Scritto da: Michele Ciorra

Il padrino


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...il vero Cecubo di romana memoria.
Una breve "pennica" pomeridiana restituì forze e voglia di fare a padre e figlio. Si svegliarono quasi contemporaneamente, fecero una lunga doccia poi su proposta del vecchio – Salvino non aspettava altro – raggiunsero Minturno capoluogo e guadagnarono la cosiddetta "Loggia del Paradiso".
Il sole moriva dietro il mandolino rovesciato di Gaeta quando don Antonio cinse con il braccio destro le spalle di suo figlio ed indicando con l'indice della mano sinistra il territorio che andava da ben oltre il fiume Garigliano a quello che si poteva solo immaginare al di là di Gaeta e fino a porta Roma in quel di Terracina esclamò: "Figlio mio, un giorno tutto questo sarà tuo. E sai bene cosa intendo!".
Il frutto dei suoi lombi, che conosceva da tempo quel gesto e quella espressione, fece per una volta come lo stolto ed invece di guardare la luna volse il suo sguardo al dito indice del padre. Poi approfittando del buio, che nel frattempo era calato e del fatto che in quel momento il luogo era completamente deserto, estrasse la Beretta calibro 9,00 munita di silenziatore. La puntò al cuore del genitore e fece fuoco mentre gli sussurrava a bassa voce: "Non posso aspettare, è troppo tardi. Chi può preme da anni ed io non ho più tempo. Perdonami!".
"Flop", lo accompagnò dolcemente a terra con il braccio sinistro e, da buon medico, si accertò che fosse passato a miglior vita.
Celebrati i funerali in pompa magna, nella migliore tradizione 'ndranghetista, di lì a qualche giorno, Salvatore Giovanni Tripodo, avrebbe preso servizio presso il vicino ospedale civile di Formia in qualità di primario nel reparto di chirurgia generale.

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