Commenti a "C'è un unico errore innato, ed è quello di..." di Arthur Schopenhauer


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Un antico proverbio afferma: "Chi capisce, patisce". Ma è anche vero che c'è distinzione tra cosa e cosa che si "capisce". Vi sono infatti cose di cui si può dire: "Chi capisce, gioisce".
Non si tratta tuttavia di un "capire" vero e proprio, ed è in questo la vera difficoltà di questo genere di "capire".
Ribadisco comunque quanto detto in precedenza: la "felicità" che dipende dagli eventi esterni è uno stato transitorio ed ingannevole, circa il quale ha ragione Dario; mentre la vera felicità è una condizione interiore, uno stato dell'animo, che ai livelli più alti di perfezionamento non può essere turbato da alcun evento esteriore... ma che anzi è in grado di modificare gli eventi, mutandoli da negativi in positivi.
E' un fatto interiore: questo è il motivo per cui bisogna prima edificare se stessi.
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Fra le ottime cose dette da lei secondo me Sig, Cataldo,  c'è un punto dove a forza di cose separa queste due inclinazioni. ossia, la sensibilità che influisce spesso sulla realtà, ma difficilmente sulla ragione. Ovviamente l'esempio del pessimista e dell'ottimista anche per me sono ben che superati, ma devo pur usare una  lingua comune  per riuscire a far comprendere un discorso, (che è solo una goccia nell'oceano). Prima di iniziare a correre, si deve imparare a camminare. Pensi che io appena uscito dalla pancia, come prima cosa ho fatto una capriola :). Saluti.
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Il pessimista ricerca la felicità almeno quanto l'ottimista. L'unica differenza è che mentre l'ottimista accetta anche il fac-simile per raggiungere un idea di felicità, il pessimista come Dario suppongo, segue solo la propria idea, non scendendo a patti di nessun tipo, nemmeno con la propria coscienza. Ed è per questo che il pessimista quando guarda la pioggia la chiama pioggia, e quando vede il sole, lo chiama sole.. diciamo che l'ottimista in questo senso spesso si confonde. Cito un esempio:

"Chi dice che io sono uno che non crede, mi conosce meglio di quanto io conosca me stesso. Io posso essere uno che non crede, ma uno che non crede che ha nostalgia per qualcosa in cui credere".
(Pasolini).   Se questo pensiero è frutto di pessimismo, allora viva i pessimisti, spesso persone molto sensibili nei confronti dell' audace vita intraprendente e taroccata.  Un saluto.
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In questo tempo tentare di essere felici, equivale a chiudere almeno un paio di volte al giorno gli occhi, e forse concentrandosi solo su stessi e sulla propria persona, allora si può raggiungere una felicità, non so quanto sia del tutto felice, ma una dose di anestetico nei confronti del mondo, sicuramente aiuta a chiudere gli occhi e allargare il sorriso.  Ma in tanto Kennedy è morto.
Buona fortuna. Io preferisco la serenità alla felicità, forse perchè la trovo più logica e reale.
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postato da scheggia52, il
Con  gli esempi scellerati che ci vengono serviti tutti i giorni, quello di tentare di essere felici e', almeno per me, esempio positivo.
Se non ti va di seguirlo, sei liberissimo di farlo, nessuno ti costringe.

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