La musica aveva parlato per loro
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...poco importava. Il loro concerto continuava e io speravo che le loro voci potessero incontrarsi come i loro sguardi, ma dirsi di più. Erano di fronte a me, faceva caldo, lei abbassò lo spolverìno nero che aveva abbandonato sulle spalle; lo fece cadere in modo che poggiasse sui gomiti. Fu lì che lo vidi. Era una piccola chiave di violino, quasi sulla clavicola ma più in basso, come stesse cadendo sul cuore, per intenderci. La musica non finisce mai il suo corso: è sempre in viaggio, verso le emozioni. Ma il destino non aveva finito di ghignare mostrandomi le sue carte. In uno dei suoi virtuosismi sulla batteria invisibile il ragazzo storse il braccio leggermente. Notai il suo tatuaggio, la chiave di fa, una piccola virgola nera poggiata sul suo avambraccio destro. Erano collegati, era ovvio, dovevano esserlo! La musica non sbaglia e quella incisa sotto pelle significa troppo. Quando infatti, la canzone si interruppe ad entrambi, insieme abbassarono il volume di quella successiva, quasi a darsi un segnale. Si guardarono e lui le fece il gesto di togliersi le cuffie. Lei esitò ma lo fece. È per questo che, di corsa, le ho messe io. La musica aveva parlato per loro, adesso doveva continuare ad accompagnarli mentre io mi prendevo a forza il diritto di immortalare il loro incontro. E visto che non so suonare, scrivo.
Composto domenica 28 aprile 2013
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