Non erano fantasmi, né persone in carne e ossa, lo vedeva. Assomigliavano più che altro al Riddle uscito dal diario tanti anni prima, che era memoria quasi solidificata. Meno concreti di corpi viventi, ma molto di più di fantasmi, venivano verso di lui, e su ciascun volto danzava lo stesso sorriso affettuoso. James era alto esattamente quanto lui. Indossava gli abiti nei quali era morto e aveva i capelli arruffati e gli occhiali un po' storti come quelli del signor Weasley. Sirius era alto e bello, molto più giovane di come Harry l'aveva conosciuto in vita. Avanzava con elegante disinvoltura, le mani in tasca e un sorriso in volto. Anche Lupin era più giovane, molto meno trasandato, e aveva i capelli più folti e più scuri. Sembrava felice di essere di nuovo in quel luogo familiare, teatro di tante avventure da adolescente. Il sorriso di Lily era il più largo. Avvicinandosi, spinse indietro i lunghi capelli, e gli occhi verdi, così simili a quelli di Harry, frugavano avidi il suo volto, come se non potesse mai saziarsi di guardarlo.
Le zanne di Basilisco caddero con gran fragore dalle braccia di Hermione. Corse da Ron, lo abbracciò e lo baciò sulla bocca. Ron gettò via le zanne e il manico di scopa e rispose con tanto entusiasmo che sollevò Hermione da terra. "Vi pare il momento?" gemette Harry debolmente. Ma quando non successe nulla, anzi Ron e Hermione si strinsero più forte e iniziarono a dondolare sul posto, alzò la voce. "Ehi! C'è una guerra là fuori!"
Silente: "Tu sei il padrone della Morte, perché il vero padrone non cerca di fuggirla. Egli accetta il fatto di dover morire, ed è consapevole che ci sono cose, molto, molto peggiori al mondo che cessare di vivere".
"Quella ragazza è feramente carina, " disse Krum, richiamando Harry alla realtà. Krum indicava Ginny, che aveva appena raggiunto Luna. "Anche lei è una tua parente?" "Sì", disse Harry, improvvisamente irritato, "ed esce con un tizio. Uno gelosissimo. Un tipo grosso. Non ti conviene farlo arrabbiare".
Non riusciva più a controllare il proprio tremito. Non era poi tanto facile morire. Ogni secondo che respirava, l'odore dell'erba, l'aria fresca sul viso, era tutto così prezioso: pensare che altri avevano anni e anni, tempo da perdere, tanto tempo che non passava mai, e lui si aggrappava a ogni singolo istante. Pensò che non sarebbe riuscito a continuare e nello stesso tempo seppe che doveva. La lunga partita era finita, il Boccino era stato preso, era ora di lasciare il campo... Il Boccino. Con le dita intorpidite, trafficò per un momento con la saccoccia che portava al collo e lo tirò fuori. Mi apro alla chiusura. Lo fissò, con il respiro affannato. Adesso che voleva che il tempo che il tempo si muovesse il più lentamente possibile, ecco che accelerava, e l'intuizione sembrò arrivare più veloce del pensiero. Era questo il momento. Premette il metallo contro le labbra e sussurrò: "Sto per morire". Il guscio dorato si spezzò. Lui alzò la mano tremante, levò la bacchetta di Draco sotto il Mantello e mormorò: "Lumos". La pietra nera con la crepa al centro era posata nel Boccino.
Come la pioggia contro una finestra fredda, questi pensieri tamburellavano sulla dura superficie dell'incontrovertibile verità: doveva morire. Io devo morire. Doveva finire.
Sentì il cuore battere forte nel petto. Strano che, nel terrore della morte, pompasse più forte, tenendolo energicamente in vita. Ma doveva fermarsi, e presto. I suoi battiti erano contati.