Scritta da: Fiorella Cappelli
in Poesie (Poesie vernacolari)
La Strada Mia
La strada è lunga ma er deppiù l'ho fatto
sò dov'arrivo e nun me pijo pena
ciò er core in pace e l'anima serena
der savio che s'ammaschera da matto.
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La strada è lunga ma er deppiù l'ho fatto
sò dov'arrivo e nun me pijo pena
ciò er core in pace e l'anima serena
der savio che s'ammaschera da matto.
Notizzia der momento più aggiornata (°)
è l'acqua che mo esce dar nasone
che pè n'esperimento dè la Reggione
esce fresca, firtrata e già gassata
a Monterotonno già è concertata
l'inizziativa de pijà er fiascone
pè ridurre l'imballi ner rione
perché la Tera... va sarvaguardata!
A Piazza Berlinguer c'è la funtana
che se pavoneggia tutt'affollata
all'Assessore je fà da roffiana
s'encazza la funtana de Marino...
"l'acqua à la spina" è stata'na trovata
ciavrai le bolle, si... ma nun è vino!
T ormentata
R agione
A scolti il
C uore:
U manità si
O ttiene.
R icavato, degno,
E dito,
E merge.
M ente che
E videnzia
N uova speranza.
T eatro la vita,
E sistenza.
Distanze
avvicinano lontani affetti
sospiri spezzano
silenzi perfetti
parole pacate
ad alleviare dolori
pensieri disegnano
forme e colori
restano nell'ombra intense sensazioni
vibrano nel corpo, profonde le emozioni
e dal letargo si sveglia il cuore
abbandonato nel suo torpore
e nella vana speranza di tornare ad amare...
si clonano sogni da regalare!
Non ti è mai riuscita bene, la crostata...
Ma molte altre cose, si.
La trovavo dura.
Troppa farina
Poco burro
Poca marmellata
Non ti è riuscita mai bene, la crostata...
Ma il suo profumo ci radunava in cucina,
ci radunava intorno a te.
Tutti e quattro.
Il fondo era sempre un po' bruciato...
l'odore intenso, dolce... persiste ancora
"Nel latte, si ammorbidisce", dicevi, "è più buona"
Era una crostata per il latte.
Era vero.
Quando la faccio io, ora, nel latte si frantuma.
La mia, non è adatta. Non è una crostata per il latte.
Sapevi fare tante cose
Sapevi fare tutto
Ma non ti è mai riuscita bene, la crostata...
Non so cosa darei...
Per assaggiarla ancora, quella crostata... Mamma.
Vedenno er monumento, ch'è imponente
er Campidojo che legava er core,
pare che se risveji ne la mente,
un sogno bello, un parpito d'amore
Qui s'affacciava er "duce" qui la gente
veniva a dà l'incenso ar dittatore,
qui sta seporto un poro Combattente
Ignoto a tutti meno che ar Signore.
St'Ignoto, p'evità una nova guera,
chiede giustizia all'Egoismo ingrato
e prega Dio che illumini la tera.
E Palazzo Venezzia a mano dritta
se guarda intorno muto e sconsolato
come un gigante doppo la sconfitta.
Era d'agosto e un povero uccelletto
ferito dalla fionda di un maschietto
s'anniede a riposà con l'ala offesa
in su la finestra di una Chiesa.
Da le finestre del confessionale
un prete intese e vide l'animale,
ma dato che da fori
aspettavan molti peccatori
richiuse le tende immantinente
e s'ammise a confessà la gente.
Ner mentre che la massa di persone
devotamente diceva l'orazione,
senza guardà pe niente l'uccelletto
n'omo lo prese e se lo mise in petto.
Allora nella chiesa se sentì
un lungo cinguettio: "Ci! Ci! Ci!"
Er prete a risentenno l'animale
lasciò di colpo er confessionale
e poi nel nero che sembrava pece,
s'arrampicò sul pulpito e li fece:
"Fratelli! Chi ha l'uccello per favore,
vada fori dalla casa del Signore"
Li maschi, tutti quanti in una volta
s'arzarono p'annà verso la porta.
Ma er prete a stò sbajo madornale
strillo: "Fermi, me sò espresso male!
Rientrate tutti e stateme a sentì:
chi ha preso l'uccello deve uscì!"
A testa bassa con le corone in mano
le donne s'arzarono pian piano
ma mentre s'andavano de fora
er prete urlò: "Ho sbajato ancora!
Rientrate tutte quante figlie amate
che io non volevo dì quer che pensate.
Io vò detto e vè ritorno a dì
che chi prese l'uccello deve uscì,
ma io lo dico a voce chiara e tesa
a chi l'uccello l'abbia preso in Chiesa!"
Le monache s'arzaron tutte quante
e poi col viso pieno di rossore
lasciarono la casa del signore.
Si pasce di se il fiume, bruca
serpeggiando
le sue
quasi essiccate sgorature,
visita
le sue
quasi aride pozzanghere,
si trascina ai suoi già putridi ristagni
finche, poco più oltre
un poco lo confortano
misteriosi trasudamenti,
lo irrorano frescure,
umori, vene
dal più profondo
del suo cuore sotterraneo
ed eccolo
rinasce esso dalle secche,
ora, si lascia dietro la sassaia
della sua quasi estinzione
per il suo nuovo cammino -
si muove verso se stesso il fiume,
si sposta dentro il suo cangiante bruco
ed entra, fiume nuovo
uscito dalle sue ceneri
nei luoghi dove opera
la primavera e non c'è
fiore né gemma, non c'è ancora
ma c'è quella radiosa incandescenza
di luce e opacità nel bianco dell'aria,
c'è, ed ecco si diffonde, quella trepidante animula
e quel chiaro sopra la linea degli alberi,
quel già più festoso scintillamento delle acque.
C'è tutto "quello". E c'è
lui fiume,
ne vibra intimamente
il senso. C'è questo, c'è prodigiosamente.
No desatarme todavia...
Dejas que el aire
acaricie el tejido de cada mi fibra
La luz me envuelve, violenta
luego suave
Oscilo...
si pienso de estar atada
apretada, agarrada
Viento que desata
arrastrame suavemente
bajo su mirada
regalame un momento
por emocionar.
Un cuore rosso, tra le mani
è ciò che posso offrire
abbine cura
Ha bisogno d'amore
Non nutrirlo di vane speranze
La sua preziosità è immensa
è un forziere di emozioni:
Sogni di diamanti
Battiti d'ali argentate
Perle di lacrime
Gemme di respiri.
Non lasciarlo mai solo
Non fartelo rubare
Lo affido a te
affinché, insieme al tuo
ci indichi la strada
dove far arrivare
tutta questa nostra ricchezza.