Era la sera della festa del santo, m'ero stancato la tua bocca a baciare e su quella piccola bocca avevo pianto le impensate mie lacrime più rare. Movevano nere nuvole il loro manto lacero, sul bagliore crepuscolare di primavera l'aere tutto quanto echeggiava di reduci fanfare. E il brulicar di gente, e un repentino odore di terra smossa con la brezza, tra case alte accigliate, da un giardino, mi parvero, tra il bruciar delle mie care mani, una mia nuova giovinezza accompagnare di un sorriso grave.
La bufera passò. La quercia annosa, Squarciata dalle radiche sue forti, Ora solleva i grandi rami torti E aguzza la sua cima misteriosa. Sembrava che giammai vi sia passato L'uragano. Tranquilla è come prima. Solo ricordo fra la fitta cima Un ramoscello tenero schiantato. Con le grandi ali illividite e aperte Passò il dolore, sulla testa prona Ti foggiò sulla fronte una corona Di martirio, con le sue dita esperte. Ma passata l'angoscia, il viso stanco Si risolleva, si fa calmo il cuore E sol rimane, a marchio del dolore, qualche capello sulla fronte bianco.
Raffiche di vento, un brivido di freddo percorre le membra. Il cielo è cupo, l'aria infetta di morbo ferale sferza il volto trafigge il corpo. Caldo il cuore forte si spande, spruzza calore dai pori infuocati, s'infiamma il volto, il corpo è di fuoco, niente si teme anche se fuori natura ci porta freddi polari.
Svegliarsi al tuo fianco, toccarsi, dopo una lunga notte d'amore. Sfiorare la lunga chioma dorata. Sentire ancora il calore del corpo al tocco delle dita è un'emozione che uguale non v'è.
Umidi gli occhi forte si stringono, due gocce vi sgorgano, due rivi alimentano. Le rosee gote lucenti si bagnano di pianto. Soffre il corpo, il volto s'oscura, ma, dentro, l'animo ride di gioia infinita. Amore, non spegner le stelle lucenti. Amore, ti prego, mi sciupi per sempre le piccole perle di candida brina.
Ti guardo, mi guardi. Il tacito viso mi scruti; ti scruto. Uno sguardo fisso, profondo m'incalza; t'incalza. Lentamente si tuffa, gli aditi remoti del cuore raggiunge. Sovrano regna il silenzio. Percepibile appena un battito lento: un cuore che chiama, un altro risponde. uno striscio di labbra infuocate d'amore, un mulinello di lingua, rivolta nel concavo antro.
Un silenzio infinito, un fiume di cielo con chiari occhi delle stelle. Quieti e vuoti, freddi e senza fiato due corpi stretti in unica voglia. Tu, luna, non c'eri. Tanto buio senza il tuo bianco lume. Occhi languidi, labbra secche senza il tuo calore. Non un sorriso, non una parola, in attesa i nostri cuori. Nel silenzio più cupo, profondo regnava un grande amore.
Due lumi lontani due stelle splendenti due piccole perle di candida brina. Due lame taglienti che squarciano il cuore. Due specchi lucenti in cui bramo mirare gli occhi miei spenti.