2a Parte. Sigilfredo. Il vero infame
Scegli la pagina:
Le una e mezza del mattino.
Non certo orario consigliato per le visite in ospedale.
Scavalcare il cancello fu un divertimento, un giovane marinaretto, poi, non desterebbe il minimo sospetto.
Ma per trovare numero di camera e letto, occorreva sfoggiare l'arte della parola.
La Caposala... un'affascinante Madre, mi abbracciò con gli occhi, conosceva già il mio dolore.
"Sei il figlio di Salvatore vero?"
"Sono il figlio".
Mai diedi gargantuesca importanza alla parola "figlio" come in quell'istante.
Nel tragitto in treno solo un pensiero.
"Gli voglio dire che lo amo, che non sono arrabbiato con lui, che è il mio idolo".
L'ultima volta che lo vidi lo apostrofai con un poco amorevole "stronzo".
Non voleva darmi 5000 lire.
Maledetta adolescenza infame!
Era da poco che papà mi onorava della sua parola.
Da qualche tempo non la concedeva... a me.
Circa tre mesi prima di partire per la leva, mi venne a prendere.
Da cinque giorni mancavo da casa.
Mi venne a prendere, con mia madre.
Non disse una parola, non mi guardò neanche e lo fece per interminabile epoca.
Dio!
Come avrei preferito, avrei pagato, per un pugno in faccia varcando il portone di Marassi.
Non quello dello stadio di Genova.
Quello del carcere.... [segue »]
Composto sabato 2 aprile 2011
Leggi un altro Racconto Tutti gli Argomenti
Immagini con frasi
Consigliati
Ultimi argomenti inseriti
Commenti