Poesie preferite da Matteo Salomone

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Scritta da: Dario Pautasso

La morte si fuma i miei sigari

Sai com'è: sono qui ubriaco ancora
una volta
e ascolto Chajkovskij
alla radio.
Gesù, lo sentivo quarantasette anni
fa
quando ero uno scrittore morto di fame
ed eccolo qui
di nuovo
ora io sono uno scrittore con un po'
di successo
e la morte va
su e giù
per questa stanza
e si fuma i miei sigari
beve qualche sorso del mio
vino
mentre il vecchio Pietro continua a darci dentro
con la sua "Patetica",
ho fatto un bel pezzo di strada
e se ho avuto fortuna è
perché ho tirato bene
i dadi:
ho fatto la fame per l'arte, ho fatto la fame per
riuscire a guadagnare cinque dannati minuti, cinque ore,
cinque giorni,
volevo soltanto buttare giù qualche
frase,
il successo, il denaro non importavano:
io volevo scrivere
e loro volevano che stessi alla pressa meccanica,
in fabbrica alla catena di montaggio
volevano che facessi il fattorino in un
grande magazzino.

Bè, dice la morte, passandomi accanto,
ti prenderò comunque,
non importa quello che sei stato:
scrittore, tassista, pappone, macellaio,
paracadutista acrobatico, io ti
prenderò...
okay, baby, le dico io.
Adesso ci beviamo qualcosa insieme
mentre l'una di notte diventano
le due
e lei solo sa
quando verrà il
momento, ma oggi sono
riuscito a fregarla: mi sono preso
altri cinque dannati minuti
e molto di
più.
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    Scritta da: Matteo Salomone

    Uomini in marcia

    Per capire devi pensare a un deserto,
    fatto di sabbia e ghiaia e rocce,
    e a un paio di piedi nudi, scuri e lenti,
    con tanta polvere e graffi ovunque.
    Uomo o donna non importa,
    né se sia giovane o vecchio.
    Non deve farti pena, non è per questo che è li.
    Non gli importa di te e tu nemmeno interessati di lui.
    Ma guardalo.
    Grida.
    È un grido sordo e senza fiato,
    la sua bocca è ferma
    ma tu puoi sentirlo chiaramente.
    È ciò che resta di un mondo di un futuro possibile.
    Un mondo pieno di bandiere,
    ma senza nessuno che le bruci più,
    quel gesto non ha nessuna forza ormai.
    Un mondo pieno di pace,
    perché la gente ha smesso di combattere,
    si, e di parlare e di pregare, di discutere,
    di fare la pace.
    Un mondo pieno di matrimoni
    che durano vite intere, vite lunghissime.
    Perché gli uomini hanno smesso di amare:
    ora possono stare insieme, per sempre.
    Un mondo pieno di verità:
    nessuno mente più, ogni cosa ha il suo vero nome,
    così la gente ha smesso di cercarglielo il nome,
    e di imparare, di crescere.
    Lui cammina,
    è l'ultimo retaggio di un mondo ormai estinto.
    E un grido lo accompagna.
    Lui è pieno di nome come il suo mondo lo è di fatto.
    Pieno infine crolla a terra e muore.
    Come il suo mondo.
    Pieno di niente, eppure
    più desiderato del presente.
    Composta mercoledì 17 agosto 2011
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      Scritta da: Andrew Ricooked

      Un albero, una strada, un rospo

      Un tavolo da 7, tutti
      che ridono forte, senza smetter,
      in modo quasi assordante,
      ma non c'è gioia nella loro
      risata, sembra
      meccanica.
      Finzione e falsità
      avvelenano l'aria.
      Sembra che gli altri avventori non lo
      notino.
      Sono asfissiato dalle risate,
      le viscere, il cervello, la mia coscienza,
      mi vanno di traverso.
      Sogno di prendere una postola, di
      avvicinarmi al tavolo
      e di far saltare le loro teste,
      una dopo l'altra.
      Naturalmente, questo mi renderebbe
      ancora più colpevole di
      loro.
      Eppure, continuo a fantasticare e
      poi capisco che pretendo
      troppo.
      Avrei già dovuto capire
      da un pezzo che è così
      e basta:
      che dappertutto ci sono tavoli da 2,
      3,7, 10 o anche più
      con gente
      che ride senza motivo e
      senza gioia,
      che ride per niente senza
      trasporto,
      e che questa è una parte inevitabile
      di tutto,
      come un albero, una strada, un rospo.

      Ordino ancora da bere e
      decido di non ucciderli, nemmeno
      nella mia immaginazione.

      Decido, invece, che sono un
      uomo davvero fortunato:
      il tavolo è a 7 metri di distanza.
      Potrei essere a quel tavolo, seduto
      con loro,
      vicino alle loro bocche,
      vicino ai loro occhi e alle loro orecchie
      e alle loro mani,
      e sentire realmente la conversazione
      che provoca le loro risate
      senza gioia.
      Mi sono già trovato in molte situazioni simili
      ed è stata una dura croce,
      davvero.

      Così, mi accontento della mia buona sorte
      ma non posso fare a meno di chiedermi
      se al mondo sia rimasto un angolo
      con un tavolo da 7 dove
      si provano sentimenti autentici,
      dove c'è
      una bella risata vera.
      Spero di si.
      Devo sperare di si.
      Composta domenica 3 gennaio 2010
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        Scritta da: Don Juan
        C'è della poesia in un'altalena sospesa a mezz'aria,
        c'è poesia in una carezza lenta, in un bacio leggero.
        C'è della poesia nel profumo delicato della pelle,
        c'è poesia negli occhi lucidi di chi ama e non sa dirlo.
        C'è della poesia nel contatto vorace di due amanti
        che ardono nelle fiamme della passione.
        Vive la poesia in ogni angolo di vita,
        fluttua nell'aria aspettando che un rapace poeta
        ne rubi il senso e sporchi un foglio bianco.
        Germoglia nel cuore di chi vive
        con gli occhi di chi nasce ogni giorno,
        è l'appiglio ultimo di chi scivola
        inarrestabile nel vuoto dell'apatia,
        la stella più luminosa nella buia notte
        del viandante smarrito.
        Composta domenica 20 dicembre 2009
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          Scritta da: Don Juan
          Un vecchio seduto su una grande valigia,
          pensa e ripensa a chissà cosa,
          afferra saldo tra le mani un bianco fazzoletto,
          nei suoi occhi il peso degli anni,
          sulle labbra l'amaro di un addio appena consumato.
          Per un attimo rivolge il suo sguardo su di me
          e un sorriso squarcia la malinconia.
          A passi spenti mi si fa incontro
          ed allunga la mano vissuta
          per salutare chi gli ricorda la sua gioventù.
          La voce è sicura quando
          scandisce il suo saluto di soldato,
          e per un'attimo si accende nei suoi occhi
          la stessa fiamma che nei miei prese vita
          quel giorno che a man levata urlai la mia fedeltà
          al suolo che tiene saldi i miei passi.
          Nei miei tratti rivede se stesso
          ed il fiore della sua gioventù,
          nei suoi occhi rivedo l'orgoglio
          che ogni giorno muove il mio cammino.
          Composta sabato 1 agosto 2009
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            Scritta da: Marilù Rossi

            Ormai sei mia

            Ormai sei mia. Riposa coi tuo sonno nel mio sonno.
            Amore, dolore, affanni, ora devono dormire.
            Gira la notte sulle sue ruote invisibili
            presso me sei pura come l'ambra addormentata.

            Nessuna più, amore, dormirà con i miei sogni.
            Andrai, andremo insieme per le acque del tempo.
            Nessuna viaggerà per l'ombra con me,
            solo tu, sempre viva, sempre sole, sempre luna.

            Ormai le tue mani aprirono i pugni delicati
            e lasciarono cadere dolci segni senza rotta,
            i tuoi occhi si chiusero come due ali grige,

            mentr'io seguo l'acqua che porti e che mi porta:
            la notte, il mondo, il vento dipanano il loro destino,
            e senza te ormai non sono che il tuo sogno solo.
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