È primavera: la notte espande profumi intorno a tutta la natura e in noi ridesta il canto della vita!
Vibrano in cielo a grappoli le stelle. Una di loro dagli spazi lontani del mistero è giunta a noi recata da un vagito... onda melodiosa d'infinito! Vagò per l'aere come sogno da tempo accarezzato, inno giocondo alla realtà.
Grazie di cuore a Te Dio della vita che l'universo ammanti d'armonie!
L'albero già fiorito tutto ravvolgi di tepore arcano perché maturi con le nuove aurore!
Nel crepuscolo incerto del mattino un rosso velo scopre l'orizzonte; è il volto tuo di fuoco, astro "divino", che ride ai cieli ai mari e ad ogni fonte.
Tu, fiume d'oro, su per il turchino ti estendi dilagando e come un ponte infinito di luce il suo cammino discopri all'uomo verso l'alto "monte"!
Non so perché ma in ogni giorno nuova mi sembra la tua luce che riaccende forza nel cuore, eterno viandante,
pavido incerto e sempre trepidante per il grande mistero che l'attende! Ma verso l'alto andando si rinnova!
Nous aurons des lits pleins d'odeurs légères, des divans profonds comme des tombeaux, et d'étranges fleurs sur des étagères, écloses pour nous des cieux plus beaux.
Usant à l'envi leurs chaleurs dernières, nos deux coeurs seront deux vastes flambeaux, qui réfléchiront leurs doubles lumières dans nos deux esprits, ces miroirs jumeaux.
Une soir fait de rose et de bleu mystique, nous échangerons un éclair unique, comme un long sanglot, tout chargé d'adieux;
et plus tard un Ange, entr'ouvrant les portes, viendra ranimer, fidèle et joyeux, les miroirs ternis et les flammes mortes.
Avremo letti pieni d'odori leggeri, divani profondi come avelli e strani fiori sulle mensole, schiusi per noi soto cieli più belli.
Consumando a gara i loro estremi ardori, i nostri due cuori saranno due grandi torce che rifletteranno i loro duplici splendori nelle due nostre anime, questi specchi gemelli.
In una sera fatta di rosa e di mistico azzurro ci scambieremo un unico lampo come un lungo singhiozzo, tutto carico d'addii;
e più tardi un angelo, aprendo le porte, verrà a rianimare, fedele e giocoso, gli offuscati specchi e le fiamme morte.
Dicono che lo sciacallo e la talpa bevano allo stesso ruscello dove viene a bere il leone.
E dicono che l'aquila e l'avvoltoio infilino il becco nella stessa carcassa, e stanno in pace l'uno con l'altro, davanti alla cosa morta.
O amore, che con la tua regale mano hai imbrigliato i miei desideri, e hai elevato la mia fame e la mia sete a dignità di orgoglio, non permettere che il forte e il durevole in me mangino il pane e bevano il vino che tentano il mio io più debole. Lasciami piuttosto morire di fame, e consenti che il mio cuore bruci dalla sete e lasciami morire e avvizzirmi, prima che io stenda la mano verso una coppa che tu non abbia riempito o una ciotola che tu non abbia benedetto.
Per te in orazione, io sono senza oblio, qui fra ginestre il tramonto è di seta, oscuro treno ti portò lontano. Le foglie tessono reti d'ombre, e sàcculi.
Il figlio
L'acqua del mare è il mio cammino, e tu non mi senti, io errante tremo. Sarà rosso il paese sulle tegole, e molli le balze d'erba - il rivo geme?
La madre
Qui gentile gallo canta per te, fra poco bianca capigliatura avranno le stelle. Mori e cristiani raccolgono timo; molto confusa è la tua voce per me.
Il figlio
Mi langue l'occhio, madre, e a me sopra il mare ruota senza allegrezza. La mia mano è fronda tra alghe - vizza, la Fenice non rinasce.
La madre
Allungo le dita per cercarti, figlio, ma ti sento in mezzo a ritorte radici. Nella terra dalle pietre rosse, sai, va il carretto: tu fosti per me giglio.
Il figlio
Suonano pesci sul mio corpo, madre, scintilla mi fu la mente che in alto si dissolse nel boreale vento. Attorno non ho rugiada in selva; qui è abisso.
Al ciglio del precipizio intravidi l'"oltre", l'ignoto di una fantasia senza confini, timorosa di sprofondare nel nulla del suo vuoto percorsi ogni suo sentiero, mi lasciai lusingare dalla seduzione del suo fascino fino a diventare la protagonista di questo teatro simbolo di un mondo che non esiste, immaginario.
A te, che tra una discesa all'inferno e un volo in paradiso ti concedi la vita... A te, a cui il dolore ha donato le ali per essere aquila e per raccontare ciò che dalle vette della vita non è concesso di vedere A chi non è figlio del tormento... A chi ha tanto tempo e si culla nel lusso di sprecarlo.
"È una notte fatta per la nostalgia", disse lui. Sentivo che qualcosa mi mancava, un'eco di notti che dobbiamo avere condiviso in vicoli diversi, una casa lontana
a cui la pioggia lo fece ritornare, o le nuvole, o quella luce particolare che viene dopo la pioggia. Avevo nostalgia di parole, le ultime parole di una poesia che leggevo sul treno.
Oggi è mancata la luce. Ho acceso tre candele, mangiato agnello e letto a lume di candela. La bellezza di tutto ciò era troppo solitaria e così mi sono coricata.
Poi ha piovuto. Buio alla luce del giorno. Sono rimasta a letto finché non ho sentito uno scatto e delle voci. Quando la luce è tornata è stato come un gioco di prestigio-
eccole là le creature animate della mia vita che avevo ritenuto oggetti inanimati. Ed io ero quella evocata dal loro sogno di un pianeta oscuro.