La favola della vita
Mia madre mi narrava le sue storie,
seduta sopra il ciglio del mio letto
e s'assopiva con la schiena curva
mentre scuriva il cielo d'una notte...
Non erano favole le sue:
se ne avesse ricordata almeno una,
di certo, me l'avrebbe raccontata!
Col cuore, traboccante di memorie,
mostrava le sue antiche sofferenze
e, a tratti, riluceva nei suoi occhi
un velo giovanile d'innocenza...
Lei mi parlava di una giovinetta,
precoce nella smania del lavoro,
che di mattina presto si svegliava,
nell'ora quando il sonno ha più sapore.
E s'apprestava a macinar la strada,
all'alba su quel liscio basolato
che conduceva al luogo di fatica,
a respirare... canapa e solfato!
Negli occhi la speranza del domani
e sottobraccio il parco desinare
che regalava al primo poverello
trovato sulla strada a mendicare.
Ricordi di un'infanzia scolorita
di pomeriggi spesi senza svago,
nel mesto divenir delle stagioni
e gli anni in cui l'età pretende sfogo...
Ma nei pensieri onesti di zitella
mia madre coltivava un solo credo:
trovare il suo compagno per la vita
e a lui portare in dote il suo corredo!
Per anni ha lavorato con mio padre
tra i banchi d'un vivace mercatino
montato, tutti i giorni, all'aria aperta
col freddo delle sette del mattino.
Ed io crescevo tra le sue fatiche,
con tutte le premure e le attenzioni:
mia madre non ha mai voluto
che io vivessi le sue privazioni!
Adesso, che ne sento la mancanza,
ripenso al suo candore di bambina,
che presto fece i conti con gli affanni
e il ritmo del suo cuore ballerino...
Ed ha lasciato un vuoto in quella casa,
bramosa di carezze e di pulito,
per raccontare in cielo ai cherubini
la favola insolente d'una vita!
Composta domenica 16 ottobre 2005
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