Rivedo in un flash scolorito quell'istante preciso in cui il mondo aveva colori, aveva odori, profumi, aromi. Vecchi scatti impolverati fossilizzano quella felicità che famelico sto ancora cacciando, vecchi accordi risuonano di te echi lontani e gelidi. Eppure il mondo muove ancora, chi si è fermato sono io, io che trascino stanco i miei passi, io che vorrei solo la forza di guardarmi riflesso e sorridere davvero.
L'ho giurato al sole che t'avrei amata, senza dubbi ed incertezze, senza condizione alcuna, l'ho giurato alla luna e miliardi di stelle eran testimoni silenziose di quanto era vero, l'ho giurato a me stesso che mai più avrei riaperto gli occhi altrove, perché bastavi alla mia vita e saresti bastata per cento vite ed altre cento ancora. Ma anche il fiore più bello appassisce un giorno, anche la giornata migliore finisce, anche la favola più bella ha una fine. Ma quanti Principi smarriscono la via? Quanti audaci cavalieri finiscono per perdersi nell'intricato gioco dell'amore? Quanti trovano il coraggio di rattoppare uno sbiadito mantello azzurro e riprendere il galoppo?
Una sera d'estate, mano nella mano a tracciare passi invisibili sotto l'occhio attento della luna, dolci baci a suggellare un'amore che sembrava sfidare i limiti dell'eternità, le tue mani che danzavano su di me seguendo il ritmo dell'amore, ed i tuoi occhi che brillavano come diamanti. Una sera d'estate, una notte d'amore che persino il cielo e le sue stelle invidiano, una sera d'estate che mi affretto ad asciugare in una lacrima.
Ho cercato la felicità nel fondo di una bottiglia e ad occhi spenti ho capito che sul fondo c'ero io, ho rovistato invano nelle tasche del tempo cercando di rubare vecchie foto di sorrisi perduti e mai ritrovati. Ho pianto in un angolo al buio chiudendo la porta in faccia al sole stringendo in mano un litro di felicità apparente, fino a non sentir più rumore. Ora so che la felicità non è di questo mondo, cercarla è solo un gioco, nessun vincitore, solo vinti e disillusi.
Vorrei saper scrivere da poeta per metter su carta il dolore e tutto il male che sento, incastrare nelle rime taglienti schegge di me. Vorrei saper cantare ed avere la voce per poterti urlare quanto male hai fatto all'uomo che ti amava tanto, quanto hai bruciato in un solo istante senza pensarci neanche. Vorrei tu fossi qui per guardarmi negli occhi ora e vedere la realtà come la vedo io, sentire l'aria come la sento io.
Urlerai il mio nome in una notte di luna piena, strozzerai il pianto vedendomi volare i cieli che un tempo ci appartenevano, stringerai i pugni e risuoneranno lente le mie parole. Ti chiederai perché, ma non troverai risposta alcuna perché le domande le ho portate via con me, le ho bruciate in un angolo che ricordo appena, le ho affogate in un mare di catrame.
Quando la solitudine diventa rabbia, e le notti diventano eterne ogni mattino è una nuova condanna, ogni respiro è una maledizione. Passa il tempo e lascio indietro la felicità di esserci ancora, cresce il vuoto e crescerà ad ogni luna cui urlerò contro. Corro instabile su invisibili fili, mi aggrappo alle rovine e scopro lividi che ormai non fanno male ma scortano i pensieri lì dove ho sotterrato l'ultimo giorno felice, l'ultimo respiro sensato.
Si può chiamare ancora notte quell'oscuro manto che non ha più luna, quel cielo senza stelle ormai? Si può chiamare ancora rosa quel fiore spoglio e scuro che oscilla stanco al vento? È ancora un uomo quell'uomo che non ha più sogni, che non ha più radici, che non vede più la luce del sole? Quell'uomo che vaga morto nella terra dei vivi, quell'uomo che nelle mani stringe una vita sconclusionata cercando un chiodo cui fissarla?
Nei tuoi occhi ho perduto il senno, ho lasciato nelle tue mani il meglio di me, ho dimenticato sulle tue labbra la parte più dolce di me. Un fulmine a ciel sereno ha squarciato il blu intenso che colorava e profumava il mattino: tu nei tuoi passi lenti, nel dolce ondeggiare a ritmo del vento che ti porti dietro. È stato un soffio di vita, una lama di luce nel buio, è stato meglio di ogni putrido ricordo, meglio di tutti i sogni che di notte soffoco tra le mani, molto più di quanto potessi chiedere, aspettare, sperare. Uno sguardo incrociato, un attimo straziante e poi sei andata via nell'abbraccio che forse meriti. E sono andato via nel baratro che forse merito.
Troppe volte ho lasciato indietro pezzi di me che non ho più ritrovato, troppe volte ho avuto bisogno e non ho saputo chiedere, troppe volte mi ritrovo a rimpiangere treni che non ho preso, vita che non ho vissuto.