Verso Bogotà
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In una casa qualsiasi, verso Bogotà, a metà del mondo, un equatore di buoni e cattivi propositi. Difese, tante, palizzate, Grande Muraglia, visibile dal mio personale spazio e senza satelliti di mezzo, ad ovest di ricordi, prospetticamente giganti anche se visti da lontano, l'esercito di terracotta, Titani nell'impresa d'obliare, cieco ciclope d'una coscienza avvizzita. Esperta nel mio Mahjong, governo, costruisco, demolisco. Un cavaliere romeno che perde la sua sposa, Mina, Vlad iii di Valacchia, il vampiro che amava. In piena metamorfosi kafkiana, insetto in un "contesto veramente animale" come dice "lui". Pitagorica, segni e simboli di disfatta, rinuncia di posti occupati per sbaglio e mete desiderate, ma irraggiungibili, aliquid stat pro aliquo, archetipi universali. È un viaggio, saliscendi senza corrimano, fermate, confini, il Tibet nel cuore, il tè nel deserto, tuareg ormai stanca di attraversare, traversare, impolverarsi, con i sandali rotti, sulla sabbia cocente. Un po' gitana con questi piedi nudi, i bracciali alla schiava, gli orecchini troppo grandi. Selciato lastricato di manicheismo, senza chiaroscuri né mezzi toni, acuti, baritoni, raggiungo lo zenit e poi mi declasso ed abbandono. Passeggio su un grande ponte, il grande cappello giallo di raffia, campanellini bianchi come bordura floreale, le bocche di leone, begonie ... [segue »]
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