Ad una sveglia
Tu, che scandisci gli istanti
delle immagini che, nel corso della tua vita,
si parano opposte e varie
davanti alla tua faccia,
perché non mi dai quelle immagini,
cupe, o serene, o spiacevoli, o gaie,
che vedesti quand'io, bambino, giocavo
con i ninnoli semplici
di quell'epoca semplice?
E tu, mamma,
che accudivi al focolare,
mentre, ansiosa,
aspettavi il ritorno di babbo
dal suo duro e diuturno lavoro,
non avvertivi un orecchio,
non sentivi uno sguardo
che osservava te,
assorta nei tuoi folti pensieri
di moglie e di madre?
Della mia fanciullezza,
o sveglia che seguisti
ogni secondo di quel tempo,
vorrei tu mi potessi raccontare.
Ti supplicherei perfino, se non ragionassi,
di parlare, di dirmi le cose che ignoro,
o che non potrei ricordare.
Ma tu, sveglia della mia casa,
taci e mi guardi
come se, quasi sorridendo,
tu mi volessi dire:
- Ma pazienta, non avere fretta:
il tempo non esiste dopo la morte.
Rivedrai allora quelle immagini
che ora vorresti tue.
Ed attendo così,
senza scrutare fra quei numeri antichi,
che mi si parino davanti
tutti gli istanti passati,
tutte le mie monellerie di bambino,
e quei sorrisi dei miei genitori
ancora rivolti dal Cielo verso di me,
che non son più bambino.
Composta venerdì 24 novembre 1967
dal libro "Il rifugio nell'anima" di Tommaso Mazzoni
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