Scritto da: Pablitos Los Sconditos
in Diario (Sentimenti)
Sono prigioniero dei miei affetti.
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Sono prigioniero dei miei affetti.
Forse se non avessi mai fatto parte della mia vita, sarebbe stato tutto molto più semplice, meno lotte, meno preoccupazioni, meno tempo perso a sprecare inutilmente il tempo stesso. Avrei potuto concentrarmi su cose più importanti, reali, cose naturali e magari assecondare quello che è l'istinto naturale, o almeno quello dell'umanità che mi circonda così da sentirmi anch'esso io, umano. Ma è questo che non capisco, perché hai così tanta importanza per me, tu che non servi a niente, non hai scopo, utilità, niente di niente, perlomeno avrei inconsapevolmente quella serenità di non sentirmi un estraneo nel mio pianeta natio.
Non so come mai sono in costante ricerca di te, innaturalmente attratto da un unanime, assuefatto e sfatto, perché poi alla fine mi fai sempre a pezzi e proprio da quei resti ogni volta mi devo ricostruire, cercando in mezzo ad un cumulo di mostruose macerie lasciate dalle vite altrui che mi seppelliscono nell'animo, quelli parti che sono le migliori di me, cercarle, scovarle, scavando con le mani rotte per tenerle lì da parte a fare quel poco che da sole possono contro una montagna che cresce sempre e da sempre.
Mi piacerebbe arrivare a capire, arrivare finalmente ad un puzzle unicamente composto di tutto quello che di positivo mi è sopravvissuto. Così finalmente non ci sarebbe più nulla capace di alimentare tutto quel peggio che c'è in me, e finalmente mi sentirei veramente arrivato dove, insieme, io e te, cerchiamo di andare ogni volta che partiamo, ogni volta che ti accendi. Chissà un giorno, si. Raggiungeremo quella metà, insieme e finalmente sarò contento di averti incontrata, di aver viaggiato.
Sono stufo della guerra, è che non voglio più alzarmi e dover combattere per dimostrare ciò che valgo, quanto ci tengo, come se dipendesse tutto dalla forza che si ha.
Vorrei sentirmi come ti senti la sera quando torni a casa, trovare quella pace che ti dà una carezza, due parole, ricevere conforto nonostante la propria debolezza umana.
Se amare è lottare, dove si troverà mai questa sensazione.
Era tanto che non ci sentivamo. Ci eravamo persi per strade diverse. Risentirti mi ha emozionato, un po' come se fosse stato la prima volta che entravi dentro di me. O forse non ci siamo mai allontanati l'un l'altro. Tu dentro una piccola scatola di plastica, io dalla parte opposta, in fondo a quelle estensioni del tuo mondo che finiscono alle porte del mio essere. Per entrare là dove solo poche cose sono riuscite ad arrivare.
E mi chiedono "cosa c'è che non va?". D'istinto rispondo "niente" ma dentro mi chiedo "cosa c'è che va?". Ci si focalizza tanto sulle questioni negative e si perde da sotto il proprio sguardo tutto il resto. Però ancora, non sono riuscito a trovare una risposta al quesito.
Vi ho deluso, e sono consapevole di ciò. Non mi importa se gli obiettivi che non ho raggiunto mi hanno danneggiato, invece ciò che mi importa è il patio che avete dovuto vivere per causa mia. È il senso di colpa con cui devo convivere, accettarlo, il tempo non ritorna indietro, si sa e con esso non si cancella quello che avete vissuto.
Ci ho provato a farvi felici, ma non ci sono riuscito, nonostante ci abbia messo tutto me stesso. Non so perché sono stato e sono così, so solo che sono nato sbagliato io, per voi, per tutti, per tutto, perché lo so, se solamente avessi fatto come dicevate voi, almeno voi sareste stati felici, forse un po' anche io, si in fondo sarebbe stato più facile anche per me vivere, con voi. Sentirmi parte di qualcosa, sentirmi voluto, orgoglioso, amato.
Ho tanti di quei problemi, che nemmeno io starei con me stesso.
Vorrei dare amore, felicità... e basta. Senza senso di colpa, senza obblighi, regole, schemi, senza paure, così come mi viene, in modo naturale per il mio essere, a volte contrario con se stesso e il mondo attorno ma almeno affine a me stesso.
Vorrei amarti senza sentirmi un peso morto, che di peso addosso ne portiamo già tanto ogni giorno.
Liberarmi di questo peso, di questo corpo e librarmi in qualcosa che non ha una definizione, che non esiste in un vocabolario, che non è mai stato vissuto da nessun altro, perché in fondo lo sto vivendo solo io, libero da quelle catene di dover dare un nome, una definizione a tutto per dovermi catalogare, chiamarlo, per entrare in uno schema ben definito, di dover per forza condividere con quello stesso mondo che non ti accetta, ma se vuole ti esclude.
Libero dal buongiorno, dalla buonanotte e dai ciao, da mille regole e limiti.
Solo io e te, ciò che sono, ciò che sei... e miliardi di fantasmi che ci girano intorno come se i fantasmi fossimo noi.
Vi può esser amore e devastazione insieme, l'un l'altro affianco. Si può esser la causa della felicità e della tristezza. Ma è giusto così? Esser l'amore e esser il dolore. O l'amor che si prova, evince su se stessi al punto di non voler più esser causa di quel dolore che lei vive?.
- Bello il tuo gatto!
- Non è mio.
- Ah no, e di chi è?
- È di se stesso.