Negli occhi
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...a terra. Non un urlo, un gemito, nulla, penso sbalordito a quello che non posso aver visto. Mi alzo corro verso la casa, verso Anita e le urlò di entrare in casa, lei piange e guardandomi mi dice: "È un bambino!?". La prendo per un braccio e la porto dentro casa, chiamo subito un'ambulanza, la polizia e chi velocemente mi balena in testa in quei pochi attimi. Cerco una pila, e sento già le sirene da lontano mentre trovo una vecchia torcia, corro fuori casa, verso quello che ancora non so cosa o chi sia. Faccio segnali di luce alla polizia e giro la torcia verso terra, verso quello che scopro essere mio figlio. Mi porto una mano alla bocca per trattenere un urlo, illumino il cane lupo che ancora abbaiava ma non si avvicinava... abbasso la torcia, il bimbo ha ancora gli occhi aperti, è chiuso in un sacchetto nero, ma un urto di vomito mi fa correre via.
Ormai le luci dell'ambulanza sono un ricordo, ripenso con sgomento quando mi hanno chiamato per riconoscere il cadavere... "si, è mio figlio, è mio figlio Cristiano" lo avevamo chiamato così dopo molte indecisioni per non chiamarlo con il nome dei figli persi, sarebbe stato macabro, poi, pensai, che di macabro c'era solo quel momento.
Composto giovedì 5 gennaio 2012
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