Poesie preferite da Paul Mehis

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Il prodigio della resina

E poi, appena usciti dal bosco,
loro, entrati in due ed ora
come fusi, compenetrati ben più
delle dita intrecciate, loro, adesso
la continuano quella selva:
perché lei nasconde genziane sotto le ciglia,
e lui ha mutato in corteccia la gioia del torace.
E c'è con loro anche il picchio
che in quella scorza buca, con il becco
all'altezza del suo cuore.
E lì dentro vi deporrà una pigna, un ciuffo di muschio,
tre foglie di faggio, vi deporrà uno gnomo
e la sua fisarmonica, l'armonia di un ruscello,
la calma di un lago, di una radura.
Lei vi deporrà un sassolino, una piuma bianca,
una lacrima, una palla di neve, una giovane
vipera e un orecchino d'argento.
E lui parlerà affinché non manchi mai l'aria
nel groviglio sacro dei loro rami.
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    El mar. L'amór. E'a mare / il mare. L'amore. E la madre

    Còssa podaràeo mai dirghe al mar
    un òn che l'à remà senpre tea pianura,
    che l'à rumà tera. Servo de l'erba.
    Un che no l'e mai stat bon de inparàr
    a nodàr, a amar. Parché le difizhie
    star a gaea anca tii oci de'na femena,
    drento'e so onde, 'e so corenti.
    El pol sol'ndar da Lu, entrar caminando
    fin che l'aqua ghe toca'a sbèssoea.
    Sintìr'a sabia sote i pie come che'a sie
    'ncora'a tèra. 'N'antra, pì smòrveda. Pì bona.
    E star là. Co'a testa fòra.
    Come un putèl, co'l nasse.
    Come che'l mar deventesse'na mare.
    Fresca. Chièta. E zà cuna.
    Sote'l sol, o'e stée
    che i'a incorona.


    Cosa potrà mai confidargli al mare
    un uomo che ha remato sempre nella pianura,
    che ha scavato nella terra. Schiavo dell'erba.
    Uno che non ha ancora imparato
    a nuotare, ad amare. Perché è difficile
    restare a galla anche negli occhi di una donna,
    dentro le sue onde, le sue correnti.
    Può solo recarsi da Lui, entrare camminando
    sino a che l'acqua gli sfiora il mento.
    Sentire la sabbia sotto i piedi come se fosse
    ancora la terra. Un'altra, più morbida. Più benevola.
    E stare lì. Con la testa fuori.
    Come un bambino, quando viene al mondo.
    Come se il mare diventasse una madre.
    Fresca. Colma di pace. E già culla.
    Sotto il sole, o le stelle
    che la incoronano.
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      Los Amorosos

      Quelli che amano tacciono.
      L'amore è il silenzio più fine,
      il più tremante, il più insopportabile.
      Quelli che amano cercano,
      sono quelli che lasciano perdere
      sono quelli che cambiano, quelli che dimenticano.
      Il cuore dice loro che non troveranno mai,
      non trovano, cercano.

      Quelli che amano vanno come pazzi
      perché stanno soli, soli, soli,
      consegnandosi, dandosi ogni istante,
      piangendo perché non salvano l'amore.
      Li preoccupa l'amore. Quelli che amano
      vivono alla giornata, non possono fare di più, non sanno.
      Sempre se ne stanno andando,
      sempre, da qualche parte.
      Aspettano,
      non aspettano nulla, ma aspettano.
      Sanno che non troveranno mai.
      L'amore è la proroga perpetua,
      sempre il passo seguente, l'altro, l'altro.
      Quelli che amano sono gli insaziabili
      quelli che sempre - meno male! - resteranno soli.

      Quelli che amano sono l'idra del racconto.
      Hanno serpenti al posto delle braccia.
      Le vene del collo gli si gonfiano
      anche come serpenti per asfissiarli.
      Quelli che amano non possono dormire
      perché se si addormentano se li mangiano i vermi.

      Nel buio aprono gli occhi
      e in loro cade lo spavento.

      Trovano scorpioni sotto il lenzuolo
      e il loro letto galleggia come su di un lago.

      Quelli che amano sono pazzi, soltanto pazzi,
      senza Dio e senza diavolo.

      Quelli che amano escono dalle loro grotte
      tremanti, affamati,
      a cacciare fantasmi.
      Ridono di quelli che lo sanno tutto,
      di quelli che amano per sempre, veracemente,
      di quelli che credono nell'amore come una lampada d'olio inesauribile.
      Quelli che amano giocano ad afferrare l'acqua,
      a tatuare il fumo, a non andarsene.
      Giocano al lungo, triste gioco dell'amore.
      Nessuno si può rassegnare.
      Dicono che nessuno si può rassegnare.
      Quelli che amano si vergognano di qualsiasi conformismo.
      Vuoti, ma vuoti da una costola all'altra,
      la morte li corrode dietro gli occhi,
      e loro camminano, piangono fino all'alba
      dove treni e galli si salutano dolorosamente.
      A volte gli arriva un odore a terra appena nata,
      a donne che dormono con la mano nel sesso, compiaciute,
      a ruscelli d'acqua tenera e cucine.

      Quelli che amano cantano tra le labbra
      una canzone mai imparata,
      e se ne vanno piangendo, piangendo,
      la bella vita.
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        Scritta da: Giorgio De Luca

        Portami con te

        Togli quella maschera di tristezza
        che t'adombra il viso,
        buttala via.

        Le rondini sono tornate a volare,
        le campane a suonare.

        Il sole fa capolino tra nuvole bizzarre,
        una piccola lacrima scende
        a bagnarti le labbra.

        Non piangere, la nostra è stata
        una lunga storia d'amore.

        Le mie parole sono chiuse dentro
        uno scrigno d'argento, sepolte
        sotto un cumulo di terra.

        A parlarti sarà la mia anima...
        ad accarezzarti il mio respiro...
        a baciarti il tiepido alitare di vento.

        Non andare via senza aver lasciato
        acceso un lume, sai che ho paura
        del buio.

        Portami con te, lasciami vivere
        dentro le pareti del cuore.

        Per sempre.

        I miei passi hanno lasciato orme
        lungo il sentiero bordato di rose...
        Composta sabato 11 dicembre 2010
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          Paris at night (Parigi di notte)

          Trois allumettes une à une allumées dans la nuit
          La première pour voir ton visage tout entier
          La seconde pour voir tes yeux
          La dernière pour voir ta bouche
          Et l'obscuritè tout entière pour me rappeler tout cela
          En te serrant dans mes bras.


          Tre fiammiferi uno dopo l'altro accesi nella notte
          Il primo per vedere intero il volto tuo
          il secondo per vedere gli occhi tuoi
          l'ultimo per vedere la tua bocca
          e l'oscurità completa per ricordarmi queste immagini
          Mentre ti stringo a me tra le mie braccia.
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            Scritta da: mor-joy

            Eterna presenza

            Non importa che non ti abbia,
            non importa che non ti veda.
            Prima ti abbracciavo,
            prima ti guardavo,
            ti cercavo tutta,
            ti desideravo intera.
            Oggi non chiedo più
            né alle mani, né agli occhi,
            le ultime prove.
            Di starmi accanto
            ti chiedevo prima,
            sì, vicino a me, sì,
            sì, però lì fuori.
            E mi accontentavo
            di sentire che le tue mani
            mi davano le tue mani,
            che ai miei occhi
            assicuravano presenza.
            Quello che ti chiedo adesso
            è di più, molto di più,
            che bacio o sguardo:
            è che tu stia più vicina
            a me, dentro.
            Come il vento è invisibile, pur dando
            la sua vita alla candela.
            Come la luce è
            quieta, fissa, immobile,
            fungendo da centro
            che non vacilla mai
            al tremulo corpo
            di fiamma che trema.
            Come è la stella,
            presente e sicura,
            senza voce e senza tatto,
            nel cuore aperto,
            sereno, del lago.
            Quello che ti chiedo
            è solo che tu sia
            anima della mia anima,
            sangue del mio sangue
            dentro le vene.
            Che tu stia in me
            come il cuore
            mio che mai
            vedrò, toccherò
            e i cui battiti
            non si stancano mai
            di darmi la mia vita
            fino a quando morirò.
            Come lo scheletro,
            il segreto profondo
            del mio essere, che solo
            mi vedrà la terra,
            però che in vita
            è quello che si incarica
            di sostenere il mio peso,
            di carne e di sogno,
            di gioia e di dolore
            misteriosamente
            senza che ci siano occhi
            che mai lo vedano.
            Quello che ti chiedo
            è che la corporea
            passeggera assenza,
            non sia per noi dimenticanza,
            né fuga, né mancanza:
            ma che sia per me
            possessione totale
            dell'anima lontana,
            eterna presenza.
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              Non incolpare nessuno,
              non lamentarti mai di nessuno, di niente,
              perché in fondo
              Tu hai fatto quello che volevi nella vita.
              Accetta la difficoltà di costruire te stesso
              ed il valore di cominciare a correggerti.
              Il trionfo del vero uomo
              proviene delle ceneri del suo errore.
              Non lamentarti mai della tua solitudine o della tua sorte,
              affrontala con valore e accettala.
              In un modo o in un altro
              è il risultato delle tue azioni e la prova
              che Tu sempre devi vincere.
              Non amareggiarti del tuo fallimento
              né attribuirlo agli altri.
              Accettati adesso
              o continuerai a giustificarti come un bimbo.
              Ricordati che qualsiasi momento è buono per cominciare
              e che nessuno è così terribile per cedere.
              Non dimenticare
              che la causa del tuo presente è il tuo passato,
              come la causa del tuo futuro sarà il tuo presente.
              Apprendi dagli audaci,
              dai forti
              da chi non accetta compromessi,
              da chi vivrà malgrado tutto
              pensa meno ai tuoi problemi
              e più al tuo lavoro.
              I tuoi problemi, senza alimentarli, moriranno.
              Impara a nascere dal dolore
              e ad essere più grande, che è
              il più grande degli ostacoli.
              Guarda te stesso allo specchio
              e sarai libero e forte
              e finirai di essere una marionetta delle circostanze,
              perché tu stesso sei il tuo destino.
              Alzati e guarda il sole nelle mattine
              e respira la luce dell'alba.
              Tu sei la parte della forza della tua vita.
              Adesso svegliati, combatti, cammina,
              deciditi e trionferai nella vita;
              Non pensare mai al destino,
              perché il destino
              è il pretesto dei falliti.
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