Scritta da: Gianni Marcantoni
Avrei voluto uscire, cercare la notte, ma la mia anima naufragava nello sperduto silenzio del cuore, dove i battiti non facevano altro che scandire i rintocchi dell'ultimo giorno che stava per nascere.
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Avrei voluto uscire, cercare la notte, ma la mia anima naufragava nello sperduto silenzio del cuore, dove i battiti non facevano altro che scandire i rintocchi dell'ultimo giorno che stava per nascere.
Purtroppo questa è la realtà. E la realtà è molto triste ovunque.
La tranquillità è un'utopia. La terra è il caos, e pensare che attribuiamo al caos l'origine della terra, ma sarà anche la fine e il durante. Forse è la metafora della vita.
Domani è come un sogno. Il domani non è diverso dal sogno.
Siamo i vuoti comprati dalla morte, alla quale dovremo essere resi. E tra quelli vecchi e quelli nuovi il valore che essa ottiene non subisce mai una flessione.
È passata un'altra ora, un'altra giornata sull'ombra della tua vita, che finisce sempre su ciò che viene perduto.
Era rimasto solo, senza soldi e senza più desideri. Era l'ora forse di andare a dormire sotto al ponte scoperto della notte, dove le anime attraversano i cuori colpiti dalla vita, e dalla malinconia del sogno.
Di qua era la vita, l'angoscia, il silenzio e la continua menzogna. Di là il sole, ardente tra la sua folta criniera di leone, e gli occhi di pantera che iniziavano ad apparire stellati lontano nel buio, sullo spicchio di una luna sorridente.
Ricordavano i tempi passati come se tutta la loro vita fosse rimasta lì a dondolare tra il nulla del tempo e l'aldilà.
Avevano un aspetto terribile di notte, e ancor più di giorno. Quegli occhi erano vuoti e colmi di insensatezza, come lo era stata tutta la loro vita, benché avessero provato a fare tutto ciò che gli altri facevano con naturale umanità.