, tremano le mani;
presto men vò dicendo: Addio, a domani.
Nel corridoio restano tre, in crocchio,
che prima mai incontrato avea mio occhio.
L'uno in altezza supera la norma
e dall'aspetto parmi non sia in forma.
Mi dà conferma, di mia impressione,
al mio saluto, la truce espressione.
Dei rimanenti due uno s'inchina,
l'altro lancia coriandoli e farina.
In aria li sparpaglia e volan via
mentre gl'astanti invocano Maria.
Sbigottito del far di quei signori
accedo alla sala di lettura
ove di doglianza carca e malumori
trovo persona di scarsa cultura.
In serbo tiene solo sconoscenza,
superbia, arroganza ed indignanza **
d'intemperanza tien comportamento
e mostra di suo volto abbrutimento.
Delle manchevolezze mie non dico:
Quello che faccio spesso lo modifico.
Dico soltanto che non son quel ch'ero,
mi scordo quel ch'ò detto e se pur c'ero.
Arricchito di sì tant'indigenza
lesto men torno all'usuale permanenza
convinto che l'ambiente mio disabile
è, comunque, degli altri il più agibile.
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