Scritta da: Marilù Rossi
in Poesie (Poesie d'Autore)
Il mio corpo si perde,
da vivo, nella mia anima,
come il raggio dell'ultimo sole
nel primo raggio della luna.
Commenta
Il mio corpo si perde,
da vivo, nella mia anima,
come il raggio dell'ultimo sole
nel primo raggio della luna.
Vanità dei sogni, più terribile
di quella della verità!
Nulla fu, appena nulla:
il lembo di una stella!
Ma rimettendo i piedi a terra,
quanto sei rimasto lontano, cielo mio!
Il bambino biondo
giace sul selciato.
Ha le viscere fuori
e legato a uno spago
un trenino ignorato.
È un fascio il suo volto
di sangue e di niente.
Luccica un pesciolino
un pesciolino di vasca da bagno
accanto al marciapiede.
Sulla strada viene sera.
Un chiarore sullo sfondo
annuncia un futuro che sorge.
E quello del bambino biondo?
Campana del mio villaggio
dolente nell'imbrunire,
ogni rintocco tuo
dentro di me risuona.
Così lento è il tuo suonare,
triste come di vita,
che il tuo primo rintocco
già il secondo ricorda.
Per quanto tu sia vicina,
quando passo errabondo,
per me sei come un sogno,
mi suoni dentro lontana.
Ad ogni rintocco tuo,
vibrante nel cielo aperto,
è più remoto il passato,
più urgente la nostalgia.
Come, unendosi, nelle chiome d'oro,
al vento mite, la mia anima
mi dice, libera, che sono tutto!
Oh ricordi segreti,
fuori delle strade
di tutti i ricordi!
Ricordi, che una notte,
all'improvviso, risorgete,
come una rosa in un deserto,
passione più grande del freddo oblio -,
sentieri della vita
meglio di uno,
che quasi non si vive!
Viottolo
giornalmente arido;
improvvisa meraviglia
d'unica primavera,
dei ricordi dimenticati!
Sei come il fiore
del ramo più alto
del cielo.
Il tuo profumo viene
che buono! Da tanto lontano
come io reco,
col ramo più profondo
della terra, il mio bacio.
Io non sono io
io non sono io
sono colui
che cammina accanto a te senza che io lo veda;
che, a volte, sto per vedere,
e che, a volte, dimentico.
Colui che tace, sereno, quando parlo,
colui che perdona, dolce, quando odio,
colui che passeggia là dove non sono,
colui che resterà qui quando morirò.
Oh i tuoi occhi, ancor fissi
ai roseti del cielo;
feriti, nel misto
di umano e divino,
da spine di stelle!