Chi legge poesie non sarà mai un malvagio, gioirà nell'impatto, amerà gli odori, cullerà gli onesti, abbandonerà l'effimero, il banale, l'inconsistente, il futile. Chi scrive poesie sarà sempre un dannato, i beati non saranno mai poeti, semmai portantini, menestrelli ammaestrati, suppellettili. Chi non legge poesie sarà sempre un ordinario, un comun piccione viaggiatore, un chiodo arrugginito perché inutilizzato, insomma un vincente di questo tempo bastardo.
La strada insegna che non bisogna fidarsi troppo dei pentiti, come non bisogna fidarsi troppo dei redenti e dei convertiti. La cultura dell'espiazione appartiene a un mondo insano, al ricatto, alla convenienza, ai privilegiati indotti a considerarsi immuni a qualsiasi peccato. L'uomo ha bisogno di vincere la gara a costo di tradire le sue stesse radici, il suo essere vigile o distratto, buono o cattivo, presente o assente che sia. Prima di aprirvi ai pentiti, chiedetevi se vi pentireste mai e a quale prezzo, si nasce, non si rinasce; ogni vita è un evento, il cambiamento è circostanziale, io mi fido dei rinnegati, gli indomabili!
La carità è borghese, è un costume rabberciato, indossato per l'occasione, squallida come un signorotto che si toglie i guanti nel bel mezzo della piazza, mette le mani in tasca e lascia scivolare qualche spiccio nel cappello del barbone, guardandosi bene dallo stringere la mano o toccarlo. La carità è una beffa, sostituisce gli stati sui diritti che dovrebbe assicurare, ma non sostituisce la dignità e assicura lunga vita ai disonesti.
Il carnevale di periferia dissonava con gli altri, non vedevi pennacchi di indiani, vestiti di cowboy, pistole e frecce, damigelle e fatine, a limite potevi fermarti a guardare alcune stelle filanti passate per caso. Però, non mancavano mai i coriandoli, passavamo giornate a lavoro per ricavarli dal taglia carta gigante del padre di Roberto. Ogni carnevale, alle tre di pomeriggio, aprivamo il garage al pubblico e distribuivamo buste di coriandoli ai conoscenti, ai compagni di scuola e ai nemici. Non ho mai amato il carnevale, ma quei pomeriggi sono rimasti impigliati nella gola.
Adoro sentire spiegazioni forbite, eleganti e precise, adoro sentire le spiegazioni fino all'ultimo e poi lasciare la discussione inserendo data, luogo e motivazione storica. Adoro passare per ignorante. E poi ridicolizzare maestri, educatori, professori e "anestesisti". Porto addosso la polvere dell'asfalto e, ogni giorno, incontro un disoccupato, un operaio, un pregiudicato o un poveraccio da vendicare.
È solo un caso che tu sia bianco o nero, è solo un caso che tu sia gay o etero, è solo un caso che tu sia diversamente abile o abile soltanto. Chi nota differenze si fa solo vanto della propria ignoranza.
Perché amo la poesia? Perché non indossa abiti firmati, non porta la cravatta e non va alle feste borghesi. Seppur, in qualche modo. La si osi travestire, il mondo sappia che non si tratta di poesia, ma di tradimento. La poesia non può essere borghese e non mai un lusso.