La cosa più superba è la Notte, quando cadono gli ultimi spaventi e l'anima si getta all'avventura. Lui tace nel tuo grembo come riassorbito dal sangue, che finalmente si colora di Dio e tu preghi che taccia per sempre, per non sentirlo come rigoglio fisso fin dentro le pareti.
Lascio a te queste impronte sulla terra tenere dolci, che si possa dire: qui è passata una gemma o una tempesta, una donna che avida di dire disse cose notturne e delicate, una donna che non fu mai amata. Qui passò forse una furiosa bestia avida sete che dette tempesta alla terra, a ogni clima, al firmamento, ma qui passò soltanto il mio tormento.
Spesso ripeto sottovoce che si deve vivere di ricordi solo quando mi sono rimasti pochi giorni. Quello che è passato è come se non ci fosse mai stato. Il passato è un laccio che stringe la gola alla mia mente e toglie energie per affrontare il mio presente. Il passato è solo fumo di chi non ha vissuto. Quello che ho già visto non conta più niente. Il passato ed il futuro non sono realtà ma solo effimere illusioni. Devo liberarmi del tempo e vivere il presente giacché non esiste altro tempo che questo meraviglioso istante.
Non ce la fanno i belli muoiono tra le fiamme: sonniferi, veleno per i topi, corda, qualunque cosa... Si strappano le braccia, si buttano dalla finestra, si cavano gli occhi dalle orbite, respingono l'amore respingono l'odio respingono, respingono. Non ce la fanno i belli non resistono, sono le farfalle, sono le colombe, sono i passeri, non ce la fanno. Una lunga fiammata mentre i vecchi giocano a dama nel parco. Una fiammata, una bella fiammata mentre i vecchi giocano a dama nel parco, al sole. I belli si trovano all'angolo di una stanza accartocciati tra ragni e siringhe, nel silenzio, e non sapremo mai perché se ne sono andati, erano tanto belli. Non ce la fanno i belli muoiono giovani e lasciano i brutti alla loro brutta vita. Amabili e vivaci: vita e suicidio e morte mentre i vecchi giocano a dama sotto il sole nel parco.
Riaffiora a volte giovinezza un po' sbandata, ne porto dentro i segni come righe sull'asfalto dopo brusca frenata, non son mai stato un fante ne un'arcière ma... ero un'abile moschettiere, quand'ero per la strada sapevo usar la spada con la lucidità di folle burattino scaldavo con la fiamma il cucchiaino, senza pensarci troppo accompagnato da frenetica impazienza scioglievo l'eroina con magica sapienza, mettendo via problemi pene sparavo tutto quanto nelle vene, un attimo soltanto e poi il primo spasmo, non esisteva altro, meglio di qualsiasi orgasmo. Inconsapevole del cinico potere fratello delle differenze, il prezzo da pagare le assurde conseguenze delle amicizie false le prepotenze, d'ipocrisie già innate falsificando firme nel libro delle assenze di amori e sogni chiusi in un cassetto, sfuggenti sguardi in odor di sala d'aspetto. Amori fatti in fretta amori calcolati, tenendo le siringhe pronte ai lati troppe le volte che son rimasto solo troppe volte sono inciampato prima di spiccare il volo. Ti guardi nello specchio e non ti vedi, non sai nemmeno in chi o a cosa credi, e gelide lenzuola coprivano a fatica i piedi, candele stanche di crear giochi di luce animavano le pareti spoglie, di sagome sottili. Mi sono visto molte volte in mezzo a quelle sagome sottili ero... come un burattino ingarbugliato nei miei fili. Poi ho incontrato te mia dolce amica, e con dolcezza mi hai tolto l'ago dalle dita, i raggi del tuo cuore hanno riacceso in me la gioia in uno splendido mattino ora è solo un ricordo il burattino, è stata dura è costata sofferenza, ma sono qui son vivo. Adesso è l'emozione la mia essenza.
Taci. Su le soglie del bosco non odo parole che dici umane; ma odo parole più nuove che parlano gocciole e foglie lontane.
Ascolta. Piove dalle nuvole sparse. Piove su le tamerici salmastre ed arse, piove sui pini scagliosi ed irti, piove su i mirti divini, su le ginestre fulgenti di fiori accolti, su i ginepri folti di coccole aulenti, piove su i nostri volti silvani, piove su le nostre mani ignude, su i nostri vestimenti leggeri, su i freschi pensieri che l'anima schiude
novella, su la favola bella che ieri t'illuse, che oggi m'illude, o Ermione.
Odi? La pioggia cade su la solitaria verdura con un crepitio che dura e varia nell'aria secondo le fronde più rade, men rade.
Ascolta. Risponde al pianto il canto delle cicale che il pianto australe non impaura, né il ciel cinerino.
E il pino ha un suono, e il mirto altro suono, e il ginepro altro ancora, stromenti diversi sotto innumerevoli dita.
E immersi noi siam nello spirito silvestre, d'arborea vita viventi; e il tuo volto ebro è molle di pioggia come una foglia, e le tue chiome auliscono come le chiare ginestre, o creatura terrestre che hai nome Ermione.
Ascolta, Ascolta. L'accordo delle aeree cicale a poco a poco più sordo si fa sotto il pianto che cresce; ma un canto vi si mesce più roco che di laggiù sale, dall'umida ombra remota.
Più sordo e più fioco s'allenta, si spegne. Sola una nota ancor trema, si spegne, risorge, trema, si spegne. Non s'ode voce del mare. Or s'ode su tutta la fronda crosciare l'argentea pioggia che monda, il croscio che varia secondo la fronda più folta, men folta.
Ascolta. La figlia dell'aria è muta: ma la figlia del limo lontana, la rana, canta nell'ombra più fonda, chi sa dove, chi sa dove! E piove su le tue ciglia, Ermione.
Piove su le tue ciglia nere sì che par tu pianga ma di piacere; non bianca ma quasi fatta virente, par da scorza tu esca. E tutta la vita è in noi fresca aulente, il cuor nel petto è come pesca intatta, tra le palpebre gli occhi son come polle tra l'erbe, i denti negli alveoli son come mandorle acerbe.
E andiam di fratta in fratta, or congiunti or disciolti (e il verde vigor rude ci allaccia i malleoli c'intrica i ginocchi) chi sa dove, chi sa dove! E piove su i nostri volti silvani, piove su le nostre mani ignude, su i nostri vestimenti leggeri, su i freschi pensieri che l'anima schiude novella, su la favola bella che ieri m'illuse, che oggi t'illude, o Ermione.