La mia fuggente vita è come questo cielo denso di nerocupe nubi accresciute da rivoli di fumo levatosi da illusioni; come lago nella foschia cintato vi appare talvolta un sorgivo pozzo di sole. Tra fiato e controfiato giorni e anni la elidono rigenerazioni interiori deluse fanno valigie e svaniscono senno e senso in vuoti gorghi lontano se ne vanno via dopo che un vento li scuote. La mia fuggente vita sta calando nel fosso: senza sguardi né domani: ecco già allenta le mani dalla stretta di speranza e amore. Al volante della sua penombra... di oltre morte discute con un Dio elusivo e aberrante che non conosce; costretta nel mio spazio di uomo altro increato largo cerca in un'orrenda assenza di luce. Fuori del tempo, forse, vi sarà un lucore senza ombre...
Sorvola e perlustra pure le creste i mari e le voragini del paesaggio dell'anima mia, come un libro aperto tu legga il fondo dei miei occhi sconosciuti, un sorriso si erga poi dalle cime dei tuoi pensieri se una dolcezza aerea li ispira. Ricreduta e rinfrancata porta via l'appartato tuo cuore dall'orlo del burrone del dubbio su cui sospettosa quasi sosti quando indugi tra opposte congetture, la rosa di un petardo di magia con il suo bagliore muti il segreto ritmo del tuo petto e lo confermi l'accento gioioso di implose tue accoste parole. È nell'istante ripetibile che ti illumini che io sono: è in quel frangente la piena che inonda languida e fluente l'ubertosa piana della speranza arsa che vuol rifiorire. Tornami un caldo brivido di vita risorgente! In quel frangente, in me rincuorato, un canto si diffonda come suono soave di campane in un consacrato giorno di festa. Esploderà sai una primavera dopo l'inverno che vita nega aspetterò che al primo sole la tua lontana mano esitante forte e sicura si stringa alla mia: al primo appuntamento come una farfalla tra fiori alla mia corolla prossima acceso il tuo sguardo io senta in cerca del suo bersaglio di polline e di linfa.
Malinconia e languori di arpe e viole morenti viali tappezzati di brune fronde nebbie cadenti e alberi spogli sgomenti di solitudine e sparizioni gemiti e trapassi silenti muto segue lo sguardo dell'essere da questa postazione in disfacimento. Logora e commette inclemente i suoi crimini il tempo rottami fra schiume i ricordi di giorni lieti fugaci passati. Non fuggiremo mai più dal gorgo: nei fumi e nei sogni dissolti riassunta tutta è la vita; cenere è oggi il fuoco che ci arse spennate e spezzate le ali dorate. Chi più ci abiterà se nessun polline giunge sul cuore e la gramigna colonizza le nostre zolle che fiorirà se tutto rabbrividisce e solo una primavera ci fu data! Nulla più ci ubriaca scomparso è ogni prurito ideale l'asfissia è completa trascinato dal volano degli anni stride e cigola un corpo sull'autostrada a senso unico dei giorni e delle notti.
Me ne voglio andare in riva a un fiume trovare una pozza, in un suo gorgo annegare il cuore e la vita trafitto dalle ire di un vento diaccio oltre le nebbie e le cime un'ultima volta puntare la falarica dello sguardo al vano immortale poi ancora sputare su ricordi e amore deturpare in eterno figure e visi... Me ne voglio andare in riva a un fiume come fronda arsa tombare nell'acqua sentire il risucchio prossimo del mare l'inutilità della luce e del sole restituire allo spazio e al tempo informi una vita che non chiesi. Quanta e quale viltà necessita per chiudere la rappresentazione annichilirsi dietro al sipario e confondersi col suo buio!
Spiriti dell'aria, musichi e danzatori, portatemi con voi nell'oltre cielo che risorge. Malato e svampato son di vita! Voi sapete di me, del mio cuore conoscete la storia dei miei anni l'autodafè del mio destino. Reo d'amore e di bene. Sono nella cella senza grate miasmi respiro e vivo tra le inclemenze del tempo. Orsù non lasciatemi ancorato nella rada del dolore tinte di pena son le vedute intorno, scurito è l'affresco di albe e di tramonti, dai giorni niuna luce brilla da un buio folto e ispessito. A che il respiro senza luce i colloqui con la mia ombra il polverio e il vocio dei ricordi or dolci o funerei e amari che si affoltano nella bufera? Non udite l'eco dei miei singulti tra valli e dirupi, le urla che s'alzano dalle latebre dell'anima mia nell'ora alta? Oh labbri eterei sussurrate il vostro invito mi giunga da un varco io spicchi un volo uno svolìo mi esponga alla luce un fremere di vita rifiorisca una esistenza che languisce; su un domani lieto ricada il mio sguardo: ancor sfrecci prima che rintombi su una croce.
Or tu lo vedi anima mia come veloci si schiudono e avvizziscono tra rovi i petali della vita come flutto alla riva va e viene il respiro come fra il tutto e il niente faccia spola la morte. Tu sai cosa è che si insinua tra la carne e le costole e si fa strada fino al cuore ed è più forte del dolore che sonda il vuoto del nulla! Su, vieni alla sagra del bene e della luce adornati e adduci il cuore non fingerti stanca esulta danza e canta: il biglietto di ingresso non è poi così caro costa solo un volo d'ali e pur senza domani ci allumerà un chiarore. Accompagnatrice del corpo batti le tue piume nell'aria eterea allietati e vibra d'amore discendi nell'essenza delle cose e vivi squarta brune e silenzi caricati di sorrisi e di sole! Pure la cicala all'imbrunire, sai, tra le erbe secche canta.
Dov'è l'acqua chiara che vidi passare sotto il silenzio del placido cielo i sogni che ebbi nelle notti felici l'amore che baci e carezze promise! Tutto vanisce nell'intervallo fra me e me, fugge il tempo affonda passati anni vissuti l'oblio si allungano ragne e fuliggine. Oh sabbia fine che scorri nella clessidra un me finito si consuma tra scorci di albe e di tramonti! Passo, vivo e sparirò senza aver visto tutto seguo il fiume della vita, come chiunque altro immerso mi adatto a sopravvivere anticipa la sonda dello sguardo acuto la mia penombra e nulla posso fare per interrompere il niente incipiente che vedo nel suo candore annerito. Senza luce nella luce, sub umbra, mi accorgo ancora di me tra straniamenti mi distendo addormentandomi vecchio e ansante nella mia ignoranza di sempre.
Che ragione c'è di guardare ancora il cielo il mare e le stelle di correre dietro restie illusioni e attizzare altro fuoco nel cuore. Si sbriciola e si accorcia la vita forse domani sarà tutto compiuto e non gireremo più intorno al nulla smidollato è già ogni desiderio rasa al suolo la speranza e niente e niente più voglio della schiuma che si è dissolta. Mi resta sì il respiro in salita il ricordo di qualche imbarco sull'arenata goletta dell'avvenire la conoscenza acuta della realtà da cui fui sorpreso e sconfitto quando una scintilla mi illuminò e l'animo in salute ammalò dell'incurabile morbo di vivere. Possiamo appena solo narrare deglutire davanti a blindate vetrine di sogni luccicanti, pensare di vedere e sentire ciò che da tanto non ci appartiene: giovinezza e amore. Che accade di visibile conforto oltre lo sgocciolio del tempo e il tedio del prima e del dopo il venir del vuoto compimento senza aver visto mai il pieno! Passano di gitto figure di seta sorrisi e fili di luce nello sguardo anteriore di me che ieri fui la sera spenti toni poi effonde l'arpa muta tra le grate della cella buia in cui sconto la mia condanna bramando condono di giorni futuri. Oh il sole irraggiunto... irraggiungibile che conserva il suo oro sorridente!
Come acqua diretta al mare dolente e esausta pazza di sé al nulla scorre la vita; fuscello di anni seccati si impiglia riemerge e fluisce il relitto di essere in balia delle furie e del tempo ondeggia tra urti e gorghi alla deriva vanno fecali progetti e illusioni desideri e pazzi voli. Che abbiamo da guardare attristati o sgomenti: sapevamo già tutto! Breve intervallo di presenza e di luce durante il perdurare ci fu concesso nati vivi. A che l'urlo disperato davanti al cavo del vuoto nell'ultimo recesso dello spirito coinvolto nel degrado della carne? Frammenti, minuzie, a-valenti atomi bruti poi più nulla resta di noi umani sospesi nell'insieme abolito di cielo e terra. Non si può mangiare un dolce senza consumarlo vivere senza morire amare senza soffrire restare nubili di speranze. È cosi! Tanto è dato niente pesa come il niente e non si possono stipulare accordi su inizio e fine tema e trama con l'Inconoscibile: questo è il suo e il nostro limite. Passano in un'aria di piombo continuano a passare come noi in alto le nuvole senza rumore dileguate e irraggiunte nel placido azzurro del cielo.