Lo scoglio del peccato s'è venato
Tu l'ape, io il fiore,
metafora ch'appar del tutto vera,
allor ti fai condurre dal profumo e dal colore
del mio esser fiore, da te amato,
nel solito frangente ch'io t'anelo e appaio pronta
ad allietar olfatto ed estasiar palato.
Tu conturbante ape, io ammaliante fiore.
Nel rivelar dei petali t'inoltri, sinuosi e schiusi,
agognando sugger nettare che sa inebriarti,
di cui nutrirti e satollare i sensi,
saziando gli appetiti miei, per te, esistenti.
Istanti vivi, che fan vibrar la carne e ribollir il sangue,
nell'eruzione d'un vulcano che s'è acceso,
spandendo rovente lava, a infranger, del lecito, barriera,
dacché ammetter che l'illecito sia sostantivo senza senso,
nel compiacer l'amore, quello vero.
Lo scoglio del peccato s'è venato,
andando, mano a mano, a disgregarsi
sotto il frangere dell'onda dirompente
che, costante, nell'eroder piano piano, lo consuma.
Tu onda prorompente, io mare che t'acclama.
Tu ape pretenziosa ed io fiore in simbiosi,
Siam consci che l'amore non abbia nulla da rimproverarsi,
all'evitar d'alzare mura inconsistenti.
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