Commenti a "C'è un unico errore innato, ed è quello di..." di Arthur Schopenhauer


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ottima Giulio.
Vincenzo il tuo ego è discretamente ipertrofico, io non sono particolarmente amante della filosofia teorica (quella sui massimi sistemi) ma è fatto innegabile che molti filosofi abbiamo poi agito nella vita della società influendone nella concretezza della vita.
Dare del ciarlatano a chi potresti "confutare parola per parola" mi sembra eccessivo davvero. La nostra crescita come uomini è fatta di piccoli passi, di tanti piccoli uomini e di alcuni geni che hanno fatto vedere quello che era sotto gli occhi di tutti ma non vedavamo. io li ringrazio tutti e butto via nessuno. Poi per la rilettura e per la guida alle mie azioni ne scelgo alcuni piuttosto che altri. Il giorno che dai alle stampe qualcosa lo leggero di sicuro, a meno che non parta con frasi tipo: prima di me ha capito un belin nessuno.
:-))
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E per trovarla, naturalmente. Dentro di noi.
So sprach Giuseppe Freda.
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In questo senso, contrariamente al guru Schopenauer, ritengo che noi esistiamo appunto per cercare la felicità.
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Questa considerazione è una pietra miliare, a mio avviso, per la comprensione del concetto di felicità.
Più che di concetto indeterminato, lo definirei relativo.
Esistono cose o situazioni che rendono felici taluni, e ad altri non fanno nè caldo nè freddo, e viceversa.
Secondo me l'errore è nel ritenere che la felicità debba per forza derivare dagli eventi, cioè da circostanze esterne all'individuo.
La felicità, viceversa, mi appare come una condizione del tutto soggettiva: qualcosa che nasce dal nostro intimo, che dipende molto più da noi stessi che dagli eventi esterni. Dipende da ciò che noi percepiamo del mondo e di noi stessi.
Del resto è così per tutte le cose: i sentimenti sono cosa nostra, non cosa che possa essere indotta dall'esterno.
Per questo vado ripetendo che il nostro fine deve essere costruire noi stessi, e non cattedrali di fatti e di cose.
In questo sono un po' induista, lo so.
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Sfortunatamente, il concetto della felicità
è un concetto così indeterminato che,
sebbene ogni uomo desideri giungere ad essa,
nessuno tuttavia è in grado di dire determinatamente
e coerentemente che cosa, in verità, desideri e voglia.
Causa di ciò è che tutti gli elementi che concorrono
a formare il concetto della felicità sono empirici,
ossia devono essere tratti dall’esperienza,
mentre all’idea della felicità si richiede un tutto assoluto...
un massimo di benessere nella propria condizione attuale
e in ogni stato futuro...!
In breve, nessuno è in grado di determinare con piena certezza,
in base a un qualsiasi principio,
che cosa effettivamente lo renderà felice...
perché, per questo sarebbe necessaria l’onniscienza.
E’ impossibile, quindi,
agire secondo principi determinati in vista della felicità.

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