Lacrime di fuoco
verserà il cielo finché fumo
uscirà dal marciume.
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Lacrime di fuoco
verserà il cielo finché fumo
uscirà dal marciume.
La Storia: trastullo
divino tra le righe disegno
la battaglia
navale nei quadretti
orizzontale - verticale
chiamo: C - 7
- affondato!
Guerra
Nel gioco serio
non si placa l'ira
- Iradiddio - un gioco
antico a tre: eroe mutante
eterno infedele, prestanome
di Dio - perfetta quadratura col Maligno -
fuorilegge Dio...
Nel divenire eternamente uguale Dio ha noia
il Fumetto Nuovo non ha l'IRA.
I galeotti vogano per il Mar Rosso
spingendo a fatica la galera;
il rugghio copre lo stridio dei ceppi
strillano, Perù la loro patria.
I Peruviani ricordano il Perù
un paradiso, c'erano uccelli, danze
donne e su ghirlande di fiori d'arancio
crescevano al cielo i baobab
.
Banane, ananassi! Un mucchio di gioie!
Vino in vasellame conservato...
Ma ecco, chissà perché e da dove
i giudici giunsero in Perù!
E disposero un cerchio di commi
per ingabbiare uccelli e Peruviane.
Gli occhi del giudice sono barattoli di latta
che scintillano in un mondezzaio.
Capitò un pavone blu-ranciato
sotto il suo occhio severo come il digiuno,
e scolorì sull'istante la magnifica
coda di pavone!
In Perù volavano per la prateria
certi uccellini detti colibrì;
il giudice ne prese uno e il pelame e le piume
rase al povero colibrì.
Adesso, nemmeno in una sola valle
vi sono vulcani fumanti.
Il giudice ha scritto su ogni valle:
"Valle per non fumatori".
In Perù persino i miei versi
sono proibiti, su minaccia di torture.
Il giudice ha stabilito che "quelli in vendita
sono bevanda alcolica".
L'Equatore freme al tintinnio dei ceppi.
Il Perù è vuoto di uccelli e di uomini...
Vi abitano soltanto i giudici depressi,
rannicchiati con astio sotto i codici.
Eppure, sapete, fa pena il Peruviano.
Senza ragione gli han dato la galera.
I giudici disturbano gli uccelli e le danze,
e me e voi e il Perù.
La rondine non
è tornata al nido.
È primavera?
Il sangue
non è rosso
se si aggruma
è blu quando prendi
una botta si diventa viola
poi si forma l'alone e
non si vede più.
Il papavero rosso
scriveva sulla luna
EVVIVA IL TRICOLORE
ma un pappagallo in verde
l'ammonì: - Quando sarai secco
cambierai colore. E la luna sbiancò.
Era così intenso il verde
prato, da non stingere al sole.
Vi abitava Pecora Nera, dai bianchi
suoi vicini l'erba non c'era.
Viro-silente, capo branco
bianco, in una notte di luna piena
tenne consiglio rapido e astuto:
"i nostri figli ormai sono stremati
cadono i denti ruminando a vuoto.
L'erba ci fugge, noi la raggiungiamo".
Una nuvola, densa
di sospiri, coprì la bianca
luna; fu buio pesto nel sordo
ruminare.
Stava Martino in mezzo al prato
verde, sognava una dolce
agnellina. Viro-silente, rapido
all'istante, prese la preda e
corse dai compagni
saziati, a sbafo, con l'erba del vicino.
"Amici miei, dobbiamo
ringraziare il nostro
Dio. Offriamo in sacrificio
questo agnello".
Così Martino, dal nero
mantello, bruciò senza pietà
nella fornace; il fumo della legna
ancora verde, intriso dell'odore
di bruciato, salì nel cielo e si dispose attorno
la faccia tonda della luna piena.
Pecora Nera, quando fu mattino,
si accorse che non c'era il suo
Martino. La rabbia in corpo, colore
della pelle, decise di recarsi dai vicini.
Viro-silente non era ancora sazio
brucava l'erba in sogno; fu interrotto
da un belato, straziante e senza fine. Pensò
alla beffa, per ovviare al danno
prese dal gregge, suo, un agnellino
gli tinse col tizzone il bianco vello
"Vedi quel cactus - disse il gran
montone - unica pianta nell'arida
valle, ha protetto dai lupi
il tuo Martino".
Una nuvola, gravida
d'inganno, uno scroscio di pioggia
aprì all'istante, lavando il nero
fumo al vello bianco.
Viro-silente non perse l'occasione
mise il timbro solenne e
sentenziò: "Miracolo!
Per trovarlo al buio della notte
occorreva fosse bianco
il tuo Martino".
Da quel giorno, Pecora nera
non mangiò che "fogli"
lo spazio verde fu arso dal sole.
Il patos è nella voce, il suono
esce stonato. Non vibrano le corde
davanti è il precipizio.
La divisa è perfetta! Tingiamola
rossa: rosso cardinale o
rosso sangue, sceso
nel calice
di Cristo.
Scuru 'ncielu scuru a mari
'nci su sulu i lampari.
Cala a rizza, tira forte
'u diavulu ni porta.
Acqua e vientu, jè tempesta
Sa' Franciscu mù l'arresta.
Cu mantiellu l'arravoglia
'u diavulu s'imbroglia.
Supra 'u mari va
la varca c'u marinaru
i lampari su' i stilli caduti a mari.
Scuru 'ncielu, scuru a mari
nu' si vidunu i marinari.
Malanova, vientu ed acqua
'u diavulu ni sracqua.
Jesce a luna – cum'è janka! 'U diavulu
si spagna; stannu i stilli 'ntra la rizza
l'ha piscati 'u marinaru
"Pisci frischi 'i lampari: vope, alìci, angiòle e
juri 'i mari".
Buio in cielo, buio a mare
ci sono, solo, le lampare.
Cala la rete, tira forte
il diavolo ci porta.
Acqua e vento, è tempesta
San Francesco ora l'arresta.
Col mantello la raccoglie
il diavolo s' imbroglia.
Sopra il mare va la barca e il marinaio, le lampare
sono le stelle cadute a mare
Buio in cielo, buio a mare
non si vedono i marinai.
Acqua e vento, brutte nuove
Il diavolo ci manda fuori.
Esce la luna – com'è bianca! Il diavolo
ha paura; sono le stelle nella rete
l'ha pescate il marinaio.
Pesci freschi di lampara: vope, alìci, angiòle e
fiori di mare.
Sono fiaccole intorno, il canto
sublime. I cuscini sull'erba
i fanciulli nel fiume.
Schizzi d'acqua
è frescura.
Baci colmi d'amore
ed è tutto
canoro.
Sulle ali del vento
il candore
fuga ombre
di oscure parole
proiettate
su nidi di bimbi
adagiati tra piume.
I sorrisi smaglianti
le mani
sono lacci
d'amore.
Un messaggio d'amore
per testimoni di Dio.
Un messaggio di martiri
per la memoria.
Un messaggio di odio
per spettatori inermi
maturato all'ombra
dell'invidia.