È l'alba, dalla finestra sento le campane a festa, c'è una piccola chiesa, posta sulla collina, non si riesce a vederla quando sorge il sole, quel luccichio ammanta di luce tutta la torrina, dove è posta la campana ed una piccola croce. Ogni mattina s'invola su nel il cielo una preghiera, fatta col cuore e di promesse sincera, va fino alla chiesina, insieme al profumo della mattina. L'erba brilla di rugiada, Pasqua è vicina, le rose e i biancospini, adornano la via, che conduce alla casa del Signore, sembra una cosa fatta apposta, ma i raggi ci conducono alla meta, basta seguire dove sorge il sole, senza alcuna sosta.
Non mi son resa conto, che ormai non ci sei più, guardo il letto disfatto, una lacrima vien giù. Da quando sei partito più niente sai ho toccato sicuro che ho sbagliato ma giuro che ti ho amato, forse a modo mio. Mi rimetto in gioco, mi rifaccio il trucco, sì ci vuole poco, su ferite stucco, con la faccia nuova e rimessa in sesto stasera ci riprovo e farò poi presto con un nuovo amore, senza farmi illusioni proverò nuove sensazioni. Ma cosa sto a pensare ormai non ci sei più. Torno delusa a casa con l'amaro in bocca, metto a posto ogni cosa, il letto non si tocca, è come l'hai lasciato, sto diventando pazza e cerco il tuo profumo, adesso sono sola, perché non torni più...
Il mio tempo sei che non ho goduto forse un abbraccio con rabbia trattenuto ed in nome dell'amore un peccato da sempre sostenuto. Quella lacrima che mi solca il viso ogni volta che ti vedo andare mi ha sempre ferito ma il mio orgoglio per sempre finito ha smesso di soffrire. L'attesa e la nostra intesa nelle lontane solitudini quando ormai mi sono arresa aumenta il desiderio e ci riporta indietro quando bastava un bacio dietro quella porta che nascondeva allo sguardo la nostra voglia. Con te basta un minuto per riempirmi la vita.
Dice una foglia al vento. Ho uno strano presentimento, perché mi strappi dal mio albero e mi porti lontano? Dice il vento alla foglia: non è che ho molta voglia di portarti via, chissà dove è il destino. È autunno, non lo sai, tutto si spoglia, e strappo qui e là foglia per foglia, tutto dagli alberi dei boschi e delle valli. Cadrai in terra e polvere sarai, in humus e linfa ti trasformerai, alimento sarai per altri alberi e nuovi arbusti. Ma allora rivivrò, è quel che dici? Sì rinascerai in altre dieci, dieci e dieci, sarà un tripudio di verde a primavera e nuovi fiori. Ma allora niente muore nel suo letto? No! È una trasformazione, è un ciclo ed è perfetto.
Voglio un'ultima cosa se vuoi andare via, la valigia è là non ti preoccupare, io non ti trattengo ti lascerò andare. Le lacrime asciugherò, non saranno le mie, forse un po' dei ricordi, che presto passeranno, come rugiada che asciuga col calor del sole. Rivoglio quello che ti avevo dato: devi restituirmi il cuore.
Give me your hand, and i'll take you away to see sufferings diseases and privations. It's the story of people deprived of ddignity, without anything more. I'd like Christmas to be a magic world, I'd like all the cildrenn happily to daydream. Come along with me! A small help is enough, we'll involve all the world. Will is surely all, and so many chilren will probably love, what everyone needs, a home and a family. Stop images of death because of useless wars of hunger, famine end so many diseases. Find out in your heart what you've got in excess, give all the people who haven't got anything. All that you have and all that you give will come back to you.
Dov'eri quando il mondo ha spostato i confini, ha creato dei nuovi assassini, ha mandato a morire bambini. Dov'eri quando le urla dei tuoi figli, non sono state sentite, dal vento e dalla pioggia attutite, da bombe e da forni bruciate. Dov'eri quando l'alba segnata da lutti, quanti morti inghiottiti dai flutti, e da mari in tempesta, terribili notti. Dov'eri Dalle nuvole forse vedevi offuscato, qui c'è un mondo malato su disgrazie sai, piove bagnato dov'eri Quando ho cercato il tuo aiuto, quando ho pregato muto, accanto al dolore di un vecchio malato. C'è un vuoto da riempire, c'è l'ingiustizia da capire, c'è l'indifferenza da spazzare, c'è la coerenza da tenere, c'è la pazienza da recuperare, c'è una voglia infinita di te, di pace e amore, Dove sei che ti vengo a cercare?
Infinitamenta donna
C'è un letto disfatto, ancor caldo, accarezzo con mano tremante, non ci sei, ma hai lasciato l'odore, ti stringo al mio seno, il cuscino diventa il mio amante. Come è dolce, poi senza parlare, rimanere a pensare, e m'invento di te, quello che potrei fare, per farti piacere. Ormai il gioco va avanti, e continuo a sognare, le tue mani il tuo viso, su tutta la pelle. È soltanto il tuo umore, ma io vedo le stelle.
Mia mamma me diceva, tempo fà che perso l'onore, niente te lo po' ridà, non c'è prezzo pe lo ricomprà, perduta hai l'onorabilità. Quà passa er tempo e sempre stanno attenta, me sò tenuta tutto er mio candore, ma quanno che la faccia se specchia, me pare che stò a diventà vecchia. Non sò se ho fatto bene ad aspettar quando se conviene. Penso che l'onore l'ho sarvato, ma pe sentì la mia mamma, niente ho provato, tutti m'hanno lassato.
Mi padre s'è un po rincojonito certo è l'età 83 sonati e der 1927 dice d'annata si ma sonati ner cervello. Manna a fan culo questo e quello quanno je pare senza sta a fa distinzioni. Piscia dappertutto pure fori dar cesso eppure er buco è grosso nun se tiene niente eppure prima je fregava della gente. Lo dovemo parà sinnò lo sai dice tutto quello che pensa e fa li guai. Eppure na vorta ce teneva era un gentiluomo e come s'aggiustava. Mo come no straccione s'acconcia er pantalone e nun se lo fa strigne co du pieghe lo tiene sulle scarpe e co la cinta sopra quella panza. Com'è cambiato più nun lo riconosco nun so a vorte se devo piagne o ride meglio passacce sopra e soprassede. Mi padre nun c'è più ner suo cervello e successo de tutto la prima guera e la seconda je passata e la campana nun s'è mai scordata (ma questa è n'antra storia che ve racconterò più appresso) nun se trattiene ai da vedè che affronti che fa a tutti ho pensato pure che mo se sta a sfogà o è na finta, ma si, lassamolo strillà abbasta che pe mo, ce stà.