Giulia (La figlia di nessuno)
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Viveva in una grande e bella casa di un paesino dell'entroterra della splendida Sicilia una donna sensibile e cordiale di nome Matilde, sposa di un gentiluomo, che aveva il vizio di giocare frequentemente a carte.
La casa si affacciava sulla piazza larga e lunga, palcoscenico di quei cittadini, attori più o meno protagonisti, che abitavano il paese.
Il sole era la fiaccola potente del luminoso giorno, mentre di notte cornice e luce della piazza erano gli antichi lampioni.
Tutte le feste, le cerimonie tristi, gli incontri ed anche molti scontri avvenivano lì.
La signora Matilde, malata di cuore, usciva raramente e più raramente passeggiava. I suoi occhi cerulei perforavano i vetri dell'imposta di un balcone e di là rubavano immagini, ricordi, attese, lontane amicizie, desideri e tra questi il più soave, il più forte, a cui una donna anela: un figlio.
Aveva conosciuto l'amore di cuore e di sesso, ma il frutto che lo stesso produce a lei era rimasto ignoto.
Una donna assolve al suo ruolo, se della suprema fatica può vantarsi, allevando ed educando poi l'essere intelligente che nel suo grembo tenne. Questo vuoto le pesava gravemente, ma lo sentiva di più pensando all'avvenire: i sentimenti, infatti, rimangono ... [segue »]
dal libro "Accenti d'amore e di sdegno" di Gino Ragusa Di Romano
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