Sai che c'è? C'è che non ho bisogno di te, il mio cuore batteva e batterà, ancora e ancora miliardi di volte. I mie occhi si apriranno e chiuderanno e così via finché ce la faranno, di lacrime ne ho versate e non smetterò, il cibo l'ho sempre adorato e il vino sempre berrò. I sogni resteranno con me così come gli incubi che non mi fanno dormire. Tremerò per le stesse paure di sempre, oramai mie compagne di questo viaggio. Vivo, eccome se riesco a vivere senza di te. C'è che non è la stessa cosa, di vivere con te. Ecco cosa c'è.
La devi smettere di far finta di non vederti attraverso quegli occhi marroni che hai. La devi smettere di non volerti sentire. Quel cuore che batte fa troppo rumore dentro la tua piccola cassa toracica. Smettila di scappare da quell'anima che dimora in te, tanto da altre parti non può andare. È stanca di scavare sotto ogni cumulo di maceria. Lascia quel quadro da cui osservi tutto il mondo, non lo vedi, distorce tutto ciò che di bello ci può essere in questo tempo. Abbandonati alla tempesta che sei. Vivi e rischia.
Ti nascondi? Perché? A che ti serve se tanto sei dentro di me, dove posso vederti sempre, trovarti appena chiudo gli occhi, persino al buio. La luce che emani attraversa quei quattro stracci con cui provi a coprirti, ed è inutile che cerchi di soffocare la tua voce nella speranza che non ti senta, ormai sei un eco che rimbomba attraverso ogni angolo di questa città caotica. Lo sai che quando si entra così prepotentemente dentro una persona, non se ne esce più, neanche volendolo. Prenditi la responsabilità di ciò che hai fatto. Perché la colpa è solo tua.
Vita crudele. Ti fa sognare solo per poi svegliarti, e un giorno senza sapere quando ti rendi conto che restano solo i ricordi di quegli stessi sogni. Come cicatrici. Ricordi di una guerra chiamata vita.
Ho fallito in tutto, anche in ciò che amavo e, nonostante questo, qualche Dio malefico mi fa vivere, mi da ciò che mi serve per non morire. Non so cosa sia peggio, se la consapevolezza del fallimento in se o la fredda visione di ciò che i miei occhi sono costretti a vedere ogni giorno della mia punizione, si punizione, perché non esiste altra parola per definire quello che certamente non è una vita. Eppure mi chiedo se tutto questo sopportare prima o poi mi premierà, se prima o poi in qualche tempo non definito mi aspetta una vita vera, e non solo un semplice assaggio. Esisterà un premio per gli ultimi?
È quando sei privo di lacrime, quando perdi la voglia di scrivere, quando ti rimane un vuoto insaziabile e le risate diventano niente altro che un rumore di fondo, arrivi alla sera e ti chiedi se sei ancora umano, se c'è qualcosa in te di rimasto vivo tra le macerie della tua anima o se tanto vale rassegnarsi e riconoscere di essere diventato un umanoide, un essere che di esso non ha nulla a che fare se non le sole forme estetiche. E cerchi, cerchi una risposta, cerchi un segnale, ancora meglio un sentimento, anche di odio, persino una debolezza andrebbe bene, che è così umana. Esser incapace di odiare. È forse questa la mia umanità?
Mi sveglio, apro gli occhi e guardo intorno a me, lo vedo. Un anno fa ero qui, esattamente dove sono adesso, il tempo ti lava la pelle e scivola a terra portandosi dietro di sé quei frammenti morti della tua anima che giacciono sulla superficie del tuo corpo oramai cicatrizzato, formando così quelle pozzanghere salate di ricordi dove ti vedi ma non ti riconosci, tanto che sei martoriato da quei tagli della vita, pozze piene di sale nel quale tu cammini e ti bagni i piedi stanchi di camminare sulla terra rocciosa, sentendo così quel dolore che ti fa sentire maledettamente vivo ogni secondo della tua esistenza. Ne siamo inumiditi da ogni dove come sotto un acquazzone tropicale che tutti i giorni si abbatte su di noi. Come si può dire che il tempo non esiste? Scorre inesorabilmente sopra di noi.