Immaginai la libertà totale nella caduta... Immaginai la voce di Edward nelle orecchie: furiosa, vellutata, perfetta... Il bruciore nel mio petto si accese in uno scatto di agonia.
L'acqua scura non era affatto invitante e da quella posizione la scogliera sembrava più alta che mai. Però erano passati giorni dall'ultima volta che avevo sentito la voce di Edward. Anche quello era un problema: dipendevo dal suono delle mie illusioni. Più latitavano, peggio andava. Tuffarmi dallo scoglio era senz'altro un ottimo rimedio.
Solo un luogo aveva quel requisito. Un luogo che sarebbe appartenuto sempre e soltanto a lui, e a nessun'altro. Un posto magico, pieno di luce. La bella radura che avevo visto una volta sola in vita mia, illuminata dal sole e dalla sua pelle sfavillante. L'idea poteva avere conseguenze negative: troppo rischio e troppo dolore. Sentivo una fitta e un vuoto dentro al solo pensiero! Era difficile non tradire emozioni. Ma di sicuro, là, come in nessun altro luogo, sarei riuscita a sentire la sua voce.
Sfrecciare lungo la strada in quel modo era stato meraviglioso. La sensazione del vento in faccia. La velocità, la libertà... avevano rievocato i momenti di una vita passata in cui sfrecciavo tra la vegetazione densa, senza seguire un sentiero, in groppa a lui che correva... a quel punto cessai di pensarci, e lasciai che i ricordi s'interrompessero, vinta dal dolore.
Non potevo pensarci, ma dovevo ricordare. Perché c'era una sola cosa alla quale dovevo credere se volevo continuare a vivere: la certezza della sua esistenza. Per me era tutto. Al resto avrei saputo resistere. A patto che lui fosse ancora vivo e reale.
Quand si fece ancora più vicino e posò le labbra ghiacciate sulle mie, la testa mi girava già... La sua bocca, fredda, morbida e delicata, indugiò sulla mia, finché non lo strinsi forte e mi gettai nel bacio con un eccesso di entusiasmo. Lo sentii sorridere, mentre si allontanava e scioglieva l'abbraccio.
Mi aggirai per le strade a lungo, senza andare da nessuna parte, pensando a Bella e all'incredibile concessione di averle svelato la verità. Poco tempo prima tremavo all'idea che scoprisse cos'ero. Sapeva. Non le importava. Sebbene fosse evidentemente una cosa negativa per lei, era incredibilmente liberatoria per me. Più che altro, pensai all'amore che lei contraccambiava per me. Non avrebbe potuto amarmi nel modo in cui l'amavo io – di un amore irresistibile, sfrenato e devastante che probabilmente avrebbe schiacciato il suo fragile corpo. Ma si sentiva abbastanza forte. Abbastanza da domare la paura che d'istinto avrebbe dovuto provare. Abbastanza da voler stare con me. E stare con lei era la più grande felicità che avessi mai conosciuto.
Sospirò e guardò fuori. Poi si rivolse di nuovo verso di me. "Ci vediamo domani?" Chiese all'improvviso. Già che mi trovavo sulla via per l'inferno, tanto vale godermi il viaggio. "Sì – anche io devo consegnare un saggio." Le sorrisi, e mi sentii bene nel farlo. "Ti tengo il posto, a pranzo." Il suo cuore vibrò; mentre il mio, morto, si scaldò.
"Continua a suonare," m'incitò Esme. Le mie mani si erano fermate di nuovo. Feci come aveva chiesto, e venne dietro di me, poggiando le mani sulla mia schiena. La canzone era interessante, ma incompleta. Giocai con un accordo, ma non sembrò in qualche modo corretto. "È affascinante. Ha un nome?" Chiese Esme. "Non ancora." "Vi è una storia collegata?" Domandò, un sorriso nella sua voce. Questo le dava un immenso piacere, e mi sentii in colpa per averle negato la mia musica per così tanto tempo. Ero stato egoista. "È... una ninna nanna, suppongo." Trovai l'accordo giusto. Si legò con facilità al movimento successivo, prendendo vita da solo. "Una ninna nanna," ripeté a se stessa. Vi era una storia dietro questa melodia, e una volta che lo capii, tutti i pezzi si ricomposero facilmente. La storia era una ragazza addormentata in uno stretto letto, dai capelli neri folti e arruffati e contorta come un'alga sopra il cuscino...