Scritta da: Salvatore Masullo

Era una maestra

E mi sovviene ancor nella memoria
la voce di un'impavida maestra
che mossa dal suo senso del dovere
mi conduceva in classe a dire versi...
Ricordo la chiamavo "signorina",
malgrado i vezzi bianchi sulla chioma,
e dentro quattro mura un po' annerite
mi preparava ad affrontar la vita!

Il freddo dell'inverno era passato
con le gelate e i segni sulle gote
che ancor cercavano rifugio
nel morbido tepor delle sue dita.
Portava camicette di cotone
con dei ricami al passo di stagione
e mi colpiva l'odorosa trama
di candeggina e fiori di lampone.

La mano sempre sporca di gessetti,
che manovrava con un fare accorto
ad evitare di sentir le lagne
di chi soffriva, con la pelle d'oca,
la stridula scrittura su lavagna...

Ricordo quando entrava il direttore,
e gli mostrava i nostri quadernetti,
barchette senza remi alla deriva
d'un mare
che spiaggiava per l'affetto...

Poi ci portava fuori a primavera
per liberare sogni di fanciulli,
e l'aria tersa s'inondava
d'un canto
che graffiava le tonsille.

Pesanti come pietre quei ricordi:
un alfabeto che costeggia i cigli
dei giorni nostri divenuti tristi
per noi che ci sentiamo sempre figli!

Era una maestra...
Ma quando il cor s'infiamma,
per tutti noi rimane
una seconda mamma!
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    Scritta da: Salvatore Masullo

    Notte alla stazione

    Notte alla stazione
    dove l'ultimo mostro,
    sbuffando,
    ha ingoiato il suo carico umano.
    Un altro giorno corre via
    come il fischio di quel treno
    in lontananza...

    Nell'aria scura
    solo l'eco degli affanni
    e quegli appunti di vita
    che tornano a parlare,
    in soliloquio,
    dagli intonaci freddi
    di una sala d'attesa.

    Il "libro degli ospiti"
    sulle pareti stanche:
    nomi, date, messaggi
    di coppie innamorate
    fedeli a una promessa,
    di uomini delusi
    cresciuti troppo in fretta,
    di chi si sente solo
    sopra un binario morto!

    Notte alla stazione
    crocevia di quei pensieri
    dispersi come cicche sui binari
    che muoiono la sera tra le pietre
    dissolte in una nuvola di fumo.

    Stazioni di notte, metafore di vita,
    dove puoi perdere l'ultimo treno
    e rimanere al punto di partenza,
    oppure proseguire nel tuo viaggio
    sperando in una nuova... coincidenza!
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      Scritta da: Salvatore Masullo

      A mio figlio

      E ti ritrovo uomo all'improvviso
      Tu che rimani sempre il mio bambino
      Con quello sguardo ingenuo ed indeciso
      Che mi rapisce quando ti ho vicino...
      Sapessi figlio mio con quanta intensità
      Io vivo le tue giovani apprensioni,
      E il tuo passaggio alla maggiore età
      Mi fa provar sussulti ed emozioni...

      Con te mi sento adulto
      E finalmente padre,
      Rivedo le speranze
      E il senso della vita.
      E dopo i sacrifici
      Sofferti con tua madre,
      Vorrei che la tua strada
      Non fosse mai in salita...
      Se un giorno attorno a te
      Vedrai solo deserto,
      Ripiglia piano il fiato
      E non morire dentro:
      La nostra vita è barca
      In mare aperto
      E può colare a picco
      Se tu non stai nel centro...

      E se ti troverai a sopportar gli affanni
      Di un mondo che pretende soltanto i risultati,
      Non perdere la calma e vivi quei tuoi anni
      Col solito entusiasmo e i gesti misurati.
      Ricordati di sentirci a te vicini
      Anche quando un dì non ci saremo:
      Per sempre veglieremo il tuo cammino,
      Al cuore e alla tua mente parleremo...
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        Scritta da: Salvatore Masullo

        A mia figlia

        D'estate ti tenevo tra le braccia
        sugli arenili caldi delle spiagge,
        e insieme cercavamo tra le rocce
        conchiglie consumate dalle piogge.

        D'inverno ti portavo sulle spalle,
        fra sagre e ricorrenze di borgate,
        per evitarti il bagno di una folla
        che divorava rustiche crostate!

        Ed ora mi sorprendo ad inseguire
        i segni del tuo nuovo portamento,
        soffrendo per quel lesto divenire
        che suscita nell'uomo il sentimento.

        Nell'aria sonnacchiosa del mattino,
        fragranze che risvegliano la mente:
        profumi di quel trucco sbarazzino
        esaltano il tuo corpo adolescente.

        Il tempo, intanto, vola via
        e ti ritrovo donna all'improvviso,
        tu che dissolvi la malinconia
        dei giorni, spesso, avari di un sorriso.

        Ma il cuore resta preda dei pensieri
        e annaspa se la sera torni tardi,
        in questa selva dove quei guerrieri
        al buio ridiventano codardi!
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          Scritta da: Salvatore Masullo

          Morte di una madre africana

          Lo sguardo smunto e senza pace
          sul frutto tuo che al seno allatti,
          nutrice non più gravida di linfa
          sull'arsa terra che conduce a morte.

          Palme chiare scavate dagli stenti,
          denti in fuori a mordere la rabbia,
          rami secchi agli angoli degli occhi
          e un velo d'innocenza che riluce
          dal breve gocciolar che bagna il viso.

          Nostalgie di fiumi e d'argini fecondi,
          di noviluni spesi intorno ai sacri fuochi
          quando l'eco delle danze e dei tamburi
          vibrava forte nei visceri terreni
          fin dentro la capanna ove cullavi,
          al canto di guerrieri generosi,
          i tuoi sogni primitivi di fanciulla.

          Ricordi antichi di un'età svanita
          nell'avida terra, tra l'aride pietre,
          di gesta superbe non più cantate,
          di nenie tribali divenute pianti,
          di madri fiere dentro le capanne.

          Ora solo i gemiti a riempir le foreste,
          a vagar su gli altipiani e le radure,
          in un mondo che non dà più voce
          né terre su cui tracciare solchi
          né piante di cui godere i frutti
          né sogni, né memorie familiari.

          Nubi polverose sui declivi
          spinte dal vento secco di stagione
          ove il respiro tuo s'impiglia
          e annaspa tra i bagliori del tramonto.

          La pelle cede e ha un ultimo sussulto
          al labbro ritmato del tuo frutto
          che succhia dai tuoi seni inariditi
          la speme d'un futuro cancellato.

          E allora volgi il guardo tuo morente
          sui campi un tempo sazi di manioca
          ove l'immago tua rivedi ancora
          tra le braccia vigorose dei tuoi avi...
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            Scritta da: Salvatore Masullo

            La spiaggia dei ricordi

            Tra suoni antichi mi sovvien la voglia
            di un ritmo che s'insinua nella mente
            e mi riporta al tempo adolescente
            quando miravo il mare da uno scoglio...

            La spiaggia dei ricordi adesso tace,
            quel tratto di costiera sempre in guerra
            che corre da "Bagnoli" al "Rione Terra",
            un tempo approdo dei coloni Greci!

            Rivivo gli assolati pomeriggi
            trascorsi sotto l'ombra dei costoni
            per evitare a scuola le lezioni
            e l'indolenza di quei banchi grigi...

            Nell'aria quei tramonti di calcare
            d'un sole che affogava all'orizzonte
            tra il luccichio di reti appena pronte
            sugli argani impazienti di salpare!

            Ed io un intruso dentro la cornice
            sentivo, a tratti, le sommerse voci
            di oracoli e sibille senza pace
            salir da quei fondali in superficie...

            Godevo in quel respiro di maestrale,
            di venti aperti al canto di sirene,
            e un fremito mi entrava nelle vene
            quando scoppiava forte un temporale!

            Sul viso assaporavo quelle gocce
            asperse come un gesto spirituale
            e rimanevo assorto in quel rituale
            seduto sul gradino di una roccia.

            E m'incantavo a lungo ad ascoltare
            lo sciabordìo dei flutti sotto costa
            che raccontava a tutti senza sosta
            l'eterna lotta tra la terra e il mare...
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              Scritta da: Salvatore Masullo

              Il gabbiano infelice

              E nel silenzio resto qui a soffrire
              senza dar più voce al mio dolore,
              poiché l'ansia moderna di apparire
              ha già serrato, forte, i vostri cuori!
              Come un clown racconto la mia storia
              a Voi che fate finta di capirmi,
              in un'arena dove non c'è gloria
              per me che tento invano di esibirmi...

              Io sono quel gabbiano con le ali fratturate
              costretto ad inciampare su scogli della vita.
              Un tempo volteggiavo per i ventosi lidi
              fra guizzi di marosi ed arroccati nidi...
              Ed or che vò ramingo sui litorali bassi,
              confido le mie pene alle ginestre e al mare,
              e cerco nutrimento nei cumuli di sassi,
              tra reti sforacchiate e gusci di calcare...

              Rimiro i miei compagni volar sulle banchine,
              danzar con eleganza nel tempo degli amori,
              sfiorando con la coda quel limitar di pini
              nel vespero che smorza l'asprezza dei colori...
              Ed io rimasto solo, su questa baia deserta,
              non provo più l'ebbrezza giocosa del volare.
              Ma so di avere, alfine, una risorsa certa:
              un cuore così grande per amare!
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                Scritta da: Salvatore Masullo

                Cercami

                Quando l'inverno
                avrà steso all'orizzonte
                l'ultimo velo grigio
                e l'alito vaporoso di cucina
                s'incollerà
                sulle finestre fredde,
                allora cercami:
                io ti sarò vicino
                ad aspettare l'alba.

                Prima che l'imbrunire
                abbia fugato impietoso
                la fioca luce del meriggio
                Noi, con le dita sui vetri,
                tracceremo
                innocenti arabeschi
                del nostro
                imperituro amore.
                E non saranno i pensieri
                ad inghiottirci come prede,
                né noia o solitudine
                ad affogarci l'anima.

                Quando la pioggia
                batterà impetuosa
                sui tetti delle case
                e un tuono repentino
                vibrerà nel cuore tuo,
                allora cercami:
                prima che in mare
                s'acqueti la risacca
                e un volo di gabbiani
                rinnovi il suo vissuto
                insieme resteremo
                fino all'ultimo minuto...
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                  Scritta da: Salvatore Masullo

                  Lettera dal cielo

                  Non piangete figli miei
                  sopra questa terra
                  che mi consuma!
                  Alzate gli occhi al cielo,
                  da oggi io sono qui:
                  nel regno dell'eterno,
                  dove spazio e tempo
                  non hanno più misure.

                  Voglio dirvi ancora
                  parole di padre
                  e chiedervi scusa
                  se qualche volta
                  non ho saputo mutare
                  i miei silenzi in parole,
                  la mia rabbia in ascolto,
                  la mia foga in abbraccio.

                  Se solo avessi
                  scavato più a lungo
                  nei vostri occhi,
                  a volte bassi...

                  Oggi, più di prima,
                  io resto al vostro fianco
                  esortandovi a non cedere
                  ai silenzi del cuore,
                  al rumore delle passioni,
                  alle lusinghe della vita!

                  Non rinunciate mai a cercare
                  il significato delle mie parole
                  tra le pieghe del vissuto.
                  E non basteranno le tempeste,
                  anche nelle notti più buie,
                  a spazzare via
                  i ricordi a voi più cari.

                  Cercate nei giorni che verranno
                  i segni della mia presenza
                  e risentiamoci nei sogni:
                  io saprò parlarvi ancora...
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                    Scritta da: Salvatore Masullo

                    Frammenti del passato

                    Mio padre rincasava all'imbrunire
                    col freddo che mordeva le tonsille
                    e mesto confidava il suo soffrire
                    a un ceppo scoppiettante di faville.

                    Lo sguardo spento, innanzi al focolare,
                    a ricordare il giorno più fatale
                    di mamma che finiva di campare
                    in un lettino bianco d'ospedale...

                    E nel trastullo passava le giornate
                    cercando un nesso all'inattesa sorte
                    di lei disposta ad essere operata
                    per non finire preda della morte!

                    Le notti insonni a domandarsi il come,
                    a rimirar le foto del passato,
                    per risentir nell'aria il proprio nome
                    da voce di colei che aveva amato...
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