Le migliori poesie inserite da Violina Sirola

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Scritta da: Violina Sirola

Fumetto Divino

La Storia: trastullo
divino tra le righe disegno
la battaglia
navale nei quadretti
orizzontale - verticale
chiamo: C - 7
- affondato!
Guerra

Nel gioco serio
non si placa l'ira
- Iradiddio - un gioco
antico a tre: eroe mutante
eterno infedele, prestanome
di Dio - perfetta quadratura col Maligno -
fuorilegge Dio...

Nel divenire eternamente uguale Dio ha noia
il Fumetto Nuovo non ha l'IRA.
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    Scritta da: Violina Sirola

    Inno al giudice

    I galeotti vogano per il Mar Rosso
    spingendo a fatica la galera;
    il rugghio copre lo stridio dei ceppi
    strillano, Perù la loro patria.

    I Peruviani ricordano il Perù
    un paradiso, c'erano uccelli, danze
    donne e su ghirlande di fiori d'arancio
    crescevano al cielo i baobab
    .
    Banane, ananassi! Un mucchio di gioie!
    Vino in vasellame conservato...
    Ma ecco, chissà perché e da dove
    i giudici giunsero in Perù!

    E disposero un cerchio di commi
    per ingabbiare uccelli e Peruviane.
    Gli occhi del giudice sono barattoli di latta
    che scintillano in un mondezzaio.

    Capitò un pavone blu-ranciato
    sotto il suo occhio severo come il digiuno,
    e scolorì sull'istante la magnifica
    coda di pavone!

    In Perù volavano per la prateria
    certi uccellini detti colibrì;
    il giudice ne prese uno e il pelame e le piume
    rase al povero colibrì.

    Adesso, nemmeno in una sola valle
    vi sono vulcani fumanti.
    Il giudice ha scritto su ogni valle:
    "Valle per non fumatori".

    In Perù persino i miei versi
    sono proibiti, su minaccia di torture.
    Il giudice ha stabilito che "quelli in vendita
    sono bevanda alcolica".

    L'Equatore freme al tintinnio dei ceppi.
    Il Perù è vuoto di uccelli e di uomini...
    Vi abitano soltanto i giudici depressi,
    rannicchiati con astio sotto i codici.

    Eppure, sapete, fa pena il Peruviano.
    Senza ragione gli han dato la galera.
    I giudici disturbano gli uccelli e le danze,
    e me e voi e il Perù.
    Composta nel 1915
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      Scritta da: Violina Sirola

      La beffa per ovviare al danno

      Era così intenso il verde
      prato, da non stingere al sole.
      Vi abitava Pecora Nera, dai bianchi
      suoi vicini l'erba non c'era.

      Viro-silente, capo branco
      bianco, in una notte di luna piena
      tenne consiglio rapido e astuto:
      "i nostri figli ormai sono stremati
      cadono i denti ruminando a vuoto.
      L'erba ci fugge, noi la raggiungiamo".

      Una nuvola, densa
      di sospiri, coprì la bianca
      luna; fu buio pesto nel sordo
      ruminare.

      Stava Martino in mezzo al prato
      verde, sognava una dolce
      agnellina. Viro-silente, rapido
      all'istante, prese la preda e
      corse dai compagni
      saziati, a sbafo, con l'erba del vicino.

      "Amici miei, dobbiamo
      ringraziare il nostro
      Dio. Offriamo in sacrificio
      questo agnello".

      Così Martino, dal nero
      mantello, bruciò senza pietà
      nella fornace; il fumo della legna
      ancora verde, intriso dell'odore
      di bruciato, salì nel cielo e si dispose attorno
      la faccia tonda della luna piena.

      Pecora Nera, quando fu mattino,
      si accorse che non c'era il suo
      Martino. La rabbia in corpo, colore
      della pelle, decise di recarsi dai vicini.

      Viro-silente non era ancora sazio
      brucava l'erba in sogno; fu interrotto
      da un belato, straziante e senza fine. Pensò
      alla beffa, per ovviare al danno
      prese dal gregge, suo, un agnellino
      gli tinse col tizzone il bianco vello

      "Vedi quel cactus - disse il gran
      montone - unica pianta nell'arida
      valle, ha protetto dai lupi
      il tuo Martino".

      Una nuvola, gravida
      d'inganno, uno scroscio di pioggia
      aprì all'istante, lavando il nero
      fumo al vello bianco.

      Viro-silente non perse l'occasione
      mise il timbro solenne e
      sentenziò: "Miracolo!
      Per trovarlo al buio della notte
      occorreva fosse bianco
      il tuo Martino".

      Da quel giorno, Pecora nera
      non mangiò che "fogli"
      lo spazio verde fu arso dal sole.
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        Scritta da: Violina Sirola

        Pisci frischi 'i lampari

        Scuru 'ncielu scuru a mari
        'nci su sulu i lampari.

        Cala a rizza, tira forte
        'u diavulu ni porta.

        Acqua e vientu, jè tempesta
        Sa' Franciscu mù l'arresta.

        Cu mantiellu l'arravoglia
        'u diavulu s'imbroglia.

        Supra 'u mari va

        la varca c'u marinaru

        i lampari su' i stilli caduti a mari.

        Scuru 'ncielu, scuru a mari
        nu' si vidunu i marinari.

        Malanova, vientu ed acqua
        'u diavulu ni sracqua.

        Jesce a luna – cum'è janka! 'U diavulu

        si spagna; stannu i stilli 'ntra la rizza

        l'ha piscati 'u marinaru

        "Pisci frischi 'i lampari: vope, alìci, angiòle e
        juri 'i mari".


        Buio in cielo, buio a mare
        ci sono, solo, le lampare.

        Cala la rete, tira forte
        il diavolo ci porta.

        Acqua e vento, è tempesta
        San Francesco ora l'arresta.

        Col mantello la raccoglie
        il diavolo s' imbroglia.

        Sopra il mare va la barca e il marinaio, le lampare
        sono le stelle cadute a mare

        Buio in cielo, buio a mare
        non si vedono i marinai.

        Acqua e vento, brutte nuove
        Il diavolo ci manda fuori.

        Esce la luna – com'è bianca! Il diavolo
        ha paura; sono le stelle nella rete
        l'ha pescate il marinaio.

        Pesci freschi di lampara: vope, alìci, angiòle e
        fiori di mare.
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