Scritto da: Marco Di Pietro

Fratello


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Per diversi motivi, che raccontare lo avrebbero gettato nella stessa impasse iniziale che si era imposto superare, a trentadue anni Walter Setti decise di scrivere un lungo racconto che esprimesse un chiaro ed esplicito intento politico. Con tale obiettivo, iniziò a valutare diverse situazioni capitategli in quegli ultimi giorni di un agosto troppo piovoso: una giovane donna percorreva un breve tratto del corso storico di una cittadina subalpina vivendo varie micro situazioni, un ultranovantenne piuttosto discolo ne sa e ne racconta, una riflessione sullo storico cartello appeso al Duomo Milano si inchina alle vittime innocenti e prega pace. Dopo appena poche righe, però, le storie sembravano inoltrarsi verso proprie identità e lo scopo prefissato le torceva irrimediabilmente in artifici sciatti di cui lo infastidiva anche la rilettura. Un paio di settimane appresso, considerò i versi essere forse la forma più adatta all'intento; avrebbe potuto superarne la tipica mancanza di un adeguato ordine cronologico inserendo più immagini e spazialità, a scapito di eventuali sterili narrazioni. Scarabocchiò per tre giorni inutili tentativi, fermandosi alle solite terze righe senza alcun valore civico, tanto meno estetico; l'ultimo giorno, incitandosi e sfoggiando idonea presunzione, volle aggiungere otto versi ai commenti di una poesia dedicata a ... [segue »]

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