E cielo e terra si mostrò qual era: la terra ansante, livida, in sussulto. Il cielo ingombro, tragico, disfatto: bianca bianca nel tacito tumulto una casa apparì sparì d'un tratto; come un occhio, che, largo, esterrefatto, s'aprì e si chiuse, nella notte nera.
Non siam la forza più che nei giorni lontani muoveva la terra ed il cielo: noi, siamo quello che siamo: una tempra d'eroici cuori, sempre la stessa: in lottare e cercare e trovare né cedere mai.
Che importa che tu venga dall'Inferno o dal Cielo o mostro enorme, ingenuo, spaventoso! Se grazie al tuo sorriso, al tuo sguardo, al tuo piede penetro un infinito che ignoravo e che adoro? Che importa se da Satana o da Dio? Se sirena o angelo, che importa? Se si fanno per te - fata occhi, di velluto, ritmo, luce, profumo, mia regina- meno orrendo l'universo, meno grevi gli istanti?
Tu vivi sempre nei tuoi atti. Con la punta delle dita sfiori il mondo, gli strappi aurore, trionfi, colori, allegrie: è la tua musica. La vita è ciò che tu suoni.
Dai tuoi occhi solamente emana la luce che guida i tuoi passi. Cammini fra ciò che vedi. Soltanto.
E se un dubbio ti fa cenno a diecimila chilometri, abbandoni tutto, ti lanci su prore, su ali, sei subito lì; con i baci, coi denti lo laceri: non è più dubbio. Tu mai puoi dubitare.
Perché tu hai capovolto i misteri. E i tuoi enigmi, ciò che mai potrai capire, sono le cose più chiare: la sabbia dove ti stendi, il battito del tuo orologio e il tenero corpo rosato che nel tuo specchio ritrovi ogni giorno al risveglio, ed è il tuo. I prodigi che sono già decifrati.
E mai ti sei sbagliata, solo una volta, una notte che t'invaghisti di un'ombra -l'unica che ti è piaciuta- un'ombra pareva. E volesti abbracciarla. Ed ero io.
Ti si sta vedendo l'altra. Somiglia a te: i passi, la stessa fronte aggrondata, gli stessi tacchi alti tutti macchiati di stelle. Quando andrete per strada insieme, tutte e due, che difficile sapere chi sei, chi non sei tu! Così uguali ormai, che sarà impossibile continuare a vivere così, essendo tanto uguali. E siccome tu sei la fragile, quella che appena esiste, tenerissima, sei tu a dover morire. Tu lascerai che ti uccida, che continui a vivere lei, la falsa tu, menzognera, ma a te così somigliante che nessuno ricorderà tranne me, ciò che eri. E verrè un giorno -perché verrà, sì, verrà- in cui guardandomi negli occhi tu vedrai che penso a lei e che la amo e vedrai che non sei tu.
Figlia delle stelle caduta in mezzo al mare, figlia della terra che nessuno può toccare vestita dalle onde spogliata da ogni vento; madre della storia musica del firmamento.
Ma quando sono solo con questo naso al piede che almeno di mezz'ora da sempre mi precede si spegne la mia rabbia e ricordo con dolore che a me è quasi proibito il sogno di un amore; non so quante ne ho amate, non so quante ne ho avute, per colpa o per destino le donne le ho perdute e quando sento il peso d'essere sempre solo mi chiudo in casa e scrivo e scrivendo mi consolo, ma dentro di me sento che il grande amore esiste, amo senza peccato, amo, ma sono triste perché Rossana è bella, siamo così diversi, a parlarle non riesco: le parlerò coi versi, le parlerò coi versi.
Città, Troni e Potenze stanno nell'Occhio del Tempo, quasi come i fiori, che muoiono ogni giorno. Ma, come spuntano germogli nuovi per allietare nuovi uomini, così, dalla Terra esausta e spoglia, risorgono le città.