Sono vecchio, povero, acciaccato e preda privilegiata del coronavirus, eppure sono felice
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...ingentilivano l'aria con le ultime intramontabili melodie e il profumo del mare che accarezzava la riviera quando i pescatori tiravano le reti dalla balaustra di via Caracciolo. Ho sentito la fragranza dei fiori e l'aria 'mbarzamata dei tanti giardini poi scomparsi sotto il tragico avanzare di una devastante cementificazione. Sono felice perché ho conosciuto gli ultimi grandi figli di quella "Napoli Nobilissima" che a poco a poco se n'è andata. Sono felice perché, pur vivendo un'infanzia di miseria nera, con soli quattro giocattoli mi sentivo il più ricco del mondo. Tre di questi giochi me li ero costruiti io, come facevano tanti altri bambini d'allora: "'o carruocciolo" (specie di slittino con quattro cuscinetti a sfera o ruote di legno), "'a mazza è o pìvezo" (lontanamente comparabile al gioco del baseball), un arco con le frecce realizzato con le astine di ferro di ombrelli rotti; Il quarto, invece, un triciclo che mio padre recuperò da un "sapunaro" (l'antesignano del rigattiere) e che mi faceva scoprire l'ebrezza della libertà. Sono felice perché quarant'anni fa ho incontrato Francesca che ogni mattina, nonostante i miei ottant'anni, gli acciacchi e le difficoltà quotidiane, ancora mi fa gioire e sorridere alla vita. E ringrazio la vita per tutto ciò che mi ha donato.
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