Poesie inserite da G. Venturini

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Scritta da: G. Venturini
Faticano le anime a volare,
si fanno sempre più pesanti
e cadono.

Come alberi affondiamo
le radici della ragione a terra,
mentre le consapevolezze sublimi
avvengono in alto.
Le foglie sottili si tengono strette alla luce,
che avanza tra le zolle nere e umide,
sovrastando il buio profondo
della notte sepolta in noi.
Il vento del tramonto
riflette pensieri di tempi lontani,
voci di tramontana gridano nel silenzio
l'amaro di uno sguardo
chiuso dietro a finestre d'ospedale,
come un fiore rinsecchito
aspetta un raggio di sole.
Uragani in tempesta si affollano
tra le arcate dei cieli,
il frastuono strappa il fardello
appeso alle spalle del mondo.
Cadono le pergole delle certezze,
lottano le mani verso le speranze,
le parole corrotte,
quelle che entrano nella testa
e si spengono ai piedi delle condanne.

C'è una rosa rossa da cogliere
perché non muoia in piena estate.

Con vesti lacere piango assieme
a tanto amore.
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    Scritta da: G. Venturini
    Nuvole di cartapesta in questo cielo di latta,
    poi solo occhi gonfi di sogni delusi dal mattino.
    Anima travolta dalla cecità della gente secca,
    corrosa dall'io supremo.
    Linguaggio insolito in questa Babele senza orecchie
    e braccia senza mani a cui tendere che cosa?
    Un bisturi fa meno male di questo gelo innaturale.
    Corrono gli anni sulle ombre stanche del tramonto,
    rivoli di polvere come vecchie nenie scorrono
    nell'andar del tempo, e per i viali serrati del destino,
    nella luce fioca dei ricordi, appassisce il cuore.
    Il campanile rintocca l'ora dei silenzi,
    il vento sussurra piano parole ancora da scrivere.
    Composta giovedì 10 dicembre 2009
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      Scritta da: G. Venturini

      Sotto il cielo dell'Iraq

      Pupille sbarrate... - i tuoi occhi -
      screpolano chimere
      dietro un vetro tappezzato
      da riflessi di luce,
      stroncano fumi evanescenti
      di una notte lontana,
      diversa da quelle che s'incontrano
      sotto gli edifici calcinosi di Bagdad.
      Arrendevoli spettri si aggrappano
      colmi di spavento, ad anime d'uomo,
      per risalire verso le arcate del cielo,
      e nel bagliore delle stelle
      sentire l'eco della Voce Universale.
      L'Iraq ha strappato l'ultima speranza
      dal cuore, la terra grida alto il sangue versato,
      il nome dei volti perduti.
      Miserie d'argilla ai piedi dei monti,
      fango e famelica cancrena
      spezzano silenzi di anime pellegrine.
      Il respiro è mozzato,
      da uno sforzo di pensieri,
      sfociano parole che cercano amore.
      E tu, vagabondo,
      straniero nella tua stessa terra,
      scandisci ricordi di pace lontana...
      accarezzato dal vento,
      che si solleva in questa oscura notte,
      fra le rovine di Bagdad.
      Composta giovedì 10 dicembre 2009
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        Scritta da: G. Venturini

        Lettere di cielo

        Non posso parlare
        dei misteri del nulla
        e dei silenzi,
        né dei segreti del cielo,
        posso tentare
        di comprenderli
        e di dividerli con te,
        nell'anima,
        in quel ritaglio d'infinito
        laddove ci sentiamo a casa.

        Non ho metri,
        né orologi per capire,
        scrivo con lettere di cielo
        nelle acque scure della notte,
        traccio impronte d'inchiostro,
        così le parole
        non invecchiano mai,
        scritte fanno meno paura.
        Composta giovedì 10 dicembre 2009
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          Scritta da: G. Venturini

          Campane a Venezia

          Le parole sono ponti trasparenti,
          toccano il cuore e la mente,
          l'altra faccia della mia anima.
          Non ci siamo mai parlati
          veramente io e te, a Venezia,
          persi dentro a calli oscurate
          dalle ombre del giorno,
          quando tira il vento freddo
          di tramontana, quando il grigiore
          offusca la luce quotidiana
          e fa sembrare ogni momento
          un lungo crepuscolo.
          I ricordi sono rimasti tra me e lei,
          fitti come la nebbia di notte
          a Santa Lucia. Intimi amanti
          di una passione strappata,
          friabile, solo sognata... distante,
          poi, solo occhi inesistenti.
          Il tempo era scandito
          dalle campane di piazza San Marco,
          da onde e da maree, da mani nude in tasca
          intorpidite dalla nostalgia
          di vedere l'icona d'oro e noi stretti stretti,
          come i tasselli di un mosaico arcano.
          Si sfogliano i molteplici frammenti
          di un istante, di una carezza,
          mentre lente suonano le campane,
          nel tramonto di questa sera
          rosso veneziano.
          Composta giovedì 10 dicembre 2009
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