Scritta da: Silvana Stremiz
in Frasi & Aforismi (Libri)
I veri scrittori sono necessari: essi esprimono quello che gli altri sentono senza potergli dare forma, ed è per questo che tutte le tirannie li imbavagliano.
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I veri scrittori sono necessari: essi esprimono quello che gli altri sentono senza potergli dare forma, ed è per questo che tutte le tirannie li imbavagliano.
Ma qualcosa mi manca. Ti ricordi? È sempre stato così, lo sento da come respiro la vita.
Sento che mi manca come se mi fosse già appartenuta e qualcuno me l'avesse portata via.
Ma non so esattamente cos'è. C'è chi cerca l'altra metà della mela, io sto cercando ancora la mia mezza. Sono uno spicchio di me stesso.
Tutta quella città... non si riusciva a vederne la fine...
La fine, per cortesia, si potrebbe vedere la fine?
Era tutto molto bello, su quella scaletta... e io ero grande con quel bel cappotto, facevo il mio figurone, e non avevo dubbi che sarei sceso, non c'era problema.
Non è quello che vidi che mi fermò, Max.
È quello che non vidi.
Puoi capirlo? Quello che non vidi... In tutta quella sterminata città c'era tutto tranne la fine.
C'era tutto.
Ma non c'era una fine. Quello che non vidi è dove finiva tutto quello. La fine del mondo.
Tu pensa a un pianoforte. I tasti iniziano. I tasti finiscono. Tu lo sai che sono 88, su questo nessuno può fregarti. Non sono infiniti, loro. Tu sei infinito, e dentro quegli 88 tasti la musica che puoi fare è infinita.
Questo a me piace. In questo posso vivere. Ma se tu.
Ma se io salgo su quella scaletta, e davanti a me si srotola una tastiera di milioni di tasti, milioni e miliardi di tasti, che non finiscono mai, e questa è la verità, che non finiscono mai... Quella tastiera è infinita.
Ma se quella tastiera è infinita allora su quella tastiera non c'è musica che puoi suonare. Ti sei seduto sul seggiolino sbagliato: quello è il pianoforte su cui suona Dio.
Cristo, ma le vedevi le strade?
Anche soltanto le strade, ce n'erano a migliaia! Ma dimmelo, come fate voi laggiù a sceglierne una.
A scegliere una donna.
Una casa, una terra che sia la vostra, un paesaggio da guardare, un modo di morire.
Tutto quel mondo addosso che nemmeno sai dove finisce, e quanto ce n'è.
Non avete mai paura, voi, di finire in mille pezzi solo a pensarla, quell'enormità, solo a pensarla? A viverla...
Io ci sono nato su questa nave. E vedi, anche qui il mondo passava, ma non più di duemila persone per volta. E di desideri ce n'erano, ma non più di quelli che ci potevano stare su una nave, tra una prua e una poppa. Suonavi la tua felicità su una tastiera che non era infinita.
Io ho imparato a vivere in questo modo.
La terra... è una nave troppo grande per me. È una donna troppo bella. È un viaggio troppo lungo. È un profumo troppo forte. È una musica che non so suonare.
Non scenderò dalla nave.
Al massimo, posso scendere dalla mia vita.
Quando si è in molti, ogni dialogo diventa un'interminabile discussione. Ma in due si raggiunge a volte la saggezza.
Io ricordo tutte quelle che ho venduto, signor Potter. Si dà il caso, appunto, che la fenice, la cui piuma risiede nella sua bacchetta, abbia dato un'altra piuma, soltanto una, e basta. È curioso che lei sia destinato a questa bacchetta, quando la sua gemella le ha inferto quella cicatrice!
Non appena l'idea dei Diluvio si fu chetata, una lepre si fermò nei trifogli e fra le campanelle mobili, e disse la sua preghiera all'arcobaleno, attraverso la tela del ragno.
Oh! Le pietre preziose che si celavano - i fiori che guardavano già.
Nella via principale, sporca, si eressero le mostre delle botteghe, e vennero tratte le barche verso il mare, digradante, lassù, come nelle stampe.
Il sangue scorse, in casa di Barbablù, nei macelli, nei circhi, ave il suggello di Dio illividì le finestre. Il sangue e il latte scorsero.
I castori edificarono. I masagrans fumigarono nei caffè.
Nella grande casa di vetri, ancora grondante, i fanciulli in gramaglie guardarono le meravigliose immagini.
Una porta sbattè; e sulla piazza dei villaggio, il fanciullo girò le braccia, compreso delle banderuole e dei galli dei campanili d'ogni luogo, sotto lo splendido acquazzone.
La signora ** collocò un pianoforte nelle Alpi. La messa e le prime comunioni furono celebrate ai centomila altari della cattedrale.
Le carovane partirono. E lo Splendide-Hôtel fu costruito nel caos di ghiacci e di notte del polo.
Da allora la Luna udì gli sciacalli piagnucolanti nei deserti di timo - e le egloghe in zoccoli brontolanti nel frutteto. Poi, nel bosco violetto, germogliante, Eucari mi disse che era primavera.
Pullula, stagno; o schiuma, scorri sul ponte e passa al disopra dei boschi; drappi neri e organi, lampi e tuono, salite e rotolate; acque e tristezze, salite e risollevate i diluvi.
Poiché da quando si dissiparono - oh, le pietre preziose che ci sotterrano, e i fiori aperti! - è, una gran noia! E la Regina, la Strega che accende la sua bragia nel vaso di terra, non vorrà mai raccontarci quello che sa e che noi ignoriamo.
Per chi ci ha messo il cuore e altrettanto cuore non ha trovato, per chi si è sbagliato e ci ha messo troppo sale, per chi non avrà pace finché non riuscirà a scoprire in quale maledetto barattolo hanno nascosto lo zucchero, per chi rischia di annegare nella piccola alluvione delle sue lacrime. Siamo qui con voi e, nonostante tutto, come voi siamo vivi.
Non è vero che non credi all'amore, mamma. Ci credi tanto da straziarti perché ne vedi così poco, e perché quello che vedi non è mai perfetto. Tu sei fatta d'amore. Ma è sufficiente credere all'amore se non si crede alla vita?
Chi può conoscere i sentimenti di un orso? Ma se mai un orso ha amato un essere umano, lui la ama.
Ho letto i miei racconti con incredibile slancio quasi dimenticandomi di essere stato io a scriverli e ho pensato: cazzo, questo figlio di puttana sa davvero scrivere.