Post inseriti da Giovanni Battista Quinto

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Scritto da: Giovanni Battista Quinto
Amo la donna originale! Quella che non segue le mode, ma che crea nuove mode; la donna che va controcorrente, che passeggia per il paese senza meta apparente; la donna che si ciba di semplicità senza trucchi e senza inganni. Quell'essere prezioso con i capelli addolciti dal vento e la pelle candida che ispira anche il sole per il troppo splendore. Amo la donna "pazza", geniale, sensibile, disarmante; la donna vera che cammina solitaria per strada... inseguendo un bel sogno ad occhi aperti.
Composto venerdì 16 maggio 2008
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    Scritto da: Giovanni Battista Quinto
    A proposito di sismi e sismologia. Oggigiorno è facile incontrare "sapienti" d'ogni sorta in questo spazio denominato internet; individui che si atteggiano a sismologi, medici, farmacisti, professori della situazione. Il web è un grande contenitore d'informazioni (informazioni spesse volte interpretate con i piedi); ma attenzione ragazzi, perché solo un farmacista, un professore, un medico, un avvocato e chiunque abbia sudato per anni sui libri conseguendo titoli idonei... sa cosa dire, come interpretare linguaggi specifici e come esprimersi nel proprio campo. Internet ha mille risorse positive, utili ed alla mano, ma porta con sé una grande pecca, a mio avviso: quella di aver alimentato nei presuntuosi l'illusione di esser ciò che non si è.
    Composto domenica 23 luglio 2017
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      Scritto da: Giovanni Battista Quinto
      Adoro Don Matteo, perché è il Prete che vorrei vivere davvero.
      Il Prete virtuoso conserva intatto il sorriso sulle labbra e negli occhi; ha un animo gentile verso il prossimo, un carattere generoso, onesto, altruista, umile, di poche parole e di molti fatti (fatti per bene...).
      Il Prete virtuoso vive l'insegnamento di Dio intensamente, non solo con la mente o le parole, e fa vivere tale insegnamento a chiunque possa incontrare sul suo cammino.
      Il Prete valoroso, non è affatto presuntuoso, non ti guarda con disprezzo, ma ti serve con amore e ti tratta con rispetto;
      di vero cuore!
      Il Prete dignitoso non guarda alle sue tasche, non vive di danaro, ma di Misericordia ed autentica carità.
      Carità che tutto muove, che tutto risana.
      Un Prete d'amore, non ama esser servito per poi dare il ben servito, ma serve la sua comunità con affetto e tanta stima, senza pretese, senza servilismi da parte dei parrocchiani, ma servendo (ripeto) con rispetto e stima, non già con superiorità, alterigia, scorrettezza, presunzione, cattiveria vera e propria (nel caso qualcuno dovesse osare contraddire), scostumatezza e nervosismo alle stelle.
      Quando un Prete parla di umiltà, di carità, di gratuità, di amore e rispetto reciproco, per poi dimenticare ciò che ha detto una volta sceso dal pulpito (comportandosi totalmente all'opposto), mi fa urtare.
      Non credo più in determinati "Preti". (Tanto rispetto per loro che sono comunque esseri umani).
      Credo solo in Dio.
      Composto lunedì 5 gennaio 2015
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        Scritto da: Giovanni Battista Quinto
        La forza dell'amore unisce l'animo coraggioso d'una mamma al fragile destino di una figlia... da qui nasce il "sempre", l'infinito sentimento che regna inalterato, l'insaziabile desiderio di provare emozioni, talvolta contrastanti; e la voglia di confronto s'accende tra due diverse generazioni, tra identità uniche ed unite da tenerezza e vitalità, da sospiri intensi di passione, da empatia che accende ancor più comprensione. La madre osserva la figlia con occhio vivace mentre lacrime intrise di nostalgia inondano gli occhi di chi amò oltremodo offrendo se stesso in un turbinio di gesta virtuose, nella semplicità riflessa in un incantevole tramonto che preannuncia la sera della vita terrena e lascia spazio al ricordo di chi fu per noi delizia e tormento nell'improvviso calar del sipario, quando le luci si spengono al mondo rattristato per accendersi a giorno nuovo ed intenso. Resta impresso quell'ultimo bacio condito di pianti e dolore; ma la mamma non muore mai, vive nell'anima, nel ricordo; abbraccia il respiro, si nutre di noi, ci osserva, ci sfiora, ci adora in silenzio, placa il dolore, infonde calore, ci sorride e ci invita ad amare di cuore.
        Composto domenica 16 luglio 2017
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          Scritto da: Giovanni Battista Quinto
          Gesù ha esaltato, con umiltà e bontà, un padre vero, umile, comprensivo; un padre che infonde nelle sue creature il concetto di libertà. Libertà di decidere come portare avanti l'esistenza (percorso di vita); libertà di scegliere tra bene e male, tra sincerità e disonestà, lealtà ed illegalità, moralità ed immoralità. Il padre ci lascia liberi di decidere se seguirlo o meno; poca importanza dà alle cose futili dell'esistenza; non bada al fanatismo, al tifo sfegatato per l'uno o per l'altro credo (tutto ciò porta al degrado dell'essere, al distacco, a squallide fazioni guerreggianti tra loro). Egli s'accontenta di poco, al di là d'ogni atteggiamento, d'ogni faziosità o pensiero radicato da tempo in chi alimenta soltanto la propria verità per denigrare puntualmente ciò che va contro i personali ideali esternati al prossimo con buona dose d'impulsività, scorrettezza, egoismo e vanità. Ma non fu il buon gesù a dirci: "chi vuole mi segua!"? Gesù ha mortificato il fratello che andava contro i suoi principi? Gesù ha calunniato chi professava un pensiero diverso dal suo? No, nella maniera più assoluta! Purtroppo ci sono certi individui che, con buona dose d'impulsività, aggrediscono altri individui per il sol fatto di professare un credo diverso; ma non disdegnano di rifarsi ad un Dio materiale ed immorale, un Dio denominato denaro.
          Composto sabato 15 luglio 2017
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            Scritto da: Giovanni Battista Quinto
            L'amore non chiede, non desidera, non spera in ritorni, non si nutre di condizioni o di illusioni. L'amore è vita, è gratuità, è sentimento profondo; sosta nei cuori come onda al tramonto; esprime se stesso in un gesto d'affetto, nel dolce sorriso, in una lacrima d'addio: quando qualcuno ci abbandona per andar via dal nostro fragile, tenero mondo.
            Composto venerdì 7 luglio 2017
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              Scritto da: Giovanni Battista Quinto
              Non ch'io neghi all'uom venale velleità, ma aride parole di furbizia e vanità, son disagio e disonore per l'intera comunità. Mai conobbi uomo d'animo ruderale, ristretto come vil soggetto... privo di dignità; risentito ed esacerbato, anaffettivo quanto basta, illuso ed irrequieto, l'uomo pubblico espleta con lodevole abilità l'esercizio sacro come fosse fonte fresca dalla quale attinger solitario per saziar la sete di denaro. E beve, beve, beve: l'uomo nero si disseta alla fresca sorgente del peccato e allontana tutti. Udite amici, egli ha costruito otto dimore per nostro Signore; instancabile e battagliero trova sempre un espediente per dire: "ho fatto tutto io", dimenticando che una comunità è composta di tante persone. L'uomo nero si perde sempre più nell'egoismo e nella oscurità, dimentico! (... dimentico di tutti i paesani che sborsano ed hanno sborsato, mentre intasca alla faccia di tutti!). Prosegue il cammin dell'esistenza ed immune rifiuta ogni sentimento; furbo e spietato, intimo amico della materialità, acerrimo nemico della moralità, si fregia di onori e virtù sminuendo il suo simile ed il mondo intero. Ma a chi credi di prendere in giro, uomo nero? Il male lo fai soltanto a te stesso... Dio ti benedica. Ne hai bisogno.
              Composto martedì 4 luglio 2017
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                Scritto da: Giovanni Battista Quinto
                Avere consensi ed apprezzamenti, raggiungere traguardi importanti ottenendo medagliette d'oro e magari menzioni speciali o titoli accademici d'onore, ricevere la notizia d'esser giunti finalisti ad un concorso importante, potrebbe alimentare in noi orgoglio insulso e vanità. Stranamente a me tutto ciò causa rabbia. Ho partecipato in tutta la mia vita a tre concorsi nazionali ed internazionali, ricevendo menzioni ed onori e giungendo "finalista" a quest'ultimo di piaggine. Molte persone si sono complimentate con me, molti pensieri personali sono stati inseriti in svariate antologie di "poeti" italiani (ma chi è il vero poeta?); insomma, nel mio piccolo ho raggiunto alcuni "traguardi". Ma ad ogni traguardo mi sento sempre più preso in giro e mi ritrovo ad essere meno orgoglioso di me stesso (non ho mai avuto un concetto buono di me stesso) e della miseria che offro a qualcuno; ma a chi? Ecco! Ogni traguardo, invece di essere motivo di gioia, mi conduce ancor più nel baratro della inutile, inesistente ed illusoria capacità di scrivere quattro parole una dietro l'altra. Ma quale capacità! Mi sento preso in giro, ecco perché non parteciperò (forse) più ad un concorso letterario. Perché tutto ciò mi fa sentire inutile; perché tutto ciò non mi ha mai fatto provare il gusto della sconfitta (essere eliminato senza titoli o onori di sorta), perché ho partecipato a tre concorsi gratuiti per curiosità, ed ho ricevuto sempre una strana positività in risposta all'azione compiuta. Questi concorsi dovrebbero potenzialmente offrire una garanzia di "capacità" soggettiva in ciò che si fa (nel mio caso scrivere). Dovrebbe essere così e lo è per tanti "scrittori" o pseudo tali. Non lo è per me, perché il mio destino sapete qual è? Scrivere per istinto innato, senza però apprezzar me stesso; né ora, né mai. Essere consapevoli dei propri limiti porta ad osservare tutto con più severità e con più raziocinio; abitudini che oggi mancano perché non vi è più una sana e coscienziosa autocritica. Tutti amano il microfono, le cerimonie, le premiazioni, le presentazioni, l'esibirsi in pubblico con letture o pompose parole. È così che nascono scrittori provetti... no? Scrittori d'orgoglio e vanità.
                Composto mercoledì 21 giugno 2017
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                  Scritto da: Giovanni Battista Quinto
                  Più volte torno a meditare dibattendo con me stesso sul perdono. L'atto del "perdonare" è uno dei misteri più temuti e dibattuti dal cuor mio, perché proprio dal cuore parte la "pratica del perdono". Non è per niente facile perdonare un torto, un'azione negativa perpetrata nei nostri confronti, un improvviso atto di cattivo gusto, un tradimento (uno fra gli atti negativi che ci porta spesse volte a confrontarci con il perdono). Ed è proprio su tale azione che vorrei soffermare l'attenzione: il tradimento. Quando una persona ci tradisce, indubbiamente ci pugnala, ci fa crollare il mondo addosso, fa vacillare il nostro corpo per poi spingerlo inevitabilmente al suolo, con ferocia e violenza. A quel punto subentra in noi un senso di vuoto, di sconforto; l'amarezza per aver confidato in chi non avrebbe dovuto ricevere le nostre attenzioni. L'oscurità dilania le membra per poi penetrare nell'intimo del nostro sentimento sopraffatto, abbattuto, disintegrato dalla falsità e dalla ipocrisia della gente; e quando sei sul punto di guarire, dopo insistenti e destabilizzanti pensieri accompagnati da dolore e da tormento, ecco giungere improvvisa la richiesta di perdono invogliata da un dolce sorriso, da un paio di parole preparate a tavolino e da strepitosa abilità... nel saper dire. Il perdono è un sentimento che nasce dal cuore, come già detto, non può esser azionato dalla mente. Ma infinite volte è azionato proprio da quest'ultima. La cosa più importante da ricordare è che il perdono non necessita assolutamente di un "ritorno" del tradito nella vita del traditore e viceversa. Dio ci invita al perdono, ma ci invita anche a generare ed a portare avanti nel tempo una crescita interiore. L'errore serve per crescere interiormente e si serve del dolore per plasmare il cuore del traditore. La sofferenza dovuta all'assenza possibile dell'altro (il tradito) si dimostra maestra di vita e ci porta a sviluppare nuovi e ben più profondi sentimenti.
                  Ricevere un perdono immediato non giova al traditore che in tal guisa potrebbe tradire nuovamente e con più facilità. Perdonare un torto subito non presuppone un ritorno al passato, ma alimenta lezioni di vita: per chi necessita di perdono e per chi offre o meno il personale perdono.
                  Composto lunedì 19 giugno 2017
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                    Scritto da: Giovanni Battista Quinto
                    Molti nascondono a se stessi la fede in qualcosa di supremo, o forse non riescono a quantificare tale aspetto; però in qualcosa credono. L'uomo non potrebbe vivere senza credere in qualcosa: che sia un essere di luce, che sia un essere poco noto, non importa; per natura ha bisogno di credere in una essenza indefinita "più grande di lui". Da tale istinto (di credere in qualcosa) nasce la speranza; fiducia da riporre nel proprio cuore, se non in un Dio o in un essere perfettissimo. L'ateo non crede in qualcosa di sovrumano, ma non può sottrarsi all'amore, infatti anch'egli s'innamora; e credendo nell'amore, indirettamente crede in Dio, che è amore.
                    Composto sabato 17 giugno 2017
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