Scritto da: Roberto Di Nardo

E Gridò

La folla voleva che cantasse ancora,
inneggiava al suo ritorno sulla scena, un'altra canzone.

Era stanco, anni passati col sudore giallo dei riflettori addosso,
tra suoni metallici, presenti anche nel cesso, dopo ogni notte,
ancora vivi in testa.

L'emozione sempre meno intensa, e sempre più sottile nel tempo,
gli faceva quasi andare alla ricerca dell'imprevisto,
dove poter creare un nuovo gioco, dove poter motivare la presenza,
in quel preciso istante, tra quelle note,
che seppure erano nate con l'ardore di scolpire anime nuove,
prendevano sempre, poi, le sembianze delle stesse facce senza nome,
e perdevano pian piano gli occhi.

Una voce presa a Dio, come per gridare un dolore immenso,
in una notte di coraggio bianco, liquido.
Aveva iniziato ad accendere stelle, una dopo l'altra.
Adesso stava per spegnerne l'ultima in cielo.

Contò le scale, poche, una ad una, e guardò oltre il vuoto di una folla urlante,
vide dove stava aspettando, da sempre, senza averlo mai compreso prima.

Scelse di cantare la canzone dei sogni.

Prese le sue ultime ali, e bruciò tutto il resto.
Bruciò, come bruciano le vite della gente.

Sentì ogni singola fiamma, ogni attimo ardente, scorrergli sul corpo.

E Gridò.

La folla impazzì, ancora una volta, alla sua voce.

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