Le migliori poesie inserite da Gabriella Stigliano

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Scritta da: Gabriella Stigliano

Imitazione della gioia

Dove gli alberi ancora
abbandonata più fanno la sera,
come indolente
è svanito l'ultimo tuo passo
che appare appena il fiore
sui tigli e insiste alla sua sorte.

Una ragione cerchi agli affetti,
provi il silenzio nella tua vita.

Altra ventura a me rivela
il tempo specchiato. Addolora
come la morte, bellezza ormai
in altri volti fulminea.
Perduto ho ogni cosa innocente,
anche in questa voce, superstite
a imitare la gioia.
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    Scritta da: Gabriella Stigliano
    Il mio canto ha deposto ogni artificio.
    Non sfoggia splendide vesti
    né ornamenti fastosi:
    non farebbero che separarci
    l'uno dall'altro, e il loro clamore
    coprirebbe quello che sussurri.

    La mia vanità di poeta
    alla tua vista muore di vergogna.
    O sommo poeta,
    mi sono seduto ai tuoi piedi.
    Voglio rendere semplice e schietta
    tutta la mia vita,
    come un flauto di canna
    che tu possa riempire di musica.
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      Scritta da: Gabriella Stigliano
      Al mattino gettai la mia rete nel mare.
      Trassi dall'oscuro abisso cose di strano
      aspetto e di strana bellezza -
      alcune brillavano come un sorriso,
      alcune luccicavano come lacrime,
      e alcune erano rosee
      come le guance d'una sposa.
      Quando, alla fine del giorno,
      tornai a casa con il mio bottino,
      il mio amore sedeva nel giardino
      sfogliando oziosamente un fiore.
      Esitante deposi ai, suoi piedi
      tutto quello che avevo pescato.

      Lei guardò distrattamente e disse:
      "Che strani oggetti sono questi?
      Non capisco a che possano servire".
      Chinai il capo, vergognoso, pensando:
      "Non ho lottato per conquistarli,
      non li ho comperati al mercato;
      non sono doni degni di lei".
      E per tutta la notte li gettai
      a uno a uno sulla strada.
      Al mattino vennero dei viaggiatori;
      li raccolsero e li portarono
      in paesi lontani.
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        Scritta da: Gabriella Stigliano
        Agglutinati all'oggi
        I giorni del passato
        E gli altri che verranno,

        Per anni e lungo secoli
        Ogni mattino sorpresa
        Nel sapere che ancora siamo in vita,
        Che scorre sempre come sempre il vivere,
        Dono e pena inattesi
        Nel turbinio continuo
        Dei vani mutamenti.

        Tale per nostra sorte
        Il viaggio che proseguo,
        In un battibaleno
        Esumando, inventando
        Da capo a fondo il tempo,
        Profugo come gli altri
        Che furono, che sono, che saranno.
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          Scritta da: Gabriella Stigliano

          L'angelo

          Sognai un sogno! Che vorrà mai dire?
          Regina ero, e vergine,
          guardata da un buon angelo:
          pena senza perché mai non s'inganna!

          Piangevo notte e giorno le mie lacrime,
          e lui me le asciugava;
          giorno e notte piangevo
          celandogli la gioia del mio cuore.

          Così sulle sue ali volò via;
          il mattino arrossì;
          io il pianto mi asciugai,
          e i miei timori armai di scudi e lance.

          Egli presto tornò: mai mi ero armata,
          così che tornò invano;
          gioventù era passata,
          e grigie chiome stavan sul mio capo.
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            Scritta da: Gabriella Stigliano

            La campana della sera

            Fuggiva la barca sull'onda fuggitiva;
            la notte allungandosi in pacifica sera
            alla luna in cielo pallida, meditativa,
            fornica un dolce riparo nel suo abito nero;

            Nella brumosa lontananza una campana lamentosa
            sospira il pio suono dal campanile del maniero;
            scorre all'orecchio attento il santo rumore,
            come un'ombra che a tratti l'occhio crede d'intravedere;

            Alla devota voce la docile navicella
            sull'onda fremente s'arresta, vacilla,
            e sul flutto dormente, senza svegliarlo, s'assopisce;

            Mosso il nocchiero da una mano rude e degna
            curva la fronte rugosa, devoto si degna,
            e riprende la barca verso il porto il cammino.
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              Scritta da: Gabriella Stigliano
              Destandomi all'alba ho trovato la sua lettera.
              Non so che dica, perché leggere non so.
              Lascerò il savio, solo cò suoi libri, senza
              turbarlo: chi sa mai s'egli possa leggervi dentro?

              Io me la vò posare sulla fronte, io me
              la vò premere sul cuore.
              Quando la notte placida s'inoltr e sorgano
              le stelle ad una ad una, io me la spiegherò
              sul grembo, e rimarrò in silenzio.
              Ad alta voce me la leggeranno stormendo le foglie,
              me la intonerà la correntìa
              del torrente, e le sette stelle veggenti me
              la canteranno dal cielo.

              Non riesco a trovare quel che cerco;
              non posso comprendere ciò che sapere vorrei;
              ma questo messaggio non letto mi ha già reso
              più lieve ed ha cambiato in cantici i miei pensieri.
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                Scritta da: Gabriella Stigliano

                Il profeta

                In un cupo deserto io vagavo
                dalla sete dello spirito oppresso,
                ed ecco un serafino con sei ali
                mi apparve ad un tratto da presso.
                Lieve come un sogno si avvicinò
                e gli occhi stanchi mi sfiorò.
                Si aprirono le profetiche pupille
                come alle aquile impaurite.
                Poi toccò le mie orecchie,
                e di suoni esse furono empite:
                e vidi in alto degli angeli il volo
                e udii il cielo che fremeva,
                e scorsi il moto delle serpi marine
                e il vinco delle valli che cresceva.
                Poi si accostò alla mia bocca,
                strappò la mia lingua veemente,
                ma frivola, vuota e maligna,
                e l'aculeo del saggio serpente
                nella mia bocca agghiacciata
                ficcò con la destra sanguigna.
                Poi il petto mi aprì con la spada,
                ne tolse il mio cuore tremante,
                e nel petto aperto egli depose
                un carbone ardente e fiammante.
                Come salma nel deserto giacevo,
                ma la voce divina intendevo:
                "alzati, guarda e ascolta, o profeta,
                fa ciò che ho scritto nella mente,
                percorri terre e mari senza tregua,
                con la parola accendi il cuore della gente".
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                  Scritta da: Gabriella Stigliano

                  Tramonto

                  Cos'altro mai puoi dirmi che io non sappia,
                  vena del sol che sangue dai alla terra,
                  sfilacciar quieto di nebbia rifratta
                  tra l'azzurro del mare e il ciel vermiglio?
                  Quanti tramonti affollano i ricordi,
                  quante lingue di fuoco sulle acque,
                  e tutti si confondono, di notte,
                  quando, calato il sole, chiudi gli occhi.
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