Le migliori poesie inserite da Iris Vignola

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Scritta da: Iris Vignola

A piedi nudi

A piedi nudi,
al riparo della grotta,
osservo...
il cielo infuriare e
scatenare la sua ira,
mobilitando il vento,
sulla tavola immobile,
nera come pece,
sotto di lui,
che, come fluido specchio,
gli ha sottratto l'identità.
A piedi nudi,
accoccolata su me stessa,
attendo...
che il diluvio cessi,
il vento si calmi,
le nubi si disperdano,
il mare si acquieti,
la luna riappaia
a irradiare la Terra,
effondendo il suo argento.
E ritorni il silenzio,
a regnare sovrano.
A piedi nudi,
sulla rena bagnata,
attendo ancora...
e ancora
il freddo mi pervade,
provocandomi brividi,
inarrestabili
e incontrollabili
che scuotono le membra,
intirizzite,
e fatalmente prostrate.
A piedi nudi,
il mio spirito tormentato
ascolta...
lo sciabordio dell'acqua
accarezzare l'arenile,
dolcemente
e la flebile brezza sussurrare,
nello sfiorare i miei capelli.
A piedi nudi,
perennemente immobile,
la scorgo...
nella semioscurità,
Entità alata,
volgere il capo, riccio,
dissolvendo ogni mio pensiero
e riacutizzando brividi,
di tutt'altro genere,
bensì nessun dubbio mi assalga
che sia demone,
sotto mentite spoglie.
A piedi nudi,
nuovamente sola,
nonché turbata,
avanzo...
come fantasma errante,
lungo la riva,
deserta,
bramando le sue orme,
che il mare,
venerante,
non ha dissacrato,
su cui, ad occhi chiusi,
impregnandomi di pace,
poso i miei piedi...
nudi.
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    Scritta da: Iris Vignola

    Acqua

    Acqua...
    ... Da natia sorgente, sgorghi,
    fra anfratti di roccia scalfiti,
    scrosci...
    Di artico fluido, ti vesti...
    spandendo invitanti fruscii,
    che, ad argentine e antiche risa,
    di giubilanti pargoli,
    riporti...
    Verso te... inchinata...
    ... Invoco...
    per grazia...
    Riempi l'immacolate mani,
    che devastante dolor, mai arrecarono,
    racchiuse, or ora,
    come caldo, concavo scrigno
    e compiaci
    l'assetata mia bocca,
    di voluttuosi baci, anelante,
    che, di te, si sollazza...
    ... Fitta cascata, irrompi,
    tra rocce e sassi, tuffasi,
    come vitale fonte,
    con zampillante balzo,
    in suggestiva pozza,
    da leggiadre ninfe, abitata,
    che, tu medesima, hai plasmato...
    Di cristallino manto, ti vesti...
    Ignuda... a te, protesa...
    ... Invoco...
    per grazia...
    Purifica, con salubre dolcezza,
    il languido mio corpo,
    come, pietosa,
    laveresti via mortal peccato,
    se, di Divino Assenso,
    fossi rivestita
    e carezzane l'infuocate membra,
    d'ardente desiderio, possedute,
    cosicché spegnerne il tormento,
    come spegneresti fuoco,
    divampante...
    ... Turchese mare, ti riveli,
    tra cielo e Terra,
    pulsante e vivo,
    di salina e amara linfa intriso,
    seppur, con carisma, generato.
    Nel tuo sconfinato impero,
    che, ognor dominante,
    invincibile, si erge...
    di bramante trionfo, ti vesti...
    Sconfitta... a te, arrendevole...
    ... Invoco...
    per grazia...
    Conducimi con te,
    per il sommerso spazio,
    tra varia e variopinta fauna,
    vermigli coralli e, di alghe, distese,
    onde, alla chimerica Atlantide, approdare,
    di aitanti fauni e lusinghiere sirene,
    segrete parvenze, scoprire,
    acciocché, dallo straziante vivere,
    sull'effimera terra,
    fattosi, anzitempo, mesto sopravvivere,
    fuggire e cercar rifugio.
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      Scritta da: Iris Vignola

      La danza dei colori

      Grigio assoluto, nel nascente mattino...
      Tenebra oscura, nel pieno del giorno...
      Di neutro colore, il mondo mio si è appropriato,
      rispecchiante le spente tinte
      di cui si pregna il mesto silenzio...
      Tetra spirale, carpente lo spirito avvilito,
      già, da mera solitudine, circuito...
      Ma... per incanto... di colori, un'esplosione,
      intorno e dentro me...
      nello scoprire il tuo sorriso
      che, d'improvviso,
      da spira carceriera, mi ha strappata,
      disgregatasi all'istante, magicamente.
      L'avvolgente magia, che nasce dall'amore,
      che colora la mia vita
      e fa risplendere, per me, il sole...
      di oro, splendente, infervorante la Terra
      che gli si concede,
      sua anima gemella...
      Di conseguenza, il verde dei prati, accende,
      come, dei fiori, i pigmenti
      e, dell'acqua marina, il blu turchino,
      sottratto al cielo, in un saccheggio continuo.
      Rosso passione colora le mie labbra,
      quando, alle tue, si avvicinano,
      in un bacio divino
      che, la nostra anima, trascina in volo
      sull'iridescente arcobaleno,
      dove, la danza dei colori ci attira,
      dai policromatici toni, di cui ci inebriamo,
      attendendo la notte
      e lo spuntare della luna...
      che, giunta, imperturbabile, ci scruta,
      forse fingendo,
      visto che pare sorriderci...
      quando ci inonda d'argento.
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        Scritta da: Iris Vignola

        La grotta dell'angelo

        Moltitudine di anime,
        nella vasta grotta,
        ascoltano,
        in silenzio,
        la parola del Signore
        e pregano.
        Lo sguardo sorvola
        tutt'intorno,
        nella sacralità del luogo,
        mentre l'emozione
        cattura la gola
        e gocce salate,
        trasparenti,
        luccicanti
        come cristalli,
        sgorgano
        dagli angoli degli occhi,
        scivolando giù,
        lungo le guance,
        inarrestabili.
        Le mani si congiungono
        per una silenziosa preghiera,
        intanto che la mente corre,
        a ritroso nel tempo,
        immaginando il toro,
        immobile,
        nel rifugio precario
        e la freccia scagliata
        dalla mano infuriata,
        tornata,
        come un boomerang,
        a colpire il mandante,
        in quella grotta
        tra le tante,
        in una zona impervia
        e incontaminata.
        Ancora pura.
        La grotta
        prescelta dall'Angelo,
        consacrata
        dalla Sua stessa presenza
        eterea,
        celestiale,
        paradisiaca.
        La grotta in cui Michele,
        Arcangelo di Luce,
        Agguerrito Capo
        delle Guarnigioni Angeliche,
        Intrepido Vincitore
        di orde di angeli del male,
        ha salvato l'animale
        ed è apparso,
        Messaggero proveniente
        dalla Dimensione Divina,
        su quest'angolo di mondo,
        a dare prova di sé
        e del Suo Mondo,
        Eterno,
        Perfetto,
        Immutabile.
        I miei piedi
        calcano la terra
        che hai calcato
        Tu
        e, per questo,
        il mio cuore esulta.
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          Scritta da: Iris Vignola

          I riflessi dell'anima

          I riflessi, dell'anima mia,
          sfaccettature, inestinguibili e variegate,
          da dissacrante metamorfosi, non intaccate,
          che induce il corpo mio, come petalo sfiorito,
          a morire e, alla polvere, tornare,
          per il destino, di ognuno, già scritto, al principio.
          Riflessi di luce,
          tonalità di colori mutanti
          e rispecchianti emozioni, sensazioni,
          di ogni momento dell'effimera vita,
          che, l'essere, empiono, attraverso la spoglia...
          Quand'esso ama e, l'anima che, di ardore, si nutre,
          di dolcezza, di candore e di eterno amore,
          l'ebbrezza passionale, fa volare,
          liberamente, oltre la materia,
          vagando, lucente rubino, per lo spazio smisurato,
          a lambire la luna, che la guarda attonita
          e a toccare le stelle, del cielo, splendenti sorelle...
          Quand'esso canta, incitandola a viaggiare
          tra terra, sorvolando città, aguzzi monti, correnti fiumi,
          ameni laghi, verdi prati, di fiori, cosparsi, d'estasi profumati...
          e mare, distesa fluida ed infinita, come il cielo, d'azzurro, colorata,
          su cui, l'anima, rapita, si fa turchina, specchiandosi, inebriata...
          Quand'esso soffre, espandendo il suo dolore,
          fino a travolgerla, per ciò che riserva la vita,
          nel buio opprimente si rifugia, di cui assume l'oscuro colore,
          anima in pena, miseramente smarrita.
          Riflessi d'anima pulsante, di luce, rifulgente,
          governatrice del vitale mio cosmo,
          creato e plasmato dal Sempiterno Artista,
          particella, seppur infinitesimale, integrante,
          di quello universale e sconfinato...
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            Scritta da: Iris Vignola

            Cicala e formica

            Un bel dì la formica laboriosa,
            affaticata dalla calura estiva,
            incontrò una cicala canterina
            che, felice del suo canto esasperante,
            strimpellava una chitarra assai grande.
            Stanca e mogia la formica
            s'apprestava a rincasare,
            col suo carico di roba da mangiare,
            prevedendo un sì lungo rigore invernale
            e lo scarseggiar del cibo
            sul terreno ricoperto dalla neve.
            Uno sguardo sorvolò quella cicala,
            che suonava e cantava a più non posso,
            sotto un pioppo, al riparo delle fronde,
            a godersi ampiamente la frescura.
            "Lascia stare di sudare e camminare,
            vieni qui vicino a me, t'insegnerò a cantare":
            "Canta, canta, che l'inverno è alle porte,
            suona e canta quel tuo canto petulante,
            poi non starti a lamentare,
            se la pancia resta vuota, senza nulla da mangiare".
            Replicò la formica, alquanto risentita.
            E il gelo venne infine molto presto,
            a rivestir la terra d'un candido mantello.
            La formica se ne stava nella tana,
            al calduccio, con la scorta di provviste,
            a svernare, in attesa del bel sole.
            La cicala canterina,
            non cantava dalla sera alla mattina,
            visto che la pancia vuota
            reclamava e borbottava perlomeno una cena.
            Ma, ahimè, senza esser previdente,
            nulla aveva messo in serbo,
            in attesa dell'inverno così freddo.
            Triste e in pena, chiese aiuto alla formica,
            che da ospite la prese, per saziare la sua fame,
            poi un consiglio elargire,
            affinché smettesse un poco di frinire
            e più saggia, in futuro, divenire.
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              Scritta da: Iris Vignola

              Chi sei tu?

              Nel letto di dolore, tra spasmi e sofferenze,
              immobile e preda inerme d'un fato atroce,
              ti chiedi cos'hai fatto per meritare un simile castigo.
              In questa tua esistenza, forse hai errato troppe volte,
              oppur sei qui a scontar pene per tue vite vissute,
              in altro tempo e in altro spazio, di cui non hai ricordo.
              Una folle realtà ti vuole disarmato e senza scudo di difesa,
              affinché la vita, vile carceriera,
              ti releghi in questo corpo sì stanco e martoriato,
              privo di alcun libero arbitrio per gridare basta,
              dacché la voce manca
              e gli occhi chiusi o fissi non possono parlare.
              Muto e inerte, pari incosciente, in quel triste sudario,
              forse lo sei, o forse sei tra noi,
              presente ed impotente a farti udire,
              da noi che, limitati, non sappiamo percepire
              l'urlo straziante che irrompe in te e, lì, muore.
              Chi sei tu, adesso?
              Pensi, riflettendo la tua immagine come in uno specchio,
              piangendo su te stesso e su quell'amaro, mortal destino.
              Ti senti affievolire come flebile fiammella sul punto di smorzarsi.
              La vita ti ha deluso e incarcerato in quest'insana spoglia,
              il cui spirito pretende d'esser libero di scegliere
              se continuar a vivere, se vita si può dire,
              o librarsi in volo per divenire anima immortale,
              in una dimensione astratta e congeniale
              ad apportare aiuto ad altri nel tuo stato
              e a custodire chi abbisogna di conforto,
              libero, uscito da quel corpo che non sentivi tuo,
              pianto da chi non sa che or ora sei felice.
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                Scritta da: Iris Vignola

                Una rosa fra le mani

                Dal cielo, fredde lacrime
                digradano, su di me,
                quali amorevoli carezze,
                lungamente attese,
                di materne mani,
                che, le guance, inondano
                e, ad altre,
                dal salato sapore
                e dal tenue calore,
                si confondono,
                scivolando giù,
                fino a dissolversi
                nell'acquitrinosa pozza,
                di cui, il viaggio va ad iniziare,
                per lo stretto canale,
                indi, al grigio fiume fluire,
                onde sfociare nell'impetuoso mare,
                dove, del mio pianto, il sale
                a quel marino, far unire.
                Languida rosa, fra le mie mani,
                che, nelle tue, avrei posato,
                mia dolce sposa.
                Sussurrato, ogni suo petalo, ti avrebbe
                il mio amore,
                che tu pensavi smarrito, per errore,
                bensì, con la morte, non ti abbia tradito.
                come, all'inverso, hai fatto tu,
                che l'hai bramata, cercata, trovata
                e, con lei, sei partita,
                senza me, meschino,
                per un'altra vita
                lasciandomi qui, solo,
                confuso e affranto,
                col rimpianto di non esser morto,
                avanti a te,
                dacché, in Ciel, ti avrei accolto,
                con questa rosa fra le mani,
                che sfiorirà
                prima di domani.
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                  Scritta da: Iris Vignola

                  Il silenzio degli innocenti

                  Silenzio, nella verde valle ridente,
                  in cui la natura,
                  in quell'aurora radiosa,
                  è ancora, nel sonno, assopita.
                  Echi improvvisi la invadono,
                  poi disperdendosi,
                  nell'ossigenante aria,
                  testè fattasi frizzante.
                  Echi di urla strazianti,
                  di belati stridenti,
                  contrastanti nel perfetto scenario
                  del giorno nascente.
                  Echi di sofferenza,
                  occhi saturi di doloroso languore,
                  delle vittime designate, tenere carni al macello,
                  brutalmente trascinate.
                  Sangue, dissacrante,
                  colora la terra di purpureo rosso
                  e l'odore di morte prevarica,
                  ad oltranza,
                  dei fiori, la fragranza.
                  Poi torna il silenzio,
                  a regnare con clemenza,
                  donando, della pace,
                  solamente la parvenza,
                  nella valle, tutt'intorno.
                  Il silenzio di creature innocenti.
                  Il silenzio delle vittime dell'uomo.
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                    Scritta da: Iris Vignola

                    Un'altra alba verrà

                    Nascondendomi nel sonno,
                    m'hai trovata, nel mio sogno,
                    m'hai baciata e accarezzata,
                    sussurrandomi "Mia amata"
                    e donandomi una rosa...
                    L'alba uggiosa del risveglio,
                    abbracciata dalla nebbia,
                    ha portato solo lacrime di pianto
                    sotto il cielo, gonfio e grigio,
                    riversante fitte gocce d'acqua dolce,
                    che han lavato il mio viso addolorato,
                    trascinandone via, del sale, il gusto acidulo ed amaro.
                    Rosa, rossa o rosa che tu sia,
                    pegno d'amore,
                    spine aguzze han trafitto questo cuore,
                    già invero sanguinante.
                    D'improvviso, ecco un raggio farsi strada
                    e squarciare nubi oscure, all'orizzonte.
                    Il pensiero vola alto,
                    fuoriuscendo dal tormento del presente,
                    per strappare, dalle labbra, il mio sorriso,
                    confidando in un'aurora,
                    sì splendente e luminosa,
                    dacché lui giungerà a me,
                    conducendo con sé una vera rosa,
                    appena colta, impreziosita di gocce trasparenti e iridescenti di rugiada,
                    forse rossi oppure rosa, i suoi petali odorosi;
                    sullo stelo, lungo e sottile,
                    l'infida arma delle spine,
                    mai più, trafiggerà il mio cuore,
                    giacché avrò vicino il mio agognato amore.
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