Ciao Chiara, credo che, lo si voglia o no, e per quanto si sia dotati di una corazza resistente l'ambiente, le mode, i comportamenti degli altri, i malesseri sociali (somma di quelli individuali), ci condizionano e orientano i nostri comportamenti.
Al punto che anche le situazioni meno "pericolose" (parlo per esperienza personale) vengono vissute come ostacoli insormontabili.
Quando si arriva a questo punto occorre recuperare il dovuto distacco, che non deve essere sinonimo di isolamento, ma di attitudine a vedere le cose in modo, per quanto possibile, oggettivo e al netto dell'influenza del pensiero dominante.
Un esercizio non banale ma spesso necessario.
Come metterlo in pratica? Ognuno può elaborare la propria "ricetta" personale ma un modo, se vogliamo, "scientifico", può essere quello di costruirsi una opinione sulle cose opposta, a prescindere, a quella del già citato pensiero dominante.
Se i riscontri obiettivi, rilevati nel tempo e nello spazio, ad un siffatto pensiero dovessero avvalorarlo allora è possibile che ci si trovi sulla buona strada e che stiamo riuscendo a "razionalizzare" il condizionamento che il mondo quotidianamente esercita su di noi.
6 anni fa
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Sì, l'equazione avrebbe quanto meno bisogno di qualche fattore correttivo.
L'arrabbiatura è un sentimento umano. E ciò è lapalissiano. Se ne fossimo esenti non saremmo umani.
Spesso trattasi della naturale conseguenza di un'analisi lucida della realtà, cosa che, quasi certamente, coloro che l'hanno ingenerata nel malcapitato hanno omesso di fare.
Per cui la mia solidarietà al popolo degli arrabbiati (purché lo siano a ragion veduta).
6 anni fa
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Sì... però delle volte, a meno che non si rischi eccessivamente, a volte bisogna farsi trascinare dai vortici della vita senza opporre eccessiva resistenza. Si potrebbe al contrario rischiare di non cogliere appieno tutte le sorprese (positive) che la vita ha in serbo per noi...
6 anni fa
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La cosa che dà più da pensare è che saccenza e superbia, sovente indissolubili compagne di avventura, accolgano con elegante disinvoltura l'incoscienza, meritevole di concedere loro vigore e fulgore.
Tutte assieme affrontano un viaggio infausto, senza ritorno.
6 anni fa
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Ciao Silvia, mizzika... chi piaciri... come si dice dalle tue parti... "QUANNU SI CUNTA E' NENTI".
No in realtà niente di che... Succede solo che ogni tanto cambio lavoro perché sono un inquieto eclettico e scalpito... Però il risultato è che le cose tutto sommato migliorano...
A presto... Tu tutto bene?
6 anni fa
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Al punto che anche le situazioni meno "pericolose" (parlo per esperienza personale) vengono vissute come ostacoli insormontabili.
Quando si arriva a questo punto occorre recuperare il dovuto distacco, che non deve essere sinonimo di isolamento, ma di attitudine a vedere le cose in modo, per quanto possibile, oggettivo e al netto dell'influenza del pensiero dominante.
Un esercizio non banale ma spesso necessario.
Come metterlo in pratica? Ognuno può elaborare la propria "ricetta" personale ma un modo, se vogliamo, "scientifico", può essere quello di costruirsi una opinione sulle cose opposta, a prescindere, a quella del già citato pensiero dominante.
Se i riscontri obiettivi, rilevati nel tempo e nello spazio, ad un siffatto pensiero dovessero avvalorarlo allora è possibile che ci si trovi sulla buona strada e che stiamo riuscendo a "razionalizzare" il condizionamento che il mondo quotidianamente esercita su di noi.
L'arrabbiatura è un sentimento umano. E ciò è lapalissiano. Se ne fossimo esenti non saremmo umani.
Spesso trattasi della naturale conseguenza di un'analisi lucida della realtà, cosa che, quasi certamente, coloro che l'hanno ingenerata nel malcapitato hanno omesso di fare.
Per cui la mia solidarietà al popolo degli arrabbiati (purché lo siano a ragion veduta).
Tutte assieme affrontano un viaggio infausto, senza ritorno.
No in realtà niente di che... Succede solo che ogni tanto cambio lavoro perché sono un inquieto eclettico e scalpito... Però il risultato è che le cose tutto sommato migliorano...
A presto... Tu tutto bene?