Un conto è il silenzio. L'altro è quando hai finito le parole.
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Un conto è il silenzio. L'altro è quando hai finito le parole.
Il diritto di crollare ogni tanto.
Dare spazio al dolore in un pianto, non nelle parole. Così.
A volte c'è solo bisogno di piangere. Da soli.
Il gelo, notti in bianco, lacrime, perdono perduto.
Mi fa male lì dove si pensa e si prende consapevolezza, quindi un po' ovunque.
Quello che non vorrei sentire lo sento lo stesso attraverso le cose.
Reggimi se cado, mi devi reggere.
Senza pensieri giudicanti, diamo sempre ampio spazio alla comprensione e alla diversità (e direi menomale!). Da qui, così, si apre il proprio mondo. Osserviamo molto. Ecco che scopriamo altre cose, sempre più cose. Infinitamente. Quelle che ci riguardano direttamente ed anche quelle non. Ci mettiamo fuori dalla storia e non ne siamo più protagoniste. Ci mettiamo sulla nostra poltrona - angolo e facciamo da spettatrice stavolta. Ci osserviamo, ci sentiamo, ci scrutiamo. E non c'è niente di sbagliato in noi, semplicemente abbiamo tanto amore che quello che vediamo in giro per com'è stereotipato e non vero, certe volte ci disgusta.
Adesso la questione rimane questa: sotterro le parole perché delle volte è meglio che non escano. Seppur odio le cose a metà, mi riduco a trovarle e ritrovarle. Ciò che tu ignori, ha più che un valore per me e questo non lo capirai mai.